I sette peccati capitali e il peccato della gola #monasteroWiFi Roma

Qui si parla di carbonara e combattimento spirituale, di cattivi pensieri e di fede, qui si ride e si riflette, come sempre quando a parlare è un sacerdote spiritoso, nel senso di pieno di Spirito Santo.

Il prossimo incontro, il 6 marzo alle 21 al Battistero di San Giovanni in Laterano, padre Maurizio Botta ci parlerà del peccato dell’ira. Come sempre chi vuole può arrivare per le 20.30 a mangiare insieme uno spuntino, più che altro per guardarci in faccia o addirittura scambiarci un abbraccio. Ricordo che grazie alla disponibilità di don Gerardo e del Vicariato è possibile parcheggiare nel parcheggio interno della Lateranense.

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Catechesi sul peccato della GOLA, di don Riccardo Cendamo

del 6 Febbraio 2023, Battistero di S.Giovanni in Laterano

Buonasera, allora io sono don Riccardo Cendamo, ho 41 anni.
Sono un presbitero di questa diocesi. In realtà sono stato ordinato da poco, sono un presbitero da un anno e mezzo, ma effettivamente sono vecchio quanto sembro. Sono entrato tardi in seminario perché prima facevo altre cose.
Non so in realtà perché sono qui io stasera, perché ci sta una schiera di preti molto più preparati di me nella vita spirituale. Principalmente sto qui perché me l’hanno chiesto e per amore a Cristo si fa tutto.
Ma poi perché penso che un noto monsignore romano, direttore spirituale di varie persone tra cui me, ha fatto il mio nome pensando che io fossi un esperto di gola.
In realtà quando me l’hanno detto la prima cosa che ho pensato è stata: “Ma io che c’entro con la gola? Chi ha mai parlato di gola?”

Sicuramente sono un esperto di ira, quello sì perché c’ho un caratteraccio. Poi m’ero da poco preparato una catechesi sull’invidia, ma la gola “Che c’ho a che fare io con la gola?”.
Poi mi sono messo un po’ a studiare che cos’era la gola e allora mi sono venute in mente un sacco di cose interessanti.
Per esempio mi è venuto in mente che ai tempi dell’università io un sacco di esami non l’ho dati, perché, anziché studiare, passavo le giornata con il mio miglior amico a cercare la ricetta perfetta della carbonara….che noi chiamavamo la giallona.
Fare la giallona perfetta!
Guardate che ce ne vuole: anni di sperimentazione.
Che poi la carbonara è un po’ così…tu la mangi e ti sembra perfetta, ma poi ti rendi conto che manca qualche cosa…il già e non ancora vero…eccolo nella carbonara più che nella escatologia.

Effettivamente ho iniziato a ragionare sul fatto che a me il cibo un pochino mi interessa. Mi interessa tanto in realtà e non un pochino A me piace tanto mangiare, e questo ve lo dico perché io non vorrei che qualcuno di voi sia venuto qui con un po’ di paura: parliamo della gola e magari questo sarà un prete che ci dice che non dobbiamo mangiare. E poi, siccome vedete anche che sono pure un po’ ciccione, pensate pure “ecco questo predica bene e razzola male”
No, assolutamente !
A me piace mangiare, non sono contro il cibo. Tenete presente che per Natale mi hanno regalato due padelle. Cioè questi sono i regali che fanno a me…un servizio di piatti…dici che ci fa un prete?

Il fatto è che il cibo non  serve soltanto per far mangiare te, il cibo serve pure per far mangiare gli altri: è un atto d’amore. Se tu ami le persone cucinare per loro è una cosa bellissima.
Io non so veramente come si possa disprezzare il cibo…poi per carità, non è che uno deve vivere in modo sregolato.
Io per esempio devo stare a dieta perché nella famiglia mia sono morti tutti d’infarto e quindi devo stare a dieta. Però la dietologa mi ha proposto ultimamente di fare la dieta chetogenica e io mi sono opposto. Le ho detto che io non passerò due mesi della mia vita senza pasta e senza vino. Lei s’è scandalizzata “Ma come senza vino…tu sei un prete”. “Appunto io sono un prete e devo bere per lavoro! Non mi toglierai il vino”.
Tipo la polemica quella dell’Irlanda, a me mi fa diventare pazzo.
Come puoi tu attaccare il vino?  Come puoi avercela con il vino?

