Con cosa torno a casa, dopo la giornata del 2 ottobre a san Pietro

di Costanza Miriano

Con cosa torno a casa, dopo la giornata del 2 ottobre a san Pietro?

Piena di grazia, nel senso di un regalo gratuito, immeritato, con la certezza che Dio è una persona vera e viva, più viva di me adesso, che vuole incontrarmi, e con un sacco di voglia di pregare per renderlo possibile; con la certezza che c’è un popolo di fratelli in cammino; con la certezza che la Chiesa è una madre che accoglie, davvero. Se dovessi cercare una parola sola, direi consolazione. Ma perché cercarne una sola, quando posso usarne qualche migliaio?

Quindi, poiché vorrei condividere questo regalo con più persone possibili, proverei a rispiegare ancora una volta cos’è il monastero wi-fi, e cosa è successo a san Pietro sabato scorso.

Innanzitutto, cos’è il monastero. E’ la Chiesa, niente di più, o meglio è il nome di un minuscolo pezzettino della Chiesa universale, il nome che con alcune amiche avevamo dato inizialmente per scherzo al nostro desiderio di cercare Dio come in un monastero, ma immerse nelle nostre vite di persone che hanno una famiglia, che spesso lavorano, che fanno insomma una vita dentro al mondo, e che tra loro sono collegate da un’amicizia più o meno frequentata, spesso alimentata a distanza con vari mezzi (i social, ma soprattutto lo Spirito Santo, il più potente wifi). Niente di particolare, è quello che vivono tutti i laici che prendono sul serio il battesimo, con in più l’amicizia, il sentire un’affinità, un bisogno di compagnia, perché spesso nei propri posti di combattimento ci si ritrova un po’ soli, magari ci si sente estranei in parrocchia, o poco affini alle realtà presenti. Questo per rispondere a chi mi chiede come si faccia a far parte del Monastero: non c’è nulla che si debba fare. Basta desiderarlo, e già si è dentro. Se si vive in una città in cui c’è già un gruppetto di persone che pregano insieme (Roma Milano Bologna Torino Firenze e altre) si può partecipare, altrimenti c’è il nostro incontro a Roma che dovrebbe svolgersi una volta all’anno, salvo cataclismi tipo covid o pioggia di rane.

A chi chiede come sia nata questa strana avventura devo raccontare ancora una volta questa storia: l’estate di tre anni fa alcune amiche capeggiate dalla ormai mitologica Monica Marini sono venute al mare dove ero ospite di amici (anche loro monaci wi-fi), ed è nata l’idea di provare a vederci tra di noi e con tutti quelli che lo avessero desiderato, per vivere una giornata di ricarica spirituale. “Veniamo a Roma, ché voi siete fortunati, avete dei preti speciali…”

A parte che conosco preti specialissimi anche lontano da Roma, praticamente almeno uno per città, però c’è anche da da dire che è vero che in certe zone la realtà della Chiesa è un po’ sofferente, si è perso lo slancio, tante persone si sentono isolate… E così è nata l’idea di riunire nello stesso luogo in una sola giornata alcuni di questi preti speciali, tutti insieme (ma ne ho ancora moltissimi in mente, da arruolare), per fare un po’ il pieno di spunti di lavoro, e ripartire con nuovo slancio verso le nostre vite quotidiane, dopo avere ascoltato un po’ di “roba di prima qualità” (come dice la mia amica, una specie di nazionale dei predicatori, o “i pretoni” come dice un’altra).

Pensavo sinceramente che le amiche che avrebbero aderito sarebbero state una ventina, o una cinquantina al massimo, per cui avevo chiesto ospitalità al mio parroco, visto che forse, e dico, forse, a casa mia saremmo state strette. Ma quando l’ho scritto sul mio blog, le cinquanta amiche sono diventate cinquecento, così ho chiesto ospitalità ai francescani di via Merulana. E poi da cinquecento novecento, e poi milledue, millecinque, duemila… Intanto prendeva forma, di necessità, una squadra per organizzare: Monica Marini è stata eletta a furor di popolo capo mondiale delle organizzatrici bionde (altrimenti detta la regina del no profit) e al suo “servizio” Laura Daretti, Maria Teresa Silvestri, Giuseppina Ardoino, Marisa Lucarini, Federica Manzi, Raffaella Frullone, con preziosissimi aiuti extra di vario tipo: Marco e Iole Modugno a Roma, ai quali poi si è aggiunto, quando è nato il monastero milanese, il team delle efficientissime Antonella Vita Laura Viarengo Angela Picone e poi Rita, Paola e Francesca, e infine i vulcanici bolognesi Lara e Gigi Veronesi. Non volevamo (e non vogliamo tuttora) avere soldi, e più li rifiutavamo più ce ne offrivano (ho scoperto solo dopo che alcune spese ci sarebbero state, in realtà), e così con quelle offerte abbiamo pensato di aiutare quelli che volevano unirsi a noi ma avevano problemi con i costi del viaggio. E’ nata una sorta di cassa per sostenere i costi dei viaggi, (che poi all’arrivo dell’emergenza sanitaria si è trasformata in una rete di solidarietà incredibile. Il lavoro che questo ha comportato è stato di una mole inimmaginabile, quasi tutto sulle spalle di Monica, ma questa è in parte un’altra storia).

