Con la forza dello Spirito Santo affrontiamo ogni cosa con coraggio, fiducia e saggezza

Omelia di inizo anno 2021 di don Alessio Geretti

Ancora una volta, fratelli e sorelle amatissimi, volgiamo gli occhi ad un nuovo anno.
Noi giustamente lo iniziamo cantando al Dio Altissimo, invocando la sua luce e la sua forza con il Veni Creator Spiritus. E con quell’inno antico, che intreccia a una melodia elegante parole di raffinata sapienza, noi cristiani educhiamo il nostro sguardo a vedere anzitutto il lato spirituale della realtà.

Lo sguardo della fede, infatti, trapassa la cortina dei fenomeni e delle apparenze, e coglie, oltre il livello superficiale della materia, l’altro lato del mondo, la profondità spirituale del mondo, il valore morale dei gesti, la compagnia dolcissima e preziosa degli angeli, dei santi e dei nostri cari defunti, la presenza meravigliosa di Dio che è all’opera, discretamente ma tenacemente, per portare a buon fine il suo disegno di salvezza.

Immaginiamo per un momento che non ci sia il lato spirituale del mondo, né alcun Dio, e che noi fossimo soltanto materia. Allora, la vita, il pensiero, i sentimenti sarebbero solamente dei brevi episodi chimici. Nessuno sarebbe davvero responsabile di niente, tanto nelle sue scelte virtuose quanto in quelle criminali,
perché i nostri atti sarebbero soltanto il risultato di cromosomi, impulsi e condizionamenti culturali.

La nostra esistenza, le nostre più appassionanti battaglie, sarebbero una fatica inutile. I nostri legami più importanti non potrebbero sopravvivere al destino della nostra carne, né mai potremmo pensare di rivedere e di riabbracciare chi abbiamo amato perdutamente. Senza lo Spirito la nostra vita sarebbe una povera vita.
Perciò non mi meraviglia che chi non ha la fortuna della fede e vede solo materia attorno a sé, sia costretto a stordirsi in qualche modo, o per la via della distrazione o alla ricerca di qualche droga da cui pendere e dipendere per tirare avanti. E non è un caso che uno dei più coerenti pensatori che hanno visto le cose in questa prospettiva, Jean Paul Sartre, abbia dato alla sua più rilevante ed incisiva opera sulla nostra vita il titolo “La nausea”.

Noi cristiani, per l’immensa fortuna della fede, sappiamo invece che lo Spirito di Dio è all’opera ogni giorno, e che sta realizzando il disegno che il Creatore ha da tutta l’eternità. Perciò abbiamo la gioia di poterci dire che, nonostante le prime apparenze, c’è tanto bene nel mondo, magari nascosto ma diffusissimo, e questo bene è destinato a vincere grazie a Dio, grazie all’amore, alla presenza e alla risurrezione di Gesù Cristo. Sostenuti da questa brillante rivelazione, lo stile di quelli che appartengono a Gesù, rigenerati da Dio e diventati figli di Dio, è di affrontare il nuovo anno con coraggio, con fiducia, con saggezza.
Anzitutto lo affrontiamo con coraggio.
Avremo in particolare il coraggio di fare il bene, tutto il bene possibile, e nel migliore modo possibile, con passione e determinazione, anche senza riconoscimenti, senza garanzie che produca immediatamente risultati.
Cammineremo lavorando e pregando, come benedettini a piede libero, senza smarrire la sapienza e la pazienza, continuando imperterriti, persino nella nostra società sconquassata da tante cattedre di stupidità, a educare diversamente i nostri figli, insegnando loro che l’onore di un uomo consiste nel vivere in grazia di Dio.

E diremo a questi figli parole che facciano pensare, e che li educheranno, e quando serve trascineranno, a frequentare la forza benefica della preghiera, del sapere, delle arti e degli ambienti che allargano il cuore, rinforzano il senso morale ed elevano la mente.
Che poi i figli oggi non subito si entusiasmino per quello che gli viene consegnato, poco importa: domani ricorderanno, e nel buio di certi momenti quei ricordi come fiaccole indicheranno loro la strada.

Affrontiamo poi il nuovo anno con fiducia. La fiducia che la fede ci infonde non è la lieta prospettiva di essere al riparo da qualsiasi difficoltà o sofferenza. L’amore di Dio semmai ci accompagnerà e ci sosterrà anche nelle ore buie che verranno. La fiducia che la fede ci infonde è liberazione dalle paure di fondo, classiche, che appartengono alla struttura del nostro essere e che – dobbiamo dircelo – il 2020 appena lasciato alle nostre spalle ha accentuato fino alla nevrosi. In particolare, la paura della morte e la paura di non sbarcare il lunario.

