Catechesi del 7 marzo 2022 e appuntamenti di oggi #monasteroWiFi

A Roma ci vedremo oggi 4 aprile al Battistero di San Giovanni in Laterano alle 20.30, avremo la catechesi di don Paolo Prosperi, un sacerdote della Fraternità San Carlo davvero super super, sul tema della preghiera. 

A Milano l’appuntamento è alle 20.45 all’Opera Don Orione, e dalle 19.15 si può cenare ([email protected]), mentre a Lecce don Flavio vi aspetta al Duomo alle 19.30.

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MONASTERO WI-FI: TRASCRIZIONE della CATECHESI 7 MARZO 2022

di don Gerardo Di Paolo

Battistero di San Giovanni in Laterano

Attenendomi alle indicazioni date da Costanza, questa sera in qualche modo entriamo nella riflessione sulla quarta parte legata alla preghiera. Gli articoli del Catechismo della chiesa Cattolica sono dal 2697 al 2724: non è una grande mole di contenuti, però è interessante.

Continuando un po’ questa riflessione, abbiamo capito che la preghiera è la vita del cuore nuovo. Se andiamo a sfogliare le pagine delle lettere di san Paolo, il grande apostolo delle genti, troviamo scritta anche questa espressione: ”Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è assiso Cristo, alla destra del Padre”.

Quindi, trovandoci in questo luogo (Battistero di San Giovanni), è quanto più bello e opportuno dire e non dobbiamo dimenticarlo mai, che il Battesimo ci ha veramente generato ad una Vita Nuova.

E allora potremmo dire che se questa vita nuova vogliamo che palpiti, che viva, che sia rigogliosa, dobbiamo respirare. Come è vero che se vogliamo che la vita del corpo sussista, abbiamo bisogno di ossigenare il nostro corpo, abbiamo bisogno della respirazione, così la preghiera è vitale per questa vita nuova, la preghiera è la vita del cuore nuovo, di questa vita nuova che abbiamo ricevuto in dono. Pregare è quindi per noi un fatto di sopravvivenza, potremmo dire.

Uno che non prega, non vive. Se uno non prega, si scorda tutto. E lascia deperire la sua vita nuova, quella ricevuta nel Battesimo, che l’ha reso Figlio di Dio. Quindi diciamo così: che la preghiera deve animarci in ogni momento. I santi dicevano che la preghiera è come il respiro dell’anima, per agganciarci a quello che ho appena detto.

La Tradizione della Chiesa propone ai fedeli ritmi di preghiera, destinati ad alimentare la preghiera continua.  Si, niente di più vero. Se è vero che la preghiera è come il respiro, allora dobbiamo entrare come in una sorta di abitudine positiva. Cioè come dire: non abbiamo noi bisogno di ricordarci che dobbiamo respirare, no? è una cosa istintiva, automatica. Ecco, dovrebbe piano piano entrare in noi questa sorta di santa abitudine, di ritrovarci ad avere un pensiero costantemente rivolto a Dio.

E’ pur vero però che in questo dobbiamo rieducarci e allora ecco, la Chiesa, nella sua Tradizione, ha visto momenti straordinari: il monachesimo, entrato in Occidente con san Benedetto,-la sua regola la sappiamo,no? sintetica quanto mai- “Ora et labora”. Prega e lavora.

Ecco, se entriamo in un monastero, qualunque sia, di qualunque tradizione sia, pensiamo ai cistercensi, pensiamo ai trappisti, pensiamo ai benedettini e tanti altri, o ai certosini, meglio ancora, che fanno una vita ancora più austera, e isolata, diciamo così, che la preghiera scandisce i tempi della giornata. Si vive all’insegna dei richiami della preghiera, e quindi potremmo dire che è un po’ come il cibo.