Insomma, è nato il primo Capitolo generale del Monastero wi-fi, che si è tenuto a San Giovanni in Laterano – l’unico posto in grado di accogliere 2000 persone – il 19 gennaio 2019. Il tema della giornata è stato appunto la vita spirituale, ovvero come costruire una cattedrale nella propria vita, senza procedere a caso, come in un bazar, ma avendo un progetto preciso, con dei pilastri da tirar su e rispettare. I pilastri della cattedrale che vorremmo costruire sono cinque: Parola di Dio, preghiera, confessione, eucaristia, digiuno. E per dare il buon esempio la giornata è stata prima di tutto una giornata di preghiera, con Lodi all’inizio, messa al centro, rosario alla pausa, e adorazione finale. Nel mezzo delle catechesi sul tema della ricerca di Dio.

Il secondo capitolo generale, poi, ha messo a tema la prima delle colonne, la Parola di Dio, e si è tenuto a san Paolo fuori le Mura con duemiladuecento “confratelli” il 19 ottobre 2019. Lo schema è stato lo stesso (lodi messa rosario adorazione, e nel mezzo delle catechesi: la Parola che nasce, che matura, che porta frutto, che muore e dà la vita.

E arriviamo al 2 ottobre: dopo la faticosa, dolorosa pausa dettata dalle precauzioni per il Covid eravamo alla ricerca di un posto che ci permettesse di ospitare gli iscritti, perché noi essendo donne non riusciamo a dire di no a nessuno, figuriamoci a persone che vogliono venire a pregare e ad ascoltare catechesi. Il problema è stato che molto presto gli iscritti sono diventati più del numero massimo consentito nelle basiliche di San Giovanni (900 persone, in tempo di Covid) e San Paolo (1500), e così abbiamo scritto una mail un po’ alla disperata all’ufficio liturgico di san Pietro. Mio marito mi quotava uno a centomila: se un bookmaker avesse accettato scommesse sulla possibilità che ci concedessero la basilica avrebbe sicuramente promesso centomila euro a chi ne avesse scommesso uno solo sul sì. E invece… Il Cardinale Gambetti, in accordo con il Papa, desidera che a san Pietro si preghi molto, e così pare che la nostra mail sia capitata in un momento propizio: la richiesta di fare un ritiro sulla preghiera, con molti momenti di liturgia e preghiera, e catechesi sullo stesso tema, ci ha spalancato le porte della Chiesa più importante del mondo. E con “ci” intendo tutti noi, perché tutti erano invitati, bastava comunicare prima via mail il proprio nome (una cautela resa necessaria dalle regole che comunque mettono un tetto di presenze), senza tessere di appartenenza, senza pass, senza niente altro che la voglia di pregare e partecipare alla messa. Anzi, poi, una volta verificato che il tetto non era stato superato, sono entrati anche i turisti, e noi speriamo che a qualcuno sia venuta anche voglia di pregare…

E niente, come dicevo all’inizio, torno a casa con un bel bagaglio, un sacco di catechesi da riascoltare e ruminare (io in particolare voglio riascoltare la prima, su cosa è la preghiera, perché molto densa: credo di essermi persa la metà dei concetti) e soprattutto con la certezza che Dio mi vuole incontrare, e che la preghiera è un mettersi lì pronti, così quando passa mi trova. No, dico, guardate la trepidante attesa di un ragazzo che aspetta Fifa 22, come sobbalza a ogni suono del citofono sperando che sia il fattorino: ecco, io voglio aspettare Dio come mio figlio ha aspettato l’omino delle consegne, che non è un gran che come livello di mistica, ma è un inizio.