Beninteso: sono faccende serie.
La morte va combattuta con scienza e prudenza, la miseria con fraternità efficace. Ma queste due paure non possono diventare il criterio della nostra esistenza. Gesù ha esplicitamente domandato l’esatto contrario, su ambedue i punti. Un giorno, vedendo gli apostoli tesi e preoccupati, ha loro ricordato che non devono avere timore per quel che berranno o mangeranno o vestiranno domani, e che imparino dai gigli del campo e dai passeri del cielo, rammentandosi che per il Padre nostro noi valiamo immensamente di più.

Quanto alla morte, Gesù non ha avuto esitazioni a dichiarare che non dovremmo temere ciò che tutt’al più può uccidere il nostro corpo ma non può toccare la nostra anima, e che semmai dovremmo avere timore di chi è in grado di gettare e il corpo e l’anima nel fuoco della Geenna, nella rovina eterna.
Il Signore insomma ci raccomanda il santo timore di Dio, cioè un amore per Dio che arrivi alla delicatezza di non volerlo perdere per nessun motivo e che respinga la possibilità di una vita senza Dio ravvedendone lo squallore. Per il resto, la fede ci libera assolutamente dalle altre paure, tanto da quella d’essere amati – perché chi scopre Cristo non ha mai più questa incertezza –, quanto da quella di avere poco o di poter morire.

Veniamo infine alla saggezza che ci è domandata. Lo Spirito Santo ce la metterà tutta per infonderci la luce giusta ad ogni bivio. Insieme, Egli ci aiuta a rileggere quanto abbiamo alle spalle, in modo da farne effettivamente tesoro, imparando quel che ci ha insegnato. E questo 2020 ci ha insegnato diverse cose che non vanno dimenticate.
Ci è stato insegnato, se l’avessimo dimenticato, che la solitudine, l’ansia e la mancanza di prospettive spirituali sono le più grandi disgrazie che possono flagellarci, e sono anche le più tremende nemiche della salute fisica perché sono in grado di far crollare il sistema immunitario. Facciamo allora tutto il possibile, carissimi, perché nessuno sia mai solo.

Ci è stato insegnato che esistono certamente calamità più complesse e più grandi delle nostre capacità di gestione, e questo va messo in conto e non può andare a detrimento di coloro che ci governano nei vari paesi del mondo. Ma va anche detto che quando non siamo abbastanza lucidi sul piano etico e giuridico, mentre tentiamo di fare alcuni beni compromettiamo valori e principi che  per nessun motivo dovrebbero essere violati. Penso, sopra tutti gli altri esempi che potrei fare, a quella che ritengo una delle più grandi vergogne che macchiano la coscienza della Stato e anche delle istituzioni ecclesiali nell’anno che si chiude, cioè aver consentito che migliaia di persone morissero senza poter vedere i loro cari, senza che si pretendesse per loro il conforto religioso e senza nemmeno un funerale umano, seppur accompagnato da poche persone ben distanziate, neanche questo! Ciò che è accaduto su questo fronte non ha nessuna giustificazione proporzionata, né potrà essere riparato. Dobbiamo fare il possibile perché non accada mai più.
Senza dubbio, ci è stato insegnato che sempre più compromesso è il nostro rapporto con la natura, che la nostra promiscuità con gli animali, dai pipistrelli ai visoni, è sempre più scriteriata e pericolosa e che non esiste altra prevenzione efficace contro i nuovi virus del futuro se non un cambiamento serio del nostro modo di abitare il pianeta.
Beninteso: il popolo del Signore non si identifica con un movimento ambientalista.
Alcuni ambientalisti mettono le persone umane sullo stesso piano degli animali e scambiano Dio con la natura, mentre per noi credenti il cuore nostro batte più forte per il Creatore che per il creato e la nostra ragione sa bene che l’ordine che servirebbe ritrovare per salvaguardare il creato non riguarda semplicemente quel che facciamo dei contenitori usati di plastica, ma comincia dal ritrovare il giusto rapporto tra Dio e l’uomo, ed esige poi di non uccidere i cuccioli di essere umano nel grembo della loro madre ed anche il giusto rispetto della natura umana così come Dio l’ha pensata e noi come a noi piace manipolarla o ridefinirla.

Ma su questi tre punti non andremmo granché d’accordo con diversi ambientalisti.
Tuttavia, anche noi credenti chiaramente vediamo che la cecità dell’uomo che agisce credendosi Dio in terra porta inevitabilmente a stravolgere il clima, a eliminare intere specie viventi, a ritrovarci pugnalati alle spalle da malattie nuove per le quali le nostre conoscenze e le nostre organizzazioni sanitarie sono inadeguate.

Il Creatore non è contento di come stiamo riducendo il giardino in cui Egli ci aveva collocati con ben altra missione. Ma diciamoci la verità: per tirarci fuori da questo groviglio, può bastare un po’ di educazione ecologica nelle scuole,
una migliore sensibilità nei cittadini, o grandi accordi tra i governi mondiali nelle conferenze internazionali sul futuro del pianeta?
Il problema, cari amici, è che in questo mondo, nel piccolo come pure ai massimi vertici delle istituzioni della terra, troppe volte la menzogna è diventata sistema.
In tal senso, quel che è avvenuto in Cina è sintomatico. In quel punto del pianeta, infatti, non vi sono solamente le condizioni diciamo biologiche per l’affioramento di grandi sciagure capaci di colpire il mondo intero. Là ci sono anche le condizioni ideologiche perché il male possa sferrare i suoi più riusciti attacchi.

L’alleanza tra menzogna, violenza e rincorsa del potere economico
che ispira i padroni del Partito unico cinese
ha una responsabilità morale immensa su come l’epidemia è partita e sul silenzio imbarazzante che riguarda la sua origine e diffusione.
Poi, dato che dobbiamo sbrigarci a fare buoni affari, chiuderemo tutti gli occhi possibili, ma senza il coraggio della verità non costruiremo affatto un mondo più sicuro. E sì che non è la prima volta che una visione demoniaca dell’uomo e del mondo, tremendamente messa in atto da alcuni spregiudicati, ha causato disastri planetari e stragi vastissime.

La prima metà del XX secolo, francamente, poteva averci insegnato abbastanza.
Se l’uomo si costruisce la sua verità, con principi esattamente opposti a quelli del Vangelo, inizierà presto a parlare contro Dio e finirà sempre per agire contro l’uomo.
Ma ci sono due ultime cose che questa vicenda ci insegna. Essa ci ricorda che esiste il limite, la fragilità, la precarietà di questa nostra condizione, e che, per quanto giustamente dobbiamo amare la vita e custodirla e lottare per essa, noi non siamo invulnerabili e possiamo esser chiamati, anche in modo inatteso, anche in gioventù, a lasciare la sponda di questa esistenza per navigare verso la sponda della vita eterna. Allora, questo non significa che ci debba opprimere un’angoscia continua.
Significa però che in ogni momento dobbiamo saper rispondere alla domanda delle domande: “che senso ha la mia vita?”, e con una risposta che non mi faccia vergognare davanti al Signore che questa vita mi ha regalato e davanti alle persone di cui sono in qualche modo responsabile. Significa che se abbiamo sperperato energie per ciò che è secondario e abbiamo trascurato o rovinato ciò che era essenziale, abbiamo l’urgente dovere di un sano pentimento e di una ancora possibile riparazione. Significa che se stiamo per vedere in faccia Dio sarebbe anche il caso di sviluppare con lui un rapporto più serio e più bello rispetto a quello troppe volte scadente che ci permettiamo di avere con Lui. E poi continueremo a fare tutto con serenità grande e con la migliore passione, così quando il Signore verrà ci troverà intenti all’opera che ci aveva affidato.

L’ultima cosa che ci è stata insegnata riguarda proprio la centralità di Cristo. Se abbiamo fede, non per modo di dire, Lui è tutto per noi. Senza di Lui, la vita non sarebbe un vero vivere. Ma la facilità con cui, per timore e precauzione, ci pare di poter stare mesi senza Eucaristia e senza Confessione, cioè senza l’incontro reale con Gesù vivente che viene a salvare me, mi lascia molto perplesso. Capisco la paura, è chiaro. Ma la paura va superata con la lucidità della ragione e con la chiarezza della fede.
Pensate che in questo momento ci sono luoghi della terra in cui nostri fratelli nella fede ogni domenica rischiano la vita, sapendolo, per andare a Messa, in luoghi dove il cristianesimo è atrocemente perseguitato. Il rischio di morire che loro corrono, o che fanno correre ai loro ragazzi portandoli in chiesa, è immensamente più alto dei rischi che noi potremmo correre se con il Covid in circolazione chiedessimo di confessarci o di ricevere l’Eucaristia. Eppure ci sono stati, nell’anno appena chiuso, due mesi e mezzi in cui grottescamente la gente s’era persuasa che potesse andare tutti i giorni a comprare le sigarette ma non potesse venire a chiedere la santa Comunione.

Fratelli e sorelle, ripeto, capisco la paura, ma: quando siamo in una dura prova,
in una grande difficoltà, in un serio pericolo, allora cerchiamo il Signore ancora di più, vi prego col cuore in mano!
Ora che l’anno inizia, dunque, con la luce e con la forza dello Spirito Santo
affrontiamo ogni cosa con coraggio, fiducia e saggezza, cantando tutti i giorni al nostro fedele e amabilissimo Sposo dell’anima, Gesù, che per noi ha già dato la sua vita e che vuole condurre la nostra alla felicità totale.

1° gennaio 2021