Noi siamo abituati a mangiare quando abbiamo fame, però in realtà molte volte ci atteniamo di più a degli orari: quando è ora, si va a tavola. Non sempre abbiamo quello straordinario appetito perché magari siamo da soli e possiamo anche saltare il pasto…non ci dice niente nessuno. Ma quando poi si vive nella società, in una comunità, anche fosse solo la famiglia, il momento del pasto lo si condivide e uno si sforza di mangiare qualcosa anche se non c’è questo grande appetito. Quindi ecco, regolamenta la vita che scorre. Quindi la tradizione cristiana ha generato in qualche modo questa sorta di scelta di vita e il monachesimo è una delle espressioni più fiorenti e più belle, se vogliamo.

Nella nostra esperienza, possiamo sottolineare in qualche modo, un’esperienza condivisa che è quella della Domenica come giorno del Signore; se vogliamo possiamo appellarci anche alle grandi Parole, ai Comandamenti, le 10 Parole di vita, di libertà, dove ci viene ricordato che c’è un giorno dedicato al Signore, e quel giorno va in qualche modo arricchito, va santificato, come ci dice la Chiesa nei suoi documenti; quindi ecco la Domenica, che vede proprio l’Eucaristia come il centro, un’esperienza da recuperare costantemente.

Sono tanti i cristiani che si fingono tali, ma che non sentono l’esigenza di nutrirsi della Parola e del Corpo di Cristo. Quindi possiamo dire “credenti non praticanti”.

Così come c’è anche un altro grande rischio: molte volte si entra in una sorta di abitudine, e la fede scivola via ai “praticanti non credenti”, perché manca una cosa, la vedremo adesso,

Sembra un gioco di parole, ma in realtà può essere così: non “ credenti non praticanti”, ma “praticanti non credenti”, cioè che fanno le cose per abitudine. E’ venuta meno una cosa: la partecipazione e la sensibilità del cuore, perché in realtà, quello a cui deve portarci sempre in qualche modo la preghiera, è la vicinanza del cuore a Dio; è quella la parte fondante, la parte impregnante, che non deve mai essere assente.

La tradizione cristiana ha conservato tre espressioni maggiori della vita di preghiera: la preghiera vocale, la preghiera meditativa e la preghiera contemplativa.

Esse hanno in comune un tratto fondamentale, come dicevo appunto adesso, il raccoglimento del cuore. Tale vigilanza nel custodire la Parola e nel rimanere alla presenza di Dio, fa di queste tre espressioni, dei momenti forti della vita di preghiera.

Domenica abbiamo ascoltato, nella liturgia domenicale, un brano del vangelo, quello di Luca, che ci raccontava le tentazioni. Non ve lo ripeto, se non nei brevissimi tratti, perché lo abbiamo sentito. Il demonio avvicina Gesù, che si è lasciato condurre nel deserto dallo Spirito, e lo sottopone alla prova, delle tre tentazioni: se hai fame, tu sei il Figlio di Dio, se sei il Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi un pezzo di pane; hai fame, hai il diritto di nutrirti; e Gesù rinuncia a questa possibilità dicendo..” non di solo pane vive l’uomo , ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Ecco, in quel caso Luca parla del demonio, che poi sappiamo, il diavolo viene da una parola greca “diaballo” che vuol dire colui che divide. Qual è l’intento del demonio?

La seconda tentazione: adorami e io ti do tutto. Anche quello è un inganno, perché non è vero che è il padrone del mondo, ma chi l’ha detto, te lo fa credere lui, ma non è così.

E poi la terza, “buttati giù, fai, dai spettacolo, tanto non puoi sfracellarti”.

Il pinnacolo del tempio sarebbe la spianata dove sorgeva il tempio. Oggi, se si va a Gerusalemme, si può accedere a quella lì, passando attraverso una guardiola, un controllo, ma sulla spianata non sorge più il tempio, sorgono due moschee: la moschea di Al-Aqsa e la moschea di Omar. Ed ecco perché gli ebrei si mettono giù , sul muro del tempio, questa superficie dove sorgeva il tempio, e lì pregano.

Lo porta sul pinnacolo, cioè sulla punta più estrema, dove c’è un precipizio, un dirupo di 150 metri. Il diavolo gli dice “buttati giù da lì, tanto non ti sfracellerai, tu sei il Figlio di Dio, gli angeli verranno e ti porteranno: darai un segno straordinario della tua persona. Chi potrà negare chi potrà negare che tu sei il figlio di Dio, che sei il Messia, che sei l’inviato del Signore, e Gesù lo allontana dicendo non metterai alla prova il Signore Dio tuo, non asservire Dio ai tuoi disegni ai tuoi desideri.

Questo è il momento Luca cita il demonio, scrive proprio la parola diavolo. Due volte soltanto nel suo vangelo Luca nomina il diavolo e la seconda volta è nella parabola del seminatore quando Gesù spiega ai suoi e dice che quel seme buttato che cade sul terreno duro viene il diavolo e lo porta via. Allora quale è l’intento del demonio? Nel Vangelo delle tentazioni è quello di allontanare Gesù dal padre, di separarlo dalla volontà del padre, offrendogli una via diversa, ma Gesù rifiuta. Così come nella parabola del seminatore quella parola di Dio che scende e il demonio la ruba perché?

Perché il diavolo vuole allontanare il cuore dell’uomo dalla parola di Dio, quindi il suo intento è quello di dividere, di separare di allontanare, allora è interessante questo perché comprendiamo quanto sia importante per noi essere sempre presenti con il cuore.

La preghiera ha valore non perché diventa un momento in cui diciamo delle cose , magari abitudinariamente, ripetiamo molte volte le preghiere imparate a memoria , si dicono senza pensarci, capita anche a me, non vi meravigliate è normale che sia così, invece quello che si chiede è la capacità del cuore ad essere presente, preghiera vocale, preghiera meditativa, preghiera contemplativa.

PREGHIERA VOCALE

Entriamo in merito alla preghiera vocale: ecco, Dio con la sua parola all’uomo parla all’uomo, la parola è uno strumento di comunicazione. Dio ci ha parlato e per questo possiamo ascoltare quella parola e comprendere quello che il Signore vuole da noi, si aspetta da noi. In realtà la parola di Dio ci parla di Dio, della storia che Dio ha fatto con l’umanità, che continua a fare con l’umanità, perché in quella parola della sacra Scrittura non troviamo solo Dio ci ritroviamo anche noi perché è la storia di Dio con l’umanità.

E’ vero pure che la parola di Dio ci insegna il modo in cui Dio ci parla e ancora, la stessa parola, ci insegna il modo in cui dobbiamo rivolgerci a lui, parlare con lui .

Quindi ecco la preghiera vocale possiamo dire che è l’espressione più comune nell’esperienza della preghiera.

C’è un passo degli Atti al capitolo due, sempre opera di Luca l’evangelista. Luca è autore del terzo vangelo: nel vangelo ci parla di Gesù, negli Atti ci parla della Chiesa nascente, focalizzando sulla figura di Pietro e poi su quella di Paolo. Ecco al capitolo due Luca sintetizza in poche battute l’identità della comunità cristiana e dice : i cristiani si ritrovavano insieme per pregare – preghiera vocale per ascoltare la parola, la parola di Dio e la parola degli apostoli, per spezzare il pane e per vivere la solidarietà fraterna quindi qui viene sottolineata questa esperienza della comunità del pregare insieme. Quindi questa preghiera vocale è una espressione importante, se vogliamo fondamentale, probabilmente è l’esperienza più comune. Quindi possiamo dire che la preghiera vocale è una componente indispensabile della vita cristiana….

Non per niente quando gli apostoli chiedono a Gesù di insegnargli a pregare Gesù gli insegna una preghiera vocale. Gli apostoli  glielo chiedono perché vedevano che Gesù si ritirava in preghiera, si alzava prima dell’alba, e quando lo andavano a cercare lo trovavano assorto in preghiera: parlava con il Padre. Gesù pregava anche con i Salmi, la sua preghiera era anche ascolto della Parola stessa, pensiamo quello che fece a Nazareth quando proclama il brano di Isaia e poi lo commenta: lui stesso è coinvolto in quella parola e dice: “quello avete ascoltato detto tanti secoli fa, oggi si compie davanti a voi, è Lui la parola che si è fatta carne …mistero di Cristo in mezzo a noi, venuto per noi”.

Quando gli apostoli chiedono a Gesù di insegnargli a pregare, Gesù gli insegna una preghiera vocale, gli insegna il Padre Nostro.

C’è un altro aspetto che la preghiera vocale non si esaurisce soltanto nella dimensione verbale ma c’è il coinvolgimento dei sensi, di tutti gli altri sensi, pensiamo anche le posizioni che assumiamo come il mettersi in ginocchio.

La celebrazione stessa dell’Eucarestia prevede diversi atteggiamenti, di inginocchiarsi, di mettersi seduti, di sostare in piedi, di alzare le mani, quando diciamo il Padre Nostro, possiamo anche noi alzare le mani, è l’atteggiamento della preghiera, è l’espressione dell’orante.

Quindi diverse posizioni, pensiamo a certe culture, come enfatizzano, ma non in senso negativo, la dimensione del corpo, pensiamo alla cultura africana, dove danzano, è tutta una danza. Mi ricordo una parrocchia romana, molto grande, qui in periferia Roma est dove c’era da poco una comunità di suore Angolane e vivevano un momento di festa, un anniversario della loro comunità ed hanno chiesto:”possiamo venire, partecipare alla Messa, celebriamo, viene un nostro sacerdote?”, ed allora io ho coinvolto anche la comunità locale ed abbiamo vissuto con loro quest’esperienza. E’ stata una cosa meravigliosa, perché è stata tutta una danza anche se noi siamo un po’ handicappati di fronte a questo modo di fare.

Mi ricordo la gente inizialmente un po’ disorientata ma attenta, con gli occhi sgranati. Queste suorine con i loro amici, che erano venuti, tutti africani, hanno fatto una danza, una processione offertoriale che alla fine portava questi doni ma una cosa veramente bellissima…ecco il corpo che accompagna la preghiera che diventa veicolo di espressione, molto bello questo.

Anche a San Pietro è accaduto qualcosa del genere, più di qualche volta ed è stata qualcosa di straordinario. Quindi essendo anche espressione di esteriorità e questo perché siamo corpo e spirito e non dobbiamo isolarli in due espressioni, siamo un tutt’uno. Allora i sensi hanno la loro importanza anche nella dimensione della preghiera e quindi essendo esteriore e così pienamente umana, la preghiera vocale è per eccellenza, la preghiera del popolo di Dio, la preghiera delle folle. Non per niente la liturgia eucaristica che ci ritrova uniti, è una delle espressioni più belle, più significative del popolo di Dio che si ritrova a celebrare il Signore ed a lodarlo intorno alla mensa.

Ma pensiamo quanto possa essere importante il cogliere sfumature intorno alla Liturgia perché la liturgia è preghiera, anzitutto preghiera vocale. Pensiamo a quello che fece Monsignor Ricci quando andò missionario in Cina e fece una cosa straordinaria: lui arrivato lì, non conoscendo la cultura, era andato lì non tanto per insegnare quanto per imparare. Questo è l’atteggiamento positivo, squisito, fecondo che deve avere ogni missionario. Lui si accorse che i colori liturgici europei, dell’occidente, si sposavano male con la cultura dell’Estremo Oriente perché il bianco, che per noi è segno di festa, per loro era segno di lutto mentre, al contrario, il nero che per noi è segno di lutto, per loro era segno di festa. Allora ha detto qua bisogna cambiare le carte in tavola e ha introdotto un atto che si chiama, in realtà, inculturazione. Stiamo uscendo fuori dal tema, ma chiudo qui. Perché lui in qualche modo introdusse questa sfumatura, dicendo: “se il nero per voi è segno di festa, lo useremo anche noi”, anche nella liturgia. Per farci capire, ci fa cogliere un aspetto importante, che anche la liturgia non è fine a se stessa, è un mezzo, ci permette di rendere lode a Dio e quindi ha bisogno di essere inculturata.