Il giorno in cui metteranno il teschio sulle bottiglie di vino, io andrò in giro vestito da pirata. Quella sarà la mia ribellione.
In realtà questa cosa che sembra un po’ buffa è una domanda lecita “ma come fai ad avercela contro il vino?” Perché le persone entrano in queste follie?

Ecco, vedete, in realtà la follia di chi vuole mettere il teschio sul vino, “nuoce gravemente alla salute”, è la stessa follia che magari ti fa arrivare qui stasera pensando che forse la Chiesa vuole dirti che non devi mangiare.
E’ la stessa tentazione dietro a noi e dietro a loro, si chiama “gola” che è una tentazione seria, molto seria.
I monaci del deserto la chiamano “gastrimargia”, la follia del ventre.
Addirittura Evagrio Pontico dice che è l’ingresso di tutte le passioni, che i vizi cominciano dalla gola.

Eppure è una cosa che noi sottovalutiamo tanto.
Io anche all’inizio del ministero quando qualcuno veniva a confessarsi e mi diceva “Ho commesso peccati di gola” gli dicevo “Dimmi i peccati veri”.
Questi sono come le parolacce. Io le parolacce non le assolvo perché non sono peccati.
Pure la gola mi sembrava ridicolo.
L’altro giorno, ad un mio amico che studia teologia ho detto che lunedì sera sarei andato a San Giovanni. Mi ha chiesto cosa sarei andato a fare, ho risposto “una catechesi sulla gola”.
Allora lui si è fomentato e ha detto “Ah la gola, – Nefesh – il respiro di Dio”.
“No, no, la gola che se magna” gli ho detto.
“Ah, vabbè” mi fa.

Invece no, è un argomento molto serio. E siccome è una cosa seria quella di cui dobbiamo parlare, bisogna iniziare in modo serio. Se ci mettiamo in piedi, preghiamo.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Amen. Signore ti benediciamo per il dono della Chiesa, per il dono della vita e per il dono del cibo, della comunione. Ti ringraziamo Signore perché ci hai portato qui questa sera, perché vuoi regalarci una parola. Ti preghiamo di aprire il nostro cuore, di metterci in ascolto, di darci la grazia di incontrare Te che sei la nostra unica gioia, la nostra vera speranza. Tutto questo te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
Santi Paolo Miki e Compagni Martiri, pregate per noi. Sede della Sapienza, prega per noi.

Guardate è molto importante cominciare con una preghiera e invocare i Santi.

Perché quello che stiamo per fare qui questa sera, noi possiamo anche chiamarlo “catechesi” ma in realtà quello che noi stiamo per fare è un combattimento.
Quello che facciamo qui è una lotta.
Certo, sicuramente io devo fare una catechesi, vi devo dare delle informazioni, vi devo spiegare delle cose sulla gola, ma non è quello il fine.

Io non so, non vi conosco, non so perché siete qui. So un po’ chi vi raduna qui, so chi mi ha preceduto, quindi immagino che se seguite questa iniziativa siete molto preparati su questo fatto. E non sono ironico, lo credo veramente.
Però queste cose ho bisogno di dirle innanzitutto per me perché anch’io faccio una battaglia.
Io sono qui e devo fare una battaglia contro la mia pigrizia, contro la mia superbia, la mia paura di sbagliare e che l’attenzione vada tutta su di me.
Io devo fare una battaglia per annunciarvi Cristo e voi dovete fare un’altra battaglia per entrare in un combattimento.
Se tu che stai qui stasera pensi di vivere quello che stai per vivere in un modo passivo, come qualcosa che senti, che ti fa piacere, che domani torni a casa o te lo metti su uno stato di WhatsApp, non ti serve a niente; tu stai qui per entrare in una battaglia, che è una battaglia seria, per questo ho invocato i Santi.
Oggi si celebrano questi Santi martiri del Giappone, perché è importante invocare i Santi?
Perché i Santi sono quelli che hanno fatto le nostre battaglie e con Cristo le hanno vinte.

