DON VINCENT NAGLE – La Parola che muore e porta frutto #monasteroWiFi

Ecco i file audio e video della catechesi di don Vincent Nagle del Secondo Capitolo del Monastero Wi-Fi del 20 ottobre 2019, a San paolo fuori le mura a Roma con una qualità audio più intellegibile rispetto allo streaming.

Grazie alla trascrizione di Claudia Rocchetti  pubblichiamo anche il testo della catechesi di Don Vincent.

Il video su youtube

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MONASTERO WIFI
ROMA 19 ottobre 2019
Don VINCENT NAGLE

Quando uno ha 5, 6 o 7 anni, o per i limiti di mamma e papà, o per i dispetti
dei compagni, per l’ostilità di un fratello, o altro, a quell’età avviene un
cambiamento nella vita e qualcosa dentro di sé, davanti al mondo fa dire
“Qualcosa non va!” e si ha paura perché il mondo ci fa male.
Il mondo è bello e mi fa male, anzi mi farà ancora e sempre di più male. Così
cominciamo ad avere veramente paura. Ma diventa anche peggio, perché
verso 12, 13 o 14 anni facciamo un’altra scoperta: qualcosa non va in me! A
quel punto iniziamo ad essere in fuga, dal mondo che ci fa male, e da noi
stessi, perché qualcosa di grosso non va.
Questo è un problema per il mondo e per la nostra esistenza stessa.
Siamo creature, siamo creati da un Creatore che ci ha fatti nell’amore e per
l’amore, ma molto spesso non ci sembra che sia così. Lui vuole comunicare
la sua parola d’amore e la dice, lo fa a mio favore, tutto è frutto dell’amore.
Dove possiamo incontrare questa parola del Creatore? Nel creato.
Ma abbiamo già detto che noi siamo in fuga dalla realtà perché fa male, anzi
più che male. E siamo in fuga anche da noi stessi inseguendo desideri,
pensieri, piaceri, tutto quello che ci fa evitare di andare fino al fondo
dell’animo, creato per un rapporto di amore eterno.
La realtà non è più segno per noi, ma una nemica e allora il nostro interesse
verso di essa qual è? Cambiarla, domarla, rifarla, cambiare tutto affinché non
ci faccia più male.
Non è più segno, infatti è vero che sentiamo parlare tantissimo della realtà,
perché siamo nell’epoca della scienza (o della post-scienza), e abbiamo
perso la fiducia anche in questa, ma la scienza sembra essere l’unico aspetto
della realtà che ci interessa.
Quando è che a scuola fanno guardare alla realtà come un segno, come una
parola d’amore? Neanche nelle nostre scuole lo fanno. Invece vogliono farci
capire che con la scienza si può sperare di cambiare la realtà, a modo mio.
Questo è l’unico aspetto che ci interessa della realtà. Essa in fondo non solo
ci fa male, ma ci uccide e non solo uccide te, ma anche tutti quelli che ami e
non lo farà in modo indolore. Lo farà con grandissime sofferenze. Perché
non mettersi in fuga? Siamo in fuga totale.
Quando ero giovane ho sentito una frase citata da un politico, Robert
Kennedy, durante la sua campagna elettorale del 1968 ( e la mia famiglia
seguiva la politica di sinistra molto attentamente) . Avevo dieci anni e gli
sentii affermare una frase che non conoscevo e che dice “Ci sono quelli che
guardano alla realtà e domandano: perché? Io invece guardo alle cose che
non ci sono mai state e domando: perché no?” La sentivo come una frase di
liberazione: sì, sì! Prendiamo la nostra fantasia, i nostri sogni e insistiamo
perché la realtà cambi al fine di realizzare la mia fantasia. Solo più tardi ho
capito che questa frase è proprio una frase diabolica, perché se il mio
sguardo sulla realtà non parte da un interesse per quello che essa dice, cioè
la verità, in me ci sarà solo violenza, risentimento, per tutti voi che avete fatto
una realtà così schifosa.
E quando apro i libri di storia, quante colpe attribuisco agli antenati, non ho
nessuna gratitudine per loro, perché mi hanno lasciato come patrimonio una
realtà che mi fa male, anzi mi uccide, è micidiale. Uno che prende questa
frase sul serio vive senza gratitudine, con rancore e in cerca del potere.
Solo dopo sono arrivato a capire che si tratta di una frase diabolica, mentre io
la intendevo come la cosa più liberante. Ho saputo che si tratta di
un’affermazione tratta da un pezzo teatrale di G. B. Shaw, grande scrittore e
genio irlandese dell’ 800, su Adamo ed Eva. Chi dice questa frase? Non è
Adamo, non è Eva, ma Satana per allontanarli dal paradiso. Mette questo
pensiero nella loro mente ed è il pensiero che domina tutto, assolutamente
tutto. Che cosa tutti i politici, tutti gli educatori dicono? Come possiamo
