Aprire gli occhi su quello che Lui è venuto a dirci

di Costanza Miriano

Questo è uno di quei rari libri che, mentre non hai ancora finito di leggerli, già ti si palesano davanti agli occhi i volti delle dodicimila persone a cui lo vorresti regalare. A me capita molto raramente, per fortuna (se no sarei sul lastrico): a parte la Bibbia, mi era successo con Il mistero della donna, che ero andata a comprare in tutte le librerie di Perugia e Roma, rastrellando le ultime copie prima che uscisse di catalogo, e regalandolo a tutte le mie amiche, compresa la mia copia (adesso ripubblicato da Berica edizioni). Il fatto è che quando hai una buona notizia ti viene da andare in giro per farla sapere a tutti, gridando a squarciagola come Fidippide che corre ad Atene per annunciare la vittoria (e poi schiattare, ma va be’).

È che qui c’è davvero tanto, tanto, da leggere, meditare, capire… per me è come certi libri di Ratzinger tipo Introduzione al cristianesimo, che riga dopo riga senti che ti scricchiola il cervello, e ti si aprono mondi nuovi. Ho letto, mi sono fermata, ho sottolineato, sono tornata indietro, ho riletto… più che un libro una miniera d’oro direi.

Ma è anche un libro un po’ doloroso, almeno per me. Perché in Viaggio in Terra Santa don Vincent Nagle fa in un certo senso pulizia delle immagini che mi sono fatta di Gesù, e me ne fa intravedere un volto nuovo. È bello, questo nuovo, ma a volte non è proprio quello a cui mi ero affezionata. Di sicuro è più vero, perché parte dalla Parola di Dio, non dai miei desideri. Che poi è il senso di tutto il Vangelo: spazzare via le nostre immagini di Dio, e aprire bene gli occhi su quello che Lui, incarnandosi, è venuto a dirci di sé stesso.

Il sottotitolo, opportunamente, è Vedere e credere: leggere il vangelo nei luoghi di Gesù. E così don Vincent Nagle, il sacerdote dalla vita più rocambolesca che io conosca, ci accompagna in questo viaggio nelle terre in cui anche lui, come Gesù, è vissuto (provate a citare un paese qualunque, anche il più strambo, e Vincent o ci ha vissuto o ha lì qualche amico).

Questo viaggio che si fa leggendo è appassionante perché parte dalla realtà, perché quando vedi i luoghi in cui davvero Gesù è passato, e ne verifichi coi tuoi occhi la concretezza, quando vedi la corrispondenza tra quello che raccontano i Vangeli e i luoghi concreti, le pietre, le cose che puoi toccare, i panorami che anche Gesù ha guardato, ecco, capisci che sei davanti a un fatto storico, e puoi decidere se credere che Gesù era un pazzo e un mitomane, oppure diceva la verità. Ma non puoi più dubitare che sia esistito. E non puoi neanche dire che era solo una brava persona, un filantropo, perché lui stesso afferma di essere morto e risorto. O dice il vero o è un mitomane. Devi stare davanti a una cosa che è successa davvero, è documentata.

Certo, non basta vedere per entrare dentro. Vedere ti suscita una domanda, ed è già molto. È quello che mi è successo quando sono stata in Israele grazie al Ministero per il turismo che mi aveva invitata: un viaggio meraviglioso, stupendo, ma non un pellegrinaggio. Io poi come viaggiatrice ho l’intraprendenza e lo spirito di osservazione di un trolley, quindi senza una vera guida non è che capisca un gran che (sono comunque riuscita a trovare una camicetta carinissima a 5 euro, a Nazareth, e anche questo è talento).

Invece andarci sotto la guida di chi viaggia da pellegrino deve essere tutta un’altra cosa (infatti noi saremmo dovuti andare la scorsa estate con Padre Maurizio Botta, ma a causa del virus è stato tutto rimandato, che dispiacere!).

Se posso dire un difetto di questo libro, è che per me manca una cartina: siccome io ogni volta devo ricordarmi dove sta la Terra Santa, se a destra o a sinistra dell’Italia – tenendo come imperituro riferimento di tutte le mie conoscenze geografiche la cartina che avevo in classe alle elementari – mi sono fermata un po’ di volte a cercare di capire a che punto del giro fossimo (tenderei a escludere l’Australia, ma per il resto tutte le ipotesi per me rimangono aperte). Ma poi ho capito che, nonostante ci siano molte descrizioni di luoghi (e me lo metterò in valigia come guida quando finalmente riuscirò a tornare), don Vincent non ha voluto abbondare con i riferimenti geografici, perché non perdessimo di vista l’essenziale.

E l’essenziale è la risposta alla domanda che ci interessa tutti: “Dove posso trovare un amore che non mi tradisca mai?”

Questo per me è il filo conduttore del libro. La nostra sete di essere amati, ma anche quella di Gesù, che davvero vuole avere con noi un rapporto d’amore, vero, vivo. Per questo le due visite – per il momento solo sulla carta – che mi sono piaciute di più sono quella a Nablus, e poi il lago di Tiberiade. A Nablus Gesù incontra la samaritana, e più che la descrizione del pozzo e dell’anfora originale (comunque da brivido pensarci) mi colpisce che è Gesù a cercare lei, a voler stare con lei, a rendersi bisognoso, ma chiedendole, solamente, un’apertura alla verità: prima vai a chiamare tuo marito. Cioè: dimmi chi veramente è importante per il tuo cuore.

Sul lago di Tiberiade invece, nell’incontro dopo la risurrezione, scopriamo, analizzando la scelta dei verbi nel dialogo con Pietro, che Gesù gli chiede – e chiede a ciascuno di noi – di amarlo così come siamo, senza fingere di essere migliori, e gli annuncia il martirio: è quando siamo deboli che siamo più forti. Così non dobbiamo aspettare di avere fatto tutto il nostro dovere al meglio per poter stare davanti a Gesù, lui ci vuole così come siamo, oggi, adesso, con i tradimenti (come quello di Pietro che ancora lo addolora, eppure a lui Gesù affida la Chiesa), le cadute, le doppiezze, le meschinità.

Questo libro meraviglioso, unico, imperdibile, contiene la risposta alla domanda più grande che dicevo prima (“Dove posso trovare un amore che non mi tradisca mai?”), a quella che dà un senso alle nostre storie sbagliate, alle vite imperfette, alla sofferenza, alla morte, a tutto. Fatevi un regalo, mettetelo sotto l’albero.