Sapete che c’è una divisione della Chiesa, c’è la chiesa di qui, che chiamano chiesa pellegrinante e c’è la chiesa celeste.
In realtà, il termine giusto, il termine che si usava prima, era la chiesa militante, la chiesa che combatte, siamo noi la chiesa che combatte per pronunciare il nostro sì di fronte a Cristo.
In cielo ci sono i Santi, che sono quelli che ci hanno preceduto in questa battaglia, che il sì l’hanno già detto e l’hanno detto in un modo definitivo entrando in cielo e anche ci sono i nostri cari, che combattono con noi, perché ci vogliono accanto a loro e ci vogliono felici, già oggi, già adesso; c’è mio padre, in cielo, che stasera sta combattendo questa battaglia con me e i Santi vanno invocati per ricordarci quello che stiamo facendo.
Poi, ho invocato anche la Vergine, questa è una cosa che ho imparato dal mio padre spirituale, è sempre importante invocare la Vergine, perché la Vergine ha tanti titoli, perché la Vergine è quella che ha fatto la battaglia assieme a Cristo, ha detto sì, l’ha detto come lo dovresti dire tu, come lo potresti dire tu.
La Vergine ha tanti titoli che illuminano tante battaglie, uno è “sede della Sapienza”.
Che cos’è La Sapienza?
Nella scrittura la Sapienza, sarebbe l’architetto di Dio, cioè la misura giusta delle cose, è la strada per arrivare alla felicità; la Sapienza è la vera bellezza; la Sapienza è Cristo e questa Sapienza ha trovato una sede, una dimora, che è il ventre di Maria; Maria è la sede della Sapienza perché Cristo ha dimorato in lei, lo ha gestato e gli ha dato la carne.
La carne di Cristo viene da Maria, l’ha presa da Maria, cioè questa Sapienza, questa vera bellezza, questa misura di tutte le cose è una carne, Cristo, la sua salvezza, la strada, ce l’ha mostrata nella carne.
Quello di cui noi dobbiamo parlare qui stasera è un fatto di incarnazione, dobbiamo passare per l’incarnazione.
Faccio tutte queste premesse, che saranno un po’ lunghe, perché, se uno sbaglia le premesse non arriva a nessuna conclusione o ci arriva male.
Ma veramente il problema della Gola è un problema di incarnazione ed è questo quello che il demonio vuole nascondere.
lo scopo del demonio è che noi possiamo dimenticarci del mistero di questa incarnazione, possiamo dimenticarci del fatto che Cristo abbia condiviso con noi la nostra stessa carne, il nostro stesso sangue; dice San Giovanni che l’anticristo è colui che nega Cristo nella carne, cioè che ti nega a te la possibilità di fare questo combattimento.
Il demonio non vuole che tu veda che puoi combattere, che nella tua carne c’è la possibilità di combattere e di entrare in questa vittoria che è già data, che Cristo ha già guadagnato ma che dobbiamo fare nostra.

