Guardare la croce che è testimonianza dell’amore di Dio

All’Angelus tenuto nella quinta domenica di Quaresima ancora una volta al chiuso per via delle restrizioni dovute al covid, il vangelo odierno è quello di Giovanni 12,20-33, ambientato poco prima della passione di Gesù.

Il Figlio di Dio, a Gerusalemme per la Pasqua, suscita la curiosità di alcuni greci che esprimono il desiderio di vederlo da vicino, e Gesù ai suoi discepoli che gli portano la richiesta risponde: “ è venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. […] Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Cosa vuol dire ce lo spiega il Pontefice.

Queste parole sembra che non rispondano alla domanda posta da quei greci. In realtà, esse vanno oltre. Gesù infatti rivela che Lui, per ogni uomo che lo vuole cercare, è il seme nascosto pronto a morire per dare molto frutto. Come a dire: se volete conoscermi, se volete capirmi, guardate il chicco di grano che muore nel terreno, cioè guardate la croce.

Ed è proprio a questo simbolo che tutti si rivolgono, il simbolo che rappresenta la cristianità: “ nelle chiese, nelle case dei cristiani, anche portato sul proprio corpo. L’importante è che il segno sia coerente con il Vangelo: la croce non può che esprimere amore, servizio, dono di sé senza riserve: solo così essa è veramente l’“albero della vita”, della vita sovrabbondante.

Il cristiano, spiega, deve portare i gesti d’amore a testimonianza dell’amore del Padre che ha donato suo Figlio: “ si tratta di seminare semi di amore non con parole che volano via, ma con esempi concreti, semplici e coraggiosi, non con condanne teoriche, ma con gesti di amore. Allora il Signore, con la sua grazia, ci fa portare frutto, anche quando il terreno è arido a causa di incomprensioni, difficoltà o persecuzioni ed è così che  mentre il seme muore, è il momento in cui la vita germoglia, per produrre frutti maturi a suo tempo.

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