insegnare ai nostri piccoli, dare loro gli strumenti per cambiare il mondo? Non
è a questo che pensano debba servire l’educazione: come cambiare la realtà,
come migliorare il mondo? Non è questa la base di tutta la nostra cultura, non
è per questo che la parola tecnologia è quasi una magia?
Tra l’altro io attribuisco una importanza grandissima a Steve Jobs: Dio lo
benedica! Lo so era ateo, e Dio abbia misericordia di lui, ma mi ha dato così
tanta gioia la tecnologia che ha messo tra le mie mani! Però è stato anche
diabolico.
Vorrei raccontare un paio di fatti per spiegare come le cose su questo punto
sono cambiate per me. Quello che sto per dire è importante perché quando
siamo nella posizione descritta, quando abbiamo rancore verso la realtà, che
è la prima parola d’amore di Dio per noi ( non l’ultima ma la prima), non
vogliamo averci nulla a che fare. Come tutto questo può cambiare? Come?
Da giovane ho avuto un incontro con i cristiani e, poiché sono fatto così, non
poteva che essere un incontro violento, perché io sono io. Ricordo che
quando ero all’università, per due volte in quegli anni, un professore cristiano
che insegnava filosofia e la usava per dare ragione ai cristiani, è andato dal
capo dell’istituto dove studiavo per accusarmi di aver cercato di assassinarlo.
Quando mi hanno presentato queste accuse ho pensato che era matto, ma
non mi sarebbe dispiaciuto se fosse morto…. Per me era violenta la sua
posizione, cioè affermare che per vivere, io dovevo abbracciare il
progetto di un Altro, scritto nella realtà, cioè la verità.
Queste persone mi hanno fatto comunque impressione.
Quando sono andato a vivere in Marocco abitavo da solo, facevo il
professore di inglese in un liceo scientifico e avevo 250 studenti marocchini,
non molto disciplinati. Quando si dà un compito a 250 studenti, poi c’è molto
da fare di notte. Ricordo che il mio rapporto con loro andava sempre peggio.
Verso primavera, una notte intorno alle 2 ero sveglio per correggere questi
compiti, con grande risentimento verso di loro e mi dicevo “Questi non
meritano che io mi sacrifichi così!” In quel momento Dio, su cui avevo ancora
molti dubbi, ma che avevo cominciato a pregare tanto, mi ha cambiato
l’esistenza, in un istante. Mi ha dato una visione, anche se io non sono un
mistico, ma sono molto carnale e non seguo gli insegnamenti di Santa
Teresa d’Avila o di San Giovanni della Croce. Si tratta di un ricordo che i
medici dicono sia impossibile poter avere perché risale all’età di un anno , un
anno e mezzo. Era limpidissimo, completo, totale. Mi trovavo nelle braccia
della mamma, strillavo, urlavo, piangevo, perché ero malato. Sono il sesto di
otto figli e il settimo ha un anno meno di me, quindi era già nato. Mia
mamma, una grandissima donna, oggi ha 93 anni e Dio la conservi, faceva
fatica a fare la mamma. Aveva grosse difficoltà a tenere in braccio i bambini;
aveva 5 figli più grandi di me da fare uscire al mattino, un marito a cui
preparare la colazione prima che uscisse, tanto fa fare; quella notte tutti
erano a letto e lei camminava su è giù con me che piangevo. Di fronte a
quella visione mi dicevo “Che cosa ho fatto per meritare questa cosa?” A mia
mamma doveva sembrare come morire fare quella cosa. Infatti quando lei,
poco dopo, si è scoperta per l’ottava volta incinta ha cercato di suicidarsi. E’
scioccante. Mi sono chiesto in che modo avevo mai meritato che lei facesse
quel sacrificio per me, che era quasi come morire e che cosa avrei potuto
fare io…
Perché lo aveva fatto? Perché avevo bisogno. Ho capito in quel momento
che il merito non aveva niente a che fare, avevo bisogno. Così il mio mondo
è cambiato perché ho cominciato a vivere per il bisogno che ho, non per il
mondo che vorrei. E il bisogno che ho è che in questo mondo qualcuno
mi ami così, eternamente, gratuitamente, perfettamente. Da allora la mia
vita ha preso un’altra strada, non quella che facevo prima, cercando di
incrementare l’intelligenza, prendere il potere e rifare il mondo, ma stare
umilmente davanti a qualunque punto della realtà che mi promette un amore
così, che mi comunica una parola d’amore e verità, che mi dice “Non avere
paura, io sono con te, per sempre.”
Questa è una bella parola, ma non la sentiamo bene perché dove Dio ce la
dice, dove la pronuncia? Nella realtà.
Gesù chiama Satana padre della menzogna e la menzogna è la negazione
della realtà; abbiamo ottimi motivi rispetto a questa cosa. Siamo mentitori,
tutti, a noi stessi, ai nostri cari e al mondo. Tutti mentitori. Perché? Parchè
abbiamo paura delle conseguenze della verità e la conseguenza della verità
è la realtà, che mi uccide, anzi mi sta già uccidendo.
Come può Iddio darci la sua parola? Come può farlo?
Voi che siete genitori, che siete educatori, medici, o avete responsabilità
per l’educazione degli altri, sapete che a volte è necessario dare una parola
precisa, una parola che tuo figlio deve sentire, che può cambiare la sua
esistenza, salvarlo dagli errori rispetto ai quali potrebbe non poter recuperare
mai. Come dare questa parola? Sentendosi struggere dentro, piangendoci
sopra e, umilmente, in un momento di povertà, semplicemente dicendola.
Serve un momento di povertà, un momento in cui non pretendi niente. “Figlio,
non so cosa fare, però piangendo ti dico che la verità, e perciò la vita, non è
questa, ma un’altra.” Come dire questa parola? Ad un certo punto serve un
momento in cui si condivide la povertà di quella persona, non più con la
pretesa di essere il genitore, perché il genitore vuole farti entrare nella realtà
e tu stai cercando di evitarlo. E’ un momento di povertà in cui chi è lì davanti
a te vede quanto tu soffri per dire quello che dici e lo fai solo perché gli vuoi
bene.
Non c’era altro modo per Dio di comunicare con noi che non ascoltavamo
più, e soprattutto adesso non ascoltiamo, la sua prima parola d’amore per
noi, così fantastica, così inesauribile, così entusiasmante, che è la realtà.
Abbiamo paura e abbiamo ottimi motivi per avere questa paura, allora lui
cosa fa? Diventa povero.
San Paolo dice che la Parola, il Verbo di Dio, si spogliò della sua
divinità, della sua uguaglianza con Dio, per entrare nella nostra
angoscia, nella nostra paura, nella nostra povertà, nella nostra
posizione vulnerabile di fronte al potere, davanti al male, agli altri, a noi
stessi. Entra nella nostra povertà. E cosa fa? Si espone davanti alla
menzogna del mondo, alla violenza che è in noi, alla negazione della verità
che ci spinge in ogni momento della giornata, e li prende su di sé,
assolutamente tutti, completamente umiliato. Abbiamo la visione di Gesù
sulla croce, ma attraverso tutte quelle immagini in cui noi vogliamo
salvaguardare la sua dignità e lo copriamo, ma lui non era coperto, era
massacrato e non coperto. Cosa succede al corpo maschile davanti a
violenze così? Cambia, e cerca di proteggere le parti che possono fare nuovi
esseri umani e perciò queste parti spariscono in quei momenti. Quando il
Vangelo dice che i suoi nemici lo sbeffeggiano e ridono, fanno ironia e lo
additano, si riferiscono al fatto che non era più uomo, era massacrato.
Sull’uomo della sindone di Torino, sono state contate 4680 piaghe aperte nel
suo corpo. Che cosa è la croce, che cosa è quella parola? Cosa vediamo
davanti alla croce? E’ la riconciliazione, è la parola, la seconda parola
più forte di Dio per dire “Questo per te, questo con te!” Io prendo tutto
ciò molto sul serio, così come quando Gesù sulla croce sentì le parole del
buon ladrone, Disma, alla sua destra che dice “Salvami, Signore!”. Gesù
risponde che lo farà e che il giorno stesso sarà con lui in paradiso. E cosa fa?
Lo salva, e uno penserebbe che lo faccia scendere dalla croce, e invece non
lo fa. Che cosa fa? Va in fondo alla croce con lui, va in fondo alla realtà
micidiale con lui, va fino in fondo ad essere vittima della menzogna con lui, in
fondo a questa sconfitta umana satanica con lui, per rendere questa strada
umana, mia, tua, nostra, una strada di vittoria se diciamo di essere
accompagnati da lui.
Un’ ultima parola, e voglio dirla chiedendo che ascoltiate. Tutto questo è
una parola fra noi, una parola che ci salva dalla dannazione eterna:
Gesù dice che il regno dei cieli è fra noi e questa è una bomba. La
salvezza. E perché questa parola è una bomba? Perché se c’è una cosa che
sappiamo è che la dannazione è già qua, la dannazione eterna è già attiva,
anzi domina e io vi lascio con l’immagine di una sola frase.
Che cosa è l’inferno? E’ dove ogni tua fantasia si realizza, però non incontri
mai nessuno, mai, non fai nessun incontro. Dove si fa l’incontro? Nella realtà.
Perché noi insistiamo sulla verità, sulla realtà? Perché è dove incontriamo il
Salvatore.
In paradiso non si realizzano le nostre fantasie, ma si sta in un incontro
eterno d’amore. Ci riconcilia con tutto e con tutti, e la realtà è la nostra strada
di amore eterno.