Un’altra premessa importante legata a questo, non a caso parlo del demonio, è perché voi state facendo questi incontri sui vizi allora li puoi chiamare vizi capitali…
Li puoi chiamare anche “loghismoi”, cattivi pensieri, chiamali come ti pare però non ti sbagliare..non sono sentimenti, non sono pensieri, non sono cattive abitudini: i vizi sono demòni!
L’ira, la lussuria, la superbia, la gola di cui parliamo stasera sono dei demòni!…sono demòni che hanno un solo scopo, che è quello di entrare nella nostra vita e di sporcarla!…perché a loro la nostra vita in realtà non appartiene!
Il tuo cuore, la tua storia, la tua vita e questo stesso mondo, anche se è dominato in un certo senso dal demonio, a lui non appartiene!…perché ogni uomo vive, respira, si muove, esiste in Dio.
Noi viviamo perché Dio ci sta pensando, viviamo perché siamo in Dio e nello spazio tra noi e Dio non c’è spazio per il demonio!
E’ una realtà che al demonio non appartiene e nella quale lui vuole entrare, per invidia e malvagità, per sporcarla…e c’ha un modo per entrare in questa realtà che è attraverso questi pensieri
Questi pensieri che ci aggrediscono sono demòni che vogliono entrare nella nostra vita.
Sapete che, sempre San Giovanni, parla dei tre nemici dell’uomo che sono la carne, il mondo e il demonio.
Lui le chiama “le concupiscenze”: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita.
Potremmo anche definirle così: sono tre brecce attraverso le quali i demòni entrano nella nostra vita, sono tre strategie.

La concupiscenza della carne è la paura della sofferenza…quando non vuoi soffrire entri in questa concupiscenza, cerchi un modo di scappare dalla sofferenza…che ne so…
…devi andare la mattina a lavoro?…no, rimani a dormire!
…devi parlare con la tua ragazza e dire cose scomode?…no, ce vai a letto insieme
…devi riconciliarti con qualcuno?…no, lo aggredisci

…la concupiscenza della carne…quando vedi che da questa sofferenza non puoi scappare hai bisogno di una soluzione e allora, siccome le soluzioni in te non ci sono, le cerchi nel mondo.

La concupiscenza degli occhi significa questo: andare in giro nel mondo a cercare le soluzioni…prendi le soluzioni che ti dà il mondo
…non lo ami più? …divorzia!
…ti sei sbagliata?…abortisci!

Capite…sono le soluzioni del mondo …sono brecce con cui il demonio entra nella tua vita, nella mia vita.
E quando hai preso le soluzioni del mondo e non t’hanno portato a niente, allora poi arriva il demonio, lui stesso, in persona: la superbia della vita! Che potremmo dire anche la solitudine della vita…

Cioè quando tutte le soluzioni le hai prese dal mondo, alla fine t’accorgi che sei solo e, probabilmente, ti suicidi… quello è lo scopo del demonio: che la tua vita finisca in un fallimento, in una tragedia.

Io sono rimasto tanto colpito dalla vicenda di questa ragazza che hanno trovato morta all’Università.
Guardate, parte dell’Amore che c’ho per Cristo e che m’ha portato al ministero è stato anche il dolore del pensiero delle persone che si suicidano…è una tragedia, è un pensiero che può avere ognuno di noi, anzi, che probabilmente ognuno di noi ha avuto…però a volte questo pensiero diventa una realtà.

Questa ragazza, non so, ha lasciato un bigliettino …poi…non dico niente, non voglio dire niente  perché ancora ce so’ indagini, cose…anche per rispetto del dolore dei familiari…però da quando s’è saputa sta notizia s’è scatenato un putiferio e tutti hanno battuto su sto tasto, no : “che mondo è il nostro, dove lo studio, la carriera sono così importanti che portano una ragazza al suicidio?”

…… perché lei parla di questo fallimento negli esami e negli studi, ma guardate che il problema qui non è la carriera, non sono gli studi.
Il problema è che una persona si sente fallita quando perde la speranza, perché questo è quello che fa il demonio.
L’attacco del demonio è che ti dà i suoi sentimenti.

E siccome il demonio è solo, invidioso e disperato, quello che vuole è che tu possa provare le stesse cose: la solitudine, l’invidia per quello che non hai, e la disperazione.
La gente si ammazza per disperazione.

Quello che facciamo noi stasera, che fate voi venendo qui, è una battaglia per ritrovare e consegnare la speranza  invece, la nostra Beata Speranza, Cristo Risorto.