E l’inculturazione del vangelo, interessante questo tema, apre grossi orizzonti ed è sempre attuale anche oggi. Forse ancor più oggi perché, come sentiamo dire, non stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca e allora dobbiamo forse fare i conti anche con questo. Con quello che poi è il linguaggio, che oggi sta avendo una sua evoluzione. Pensiamo anche proprio al linguaggio cifrato dei nostri ragazzi, è tutto cifrato sui telefoni. Noi non siamo capaci di capirle certe cose, ma loro parlano così e allora sono tutti simboli che hanno bisogno di essere interpretati, ma che devono trovare spazio in quell’insieme. Chiudo qui, non vado oltre.
Bene, passiamo al secondo aspetto della preghiera, abbiamo detto preghiera vocale, preghiera meditativa.

PREGHIERA MEDITATIVA

La meditazione è soprattutto una ricerca. La Sacra Scrittura, particolarmente il vangelo, le icone, i testi liturgici, del giorno e del tempo, gli scritti dei padri della vita spirituale, le opere di spiritualità, il grande libro della creazione, quello della storia. Ecco la preghiera meditativa è un altro modo per vivere la realtà della preghiera. Meditare. Se vogliamo, ecco, andiamo in qualche modo a riattingere a quella esperienza monacale dei monasteri dove veniva vissuta, certo la preghiera vocale, fatta insieme…. pensiamo ai cori, quei bellissimi cori fatti in legno, scolpiti (ne troviamo tantissimi nelle chiese e nei monasteri dove la comunità dei monaci si ritrovava per cantare le lodi, l’ufficio ecc.), ma poi veniva vissuta lì anche quella famosa lectio divina che è strutturata in momenti: lectio, oratio, meditatio, contemplatio. Vedete, la preghiera vocale, meditativa, contemplativa, lì c’è tutto. Dove appunto ci sono addirittura delle sottocategorie rispetto a questi grandi temi: lectio, lettura, preghiera, meditazione, contemplazione. Ce ne è uno che dice ruminatio, come fanno le mucche, i bovini, che rigurgitano quello che hanno mangiato e lo ruminano perché da lì possa poi trasformarsi.

Così è con la parola. Meditare è fissare l’attenzione: la vicinanza del cuore, fa sì che quel messaggio che è lì insito, possa essere sempre più compreso, diventi sempre più parte di noi. In realtà meditare quanto si legge porta ad appropriarsene. Ecco dove deve condurci in qualche modo la meditazione, non soltanto ad un semplice ascolto ma a rimanere a fissare l’attenzione. Quindi in qualche modo la meditazione deve mettere in movimento altri sensi, altre capacità che possediamo, perché di quei contenuti possiamo appropriarcene, farli diventare nostri, attraverso la comprensione.

E quando questo avviene, cosa succede? Succede che in realtà noi stiamo aprendo il libro della nostra vita: davanti a quella parola scatta una sorta di confronto. Ci confrontiamo con quei contenuti.

I metodi della meditazione sono tanti, qualcuno dice: “sono tanti” almeno così si esprime il catechismo della Chiesa Cattolica “i metodi sono tanti quanti sono i maestri spirituali”. Ognuno ha il suo, in realtà, potremmo anche noi scoprire il nostro perché è molto personale questa cosa, no?

Ma, un metodo non è che una guida, l’importante è avanzare, è andare avanti, con lo Spirito Santo, sull’unica via della preghiera che è Cristo Gesù. E’ bello questo, è interessante che non lo scordiamo mai, perché in realtà Gesù stesso ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita”.

Quindi, il cristianesimo ci pone non davanti semplicemente a dei contenuti, ma ci pone in relazione con una persona che è Gesù Cristo! E’ bellissimo questo. Questo si differenzia da tanti altri modi di rendere culto a Dio, di cercarlo, di professare la nostra fede, la nostra religiosità.

La nostra fede ci pone in relazione con una persona che è Cristo Gesù: Lui è la Via, la Verità e la Vita. Quindi è questo a cui deve condurci in qualche modo l’arte della preghiera, della meditazione.

Quindi la meditazione mette in movimento altre facoltà che possediamo: il pensiero, l’immaginazione, l’emozione e il desiderio.

Quindi la preghiera cristiana, di preferenza, si sofferma a meditare sui misteri di Cristo, come nella lectio divina o nel rosario.

La lectio quindi l’ho detta: questi quattro momenti che sono occasioni in cui ci soffermiamo davanti alla Parola, ma poi c’è anche il rosario.

Paolo VI, con la “Marialis Cultus”, pubblicata qualche anno dopo la fine del Concilio Vaticano II, un documento importantissimo, una pietra miliare nel cammino della riscoperta della devozione alla Madonna.

Lui è stato il Papa che ha introdotto un’espressione nuova che è stata poi inserita nelle Litanie Lauretane: “Maria Madre della Chiesa”. Non c’era prima. E così, come si prende questo documento, “Marialis Cultus”, il culto alla Vergine Maria, vuole dare un input di rinnovamento a quello che era il modo di rivolgersi alla Vergine Santa. Pensiamo alle tante tradizioni folkloristiche, ai tanti modi del popolo di Dio di rendere omaggio, di rendere culto alla Vergine. E Paolo VI arriverà a dire che la vera devozione alla Madonna si esprime proprio nel desiderio di imitarla, e lui stesso rilancia fortemente la preghiera del rosario, che poi ha sempre origini nel mondo del monachesimo e nasce dalla preghiera dei Salmi, che sono in fondo una preghiera in qualche modo ripetitiva, così come lo è il Rosario, una forma ripetitiva che però favorisce. Pensate che sintesi straordinaria! E’ una preghiera vocale, è una preghiera meditativa, è una preghiera contemplativa perché ci pone davanti ai misteri di Cristo.

Giovanni Paolo II, nella “Rosarium virginis Mariae” aggiunge addirittura cinque misteri, i misteri luminosi. Prima erano solo gaudiosi, dolorosi, gloriosi, lui aggiunge i luminosi.

Dà ancora di più un ampliamento per far vedere, per far capire quanto questa preghiera è veramente una preghiera teologica, cristologica, liturgica, devozionale.

E’ un’espressione altissima, ecco perché se non lo facciamo, recuperiamola questa preghiera, perché è una preghiera veramente ricca, porta con sé un po’ tutto. Riscopriamola perché veramente è molto feconda.

In un incontro di sacerdoti, un mio amico sacerdote diceva che aveva avuto un momento di crisi e mi raccontava che non riusciva più a pregare, aveva un momento di aridità interiore, una cosa disastrosa. A un certo punto mi confessa e dice: “Se non avessi avuto il rosario sarei morto! La preghiera del Rosario mi ha salvato.” È incredibile vero? Ecco è proprio una preghiera da riscoprire, di cui riappropriarci.

Passiamo al terzo punto: la Preghiera Contemplativa.

PREGHIERA CONTEMPLATIVA

Possiamo dire che è la preghiera non fatta di parole. Che cos’è la preghiera contemplativa?

S.Teresa, che era un’ascetica, una grande contemplativa, ha avuto un’esperienza tremenda che confesserà lei stessa nel libro sulla sua vita, “Storia di un’anima”. Ripercorrendo la sua vita aveva avuto circa 40 anni di aridità spirituale, in cui “non sentiva”. Molte volte noi abbiamo bisogno di sentire, se no siamo insoddisfatti e ci rabbuiamo, le cose non vanno. Lei, nonostante tutto, ha tenuto fermo, saldo.

Pensiamo all’esperienza di Gesù quando si rivolgerà al Padre, nel momento più cruciale, prima di morire: ”Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Non sono parole di convenienza, nascono da dentro. Gesù sta pregando e dice parole della Scrittura, è un salmo, ma sono dette in quel suo momento di vita, quando cioè non sente il Padre.

È tremenda questa situazione. È la morte, ma Lui lo grida: ”dove sei Padre mio?”.

S.Teresa dice appunto -alla domanda che cos’è la preghiera contemplativa: ”l’orazione mentale non è che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si intrattiene da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati”. Ecco è tutto uno stare. È bellissimo questo, tutto da scoprire. La preghiera contemplativa richiede tempo. La scelta del tempo e della durata della preghiera contemplativa dipende da una volontà determinata, rivelatrice dei segreti del cuore. Non si fa preghiera contemplativa quando si ha tempo, si prende il tempo di essere per il Signore, con la ferma decisione di non riprenderglielo lungo il cammino. È una scelta sensata. È importante. È l’esperienza degli esercizi spirituali, che ormai sono molto accessibili anche ai laici, dove di propongono alcuni giorni, i weekend, a volte delle settimane. Ci sono esercizi ignaziani che possono durare un mese o sei mesi! Sono il percorso, per Ignazio, fondatore dei Gesuiti, che poi li ha inventati lui, per un autentico discernimento. Come dire: vuoi veramente capire quello che Dio vuole da te? Fai il corso degli esercizi spirituali ignaziani che ti scavano dentro. Ci arrivi per davvero! Straordinaria questa cosa

La contemplazione è far sì che veramente il cuore si educhi alla Parola, si avvicini alla Parola. Quindi la preghiera contemplativa per eccellenza è quella di Gesù, quella del figlio di Dio, è il suo modo di abbandonarsi all’amorosa volontà del Padre.

 

La preghiera contemplativa è anche un dono, una grazia.

Dobbiamo imparare a chiederlo.

C’è un episodio simpaticissimo di un santo semplice ma grande, san Felice da Cantalice. Era piccolino era un fraticello di Cantalice. La sua fama di santità era rinomata. Carlo Borromeo, San Carlo, il grande vescovo e cardinale di Milano aveva l’intenzione di fondare una comunità di preti particolari, gli oblati di San Carlo che sono attualmente a Rho. (anche io sono oblato del Divino Amore). Quando ha saputo di questo fraticello Carlo era in tormento, non sapeva se queste regole che aveva concepito fossero all’altezza della situazione.

Parte, affronta un viaggio faticosissimo, arriva lì da questo fraticello, lo incontra, quando lo vede si spaventa un po’, perché vede la sua estrema povertà e semplicità. Però umilmente, sapendo chi era, gli chiede: “Padre, abbia la bontà di verificare queste regole, questa opera che io sto facendo, mi dica lei se è una cosa buona”. E poiché san Felice era analfabeta prende in mano il libro e comincia a pesarlo davanti a lui.. poi gli dice: “No padre è troppo pesante… sono troppo rigide queste regole non le osserverà nessuno.”

Pensate san Carlo resta sconvolto, le prende, torna indietro quasi intenzionato a non tornarci più. Poi però ci ripensa, e si accorge che in realtà aveva ragione. Le rivede, le corregge, torna, riaffronta il viaggio torna da Felice gli dà in mano il libro e lui dice: “Oh, adesso si che hai fatto un buon lavoro.”

San Felice era un santo che viveva i momenti contemplativi, veniva rapido in estasi. Si racconta di un episodio, lui era incaricato anche della cucina nel convento dove stava, e una volta in cappella fu rapito in estasi e quando rinvenne (ecco l’estasi, la preghiera contemplativa: non ci sono parole c’è il coinvolgimento di tutto il proprio essere (come direbbe Santa Teresa è l’orazione a tu per tu, un intimo rapporto di amicizia nel quale ci si intrattiene da solo a solo con colui da cui si sa che siamo amati. È il paradiso).

Quando riprende coscienza si rende conto che mancavano 10 minuti al pranzo e non aveva fatto niente, corre già per le cucine, entra dentro e trova in cucina di spalle due angeli, che avevano preparato tutto con i fornelli accesi e le pentole sopra. Quando lui arriva lo guardano e poi spariscono, ma era tutto pronto.

Come dire quando preghiamo per davvero il Signore si rende presente. Molte volte noi abbiamo la sensazione che dobbiamo fare tutto noi. Non è vero! Se permettiamo a Dio di entrare nella nostra vita, è poi lui che fa con noi e per noi.

È una grazia, è un tempo forte il tempo migliore della preghiera. Preghiera vocale, meditativa e poi scivolare nella contemplazione. Fissare lo sguardo su Gesù.

Al tempo del Santo Curato d’Ars, questo santo prete patrono dei parroci, in Francia, notava sempre che all’adorazione eucaristica c’era un contadino, una persona semplice, povera, umile, che si metteva in fondo alla chiesa e stava lì. Allora un giorno il santo curato d’Ars si mette a guardarlo bene e gli fissava le labbra e non le muoveva…stava muto, non diceva niente. Allora a quel punto si incuriosisce. Quando sta per uscire gli si avvicina e gli dice: “Buon uomo, che fai quando stai qui in chiesa davanti a Gesù esposto? Quale è la tua preghiera?” E lui candidamente risposte “Io guardo Lui, Lui guarda me”.

Benedetta semplicità!

La preghiera contemplativa. La preghiera non fatta di parole, è preghiera anche quella

La preghiera è quindi ascolto profondo della parola, è silenzio del cuore, è unione alla preghiera di Gesù. Allora sinteticamente la chiesa esorta i fedeli ad una preghiera regolare, preghiere quotidiane,… ce l’hanno insegnate pure i nostri genitori, no?

La liturgia delle ore, è una possibilità che tanti laici fanno, o almeno alcune preghiere della liturgie delle ore: ci sono le lodi la mattina, i vespri la sera, l’ora media, la compieta.

Io conosco tanti laici che lo fanno. Anche non sempre ma quando si può, è una bella abitudine.
Poi c’è la liturgia domenicale, fondante, abbiamo sentito, le feste dell’anno liturgico. Ecco per esempio anche l’anno liturgico ci fa percepire questo vivere la preghiera nel tempo, e il tempo che regolamenta la nostra vita di preghiera. È l’anno liturgico non comincia a gennaio ma con la prima domenica di Avvento che ci prepara al Natale, poi si conclude con la festa di Cristo Re dell’universo e poi la domenica successiva e di nuovo l’Avvento. L’anno liturgico ci fa ripercorrere tutte le tappe della storia, della vita di Gesù, della vita dei santi

SINTESI
La tradizione cristiana comprende tre espressioni maggiori della vita di preghiera, abbiamo visto: la preghiera vocale, la preghiera meditativa e la preghiera contemplativa.

Esse hanno in comune il raccoglimento del cuore.

La preghiera vocale è basata sull’unità del corpo e dello Spirito nella natura umana, associa il corpo alla preghiera interiore del cuore, sull’esempio di Gesù che prega il Padre Suo ed insegna il Padre Nostro ai suoi discepoli.

La meditazione è una ricerca orante che mobilita il pensiero, l’immaginazione, l’emozione, il desiderio. Essa ha come fine l’appropriazione nella fede del soggetto considerato, confrontato con la realtà della propria vita

La preghiera contemplativa è l’espressione semplice del mistero della preghiera: uno sguardo di fede fisso su Gesù, un ascolto della parola di Dio, un silenzioso amore, realizza l’unione alla preghiera di Cristo nella misura in cui ci fa partecipare al suo mistero.

Questo era il tema che abbiamo completato.

Vi suggerisco poi una cosa che è stata pubblicato dalla diocesi, in questo percorso del cammino sinodale, che è vissuto qui a Roma fortemente perché siamo la diocesi del Papa, ma che il Papa ha lanciato per tutta la chiesa universale. Questo invito a mettere al centro l’Ascolto della Parola e l’Ascolto reciproco, per scoprire che cosa lo Spirito ci dice, sia attraverso la Parola ma anche attraverso di noi.

Il cardinale vicario, don Angelo, usa questa bellissima espressione: impariamo a fare un elemosina in questo tempo di quaresima: l’elemosina dell’Ascolto, impariamo ad ascoltarci, ci facciamo veramente un bel regalo. E’ stata pubblicata questa proposta di ritiro di quaresima, sono tre schede che vi invito ad utilizzare per aiutarci nel cammino. Sono veramente interessanti e ci possono proprio arricchire.

https://www.diocesidiroma.it/archivio/2022/diocesi/La_proposta_di_ritiro_di_Quaresima_nel_cammino_sinodale_doc_1025.pdf