Appello dei genitori per il ritorno a scuola

Raccogliamo firme a questa lettera da indirizzare alle autorità. Chi desidera aderire metta il suo nome tra i commenti. Può firmare anche chi non ha figli a scuola ma condivide le istanze della lettera.

Siamo un gruppo di genitori di ragazzi delle scuole superiori, e ci permettiamo di dire che non ci sentiamo solo genitori dei nostri figli, ma anche dei loro compagni, soprattutto di quelli che stanno facendo più fatica in questo momento così duro. Sono loro, i giovani delle superiori, insieme agli universitari e a quelli che vorrebbero affacciarsi al mondo del lavoro, che stanno pagando il prezzo di gran lunga più salato di questa epidemia. Loro, gli unici ragazzi di tutto il mondo chiusi in casa da marzo, i ragazzi italiani dai 14 anni, che si vedono abbandonati e traditi, privati quasi completamente della possibilità di stare insieme, privati di una possibilità normale di studio. La scuola educa, non fornisce solo nozioni: forma al rispetto e allo scambio con figure educative diverse.

Gli esperti parlano di buchi di apprendimento fino al 50%, ma sappiamo che quando si fa una media significa che se ci sono ragazzi che, grazie agli strumenti di cui sono in possesso e magari a una famiglia che li segue e li accompagna, riescono a contenere i danni, ce ne sono molti altri che stanno letteralmente sparendo nella solitudine, nel vuoto di case in cui nessuno può sostenerli, con strumenti che funzionano male, senza nessuno che svolga il prezioso lavoro pedagogico che fanno gli insegnanti, senza l’appoggio e l’amicizia dei compagni.

Ci sentiamo genitori anche di questi ragazzi, anche se forse non sono i nostri figli. Ci sentiamo genitori anche di quelli che stanno abusando di sostanze psicotiche, un boom mai visto finora, di quelli che hanno sviluppato una dipendenza dalla tecnologia, di quelli che non escono più di casa e vivono in pigiama, di quelli che fanno gesti di autolesionismo, mai così numerosi dicono nei Pronto Soccorso; e infine, ci sentiamo genitori anche dei ragazzi che non ce l’hanno fatta e si sono uccisi, certo non solo per l’isolamento, che però in qualche caso è stato il peso in più che ha rotto un fragile equilibrio.

Comprendiamo la preoccupazione degli insegnanti che chiedono giustamente di essere tutelati, e siamo loro grati per il lavoro ancora più faticoso del normale che hanno svolto in questi mesi. Soprattutto per loro accogliamo con sollievo le misure annunciate – potenziamento dei trasporti e scaglionamento degli ingressi in primis –  e ancora per rispetto degli insegnanti raccomandiamo ai nostri figli di seguire scrupolosamente tutte le indicazioni che riceveranno.

Per questo vi scriviamo, grati per tutto quello che il governo ha cercato di fare per tutelare i docenti, gli alunni e noi, e certi che, pur tra gli errori, si sta lavorando costantemente per il bene del paese, ma sicuri anche di un’altra cosa. Questo virus non è l’unico pericolo che incombe sulla salute dei nostri figli, ai quali è stato chiesto di rinunciare ormai quasi da un anno alla loro vita per non mettere in pericolo quella degli anziani.

Non è giusto che la maggior parte del peso della gestione di questa crisi ricada su di loro. E’ giusto responsabilizzarli, chiedere disciplina e rispetto delle regole, è giusto imporre misure di massima cautela – che i ragazzi hanno mostrato di saper rispettare almeno a scuola – ma non possono restare ancora privati dei loro diritti fondamentali, mentre i loro compagni di tutta Europa sono stati tutelati.

Illustri costituzionalisti ravvisano persino la violazione della Costituzione, in particolare del diritto all’uguaglianza e di quello allo studio, garantiti dagli articoli 3 e 34. Non è nostro compito verificare se questo sia vero, non scriviamo da giuristi, sebbene fra noi ce ne siano, né da medici, giornalisti, psicologi, imprenditori, sebbene siamo tutti rappresentati. Scriviamo da genitori, forti dell’amore per i nostri figli e anche dell’esperienza maturata con loro tutti i giorni in questi mesi, ormai quasi un anno. Li abbiamo visti ribellarsi, e poi sfiorire, e poi essere rianimati dalla speranza di rientrare a scuola e di avere una vita normale, e infine delusi, ormai troppe volte. Li abbiamo visti, e questo ci addolora più di ogni altra cosa, quasi rassegnati, sfiduciati verso un mondo degli adulti che non si sta dando da fare a sufficienza per loro, che ha preferito sacrificarli per non ledere interessi garantiti, per non rischiare neanche un colpo di tosse. Ma se vogliamo proteggerli da tutto non ci resta che chiuderli in casa per sempre, salvo poi chiedere loro di uscire, quando sarà il momento di pagare i debiti che questo paese sta accumulando, senza neppure dare loro gli strumenti culturali e professionali per farlo, e per competere coi loro colleghi europei.

Il rischio per la vita di questi ragazzi non è rappresentato tanto dal virus, ma dalla perdita di speranza che abbiamo rubato loro. E come scrivevamo all’inizio, non è solo per i nostri ragazzi che ci stiamo mobilitando, ma per quelli più fragili, per quelli che vivono in nuclei con situazioni difficili: da sempre la scuola, la grande scuola italiana di cui potevamo finora andare fieri nel mondo, ha offerto una rete di relazioni, confronto, occasioni di crescita, appoggio, sostegno. Insomma delle relazioni buone a cui si potessero appoggiare anche i più soli e problematici.

Abbiamo apprezzato le misure decise in questi giorni, il grande sforzo relativo ai trasporti, la possibilità di fare tamponi, lo scaglionamento degli orari di ingresso. All’interno delle scuole le norme sono rigidissime, e i ragazzi pur di tornare a stare insieme sono più che pronti a obbedire. Per questo vi chiediamo a gran voce: anche in modo parziale, anche a turno, in qualsiasi modo, ma restituite loro il diritto allo studio, al confronto, alle relazioni, a una vita buona che permetta che nessuno venga lasciato indietro. E’ quasi troppo tardi, qualcuno lo abbiamo già perso. Fermiamo questa pandemia che colpisce i cuori e le intelligenze del futuro del nostro paese.