Ecco queste tre concupiscenze hanno questo scopo, di entrare nella nostra vita e di sporcarne il percorso. La vita mia e tua è fatta per arrivare alla gioia, alla felicità, a incontrare la Beata Speranza appunto, il Nostro Signore; se sporcano questo percorso, forse ti perdi.
Allora è una lotta che vale la pena di fare.

Va bene, leggiamo un brano della  Scrittura, che funziona meglio delle mie parole : dal libro del profeta Isaia : “Signore Tu sei il mio Dio, voglio esaltarti e lodare il tuo nome , perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e stabili. Poiché hai trasformato la città in un mucchio di sassi, la cittadella fortificata in una rovina, la fortezza degli stranieri non è più una città, non si ricostruirà mai più.   Per questo ti glorifica un popolo forte e la città di nazioni possenti ti venera, perché tu sei sostegno al misero, sostegno al povero nella sua angoscia, riparo dalla tempesta, ombra contro il caldo, poiché lo sbuffo dei tiranni è come pioggia che rimbalza sul muro, come arsura in terra arida il clamore degli stranieri. Tu mitighi l’arsura con l’ombra di una nube, l’inno dei tiranni si spegne.”

E’ un inno di un popolo, che in realtà sta per andare in esilio, ma conosce la verità, cioè, che Dio è più forte della tragedia cui va incontro, e poi dice così:

“Preparerà il Signore degli eserciti, per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte, il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato” .

Questo è un brano che mi piace tantissimo, ma è un po’ snobbato in realtà, più che altro lo leggono ai funerali.  Ma è molto bello.
C’è questa immagine del banchetto, che è immagine del cielo. Sta parlando della vita eterna, è questo il banchetto.
Io mi ricordo che c’era un professore in Gregoriana, bravissimo, che, però, lui con questa cosa del banchetto, questo fatto che si mangia in cielo, sbroccava,  cioè lui la odiava questa cosa e diceva :  “ ….ma mica penserete che andate a mangiare in cielo! In cielo ci sta un nuovo stato dell’essere, un nuovo stato ontologico, mica pensate veramente che andate a mangiare !”
Noi tutti… no.. no..
In realtà poi un po’ ci speravo, però poi tu non devi contestare in quei momenti, devi conservare nel tuo cuore, come Maria.
Nel senso, per carità, ha ragione il professore: se l’aspirazione tua di andare in paradiso è di mangiare. Voglio dire, se l’idea tua di cielo e di resurrezione è un piatto di coratella, c’hai un’idea sicuramente condivisibile, e in parte un po’ meschina, no, non è per quello che dai il sangue…. Però qui si parla di un banchetto, questa è Parola di Dio.
E allora perché? Che vuol dire ‘sto banchetto? Guardate! Nel banchetto si mangia. Questo è poco ma è sicuro. Però è altrettanto vero che il cibo non è il centro del banchetto.
Il senso del banchetto non lo dà il cibo. Il banchetto è un’altra cosa.
Quand’è che noi facciamo un banchetto? Che ne so?
A Natale, a Pasqua, al tuo Compleanno, alla Laurea, a un Matrimonio, all’Ordinazione.
Quando mi sono ordinato io, stavamo in pieno Covid: non ho potuto fare nessun banchetto.
Ho mangiato con cinque persone: mio fratello, la moglie, una sorella, i genitori loro…mio padre era morto da un mese e mezzo…mia madre.
Ho mangiato con le persone che mi amavano. Quello è stato il mio banchetto.
E poi il giorno dopo: la Prima Messa.
Quello è stato il vero banchetto!
Il banchetto è necessario! Serve a celebrare la Vita. È una celebrazione della Vita che si fa con un nutrimento e con una relazione. Questo è il banchetto.
E -guarda un po’!- il banchetto è al centro della Salvezza che ti è stata consegnata.
Capite che … noi celebriamo l’Eucarestia che è un banchetto.
Il cibo non si può mai vedere in modo cattivo.
Cristo mangiava e mangiava di gusto!
Anzi quello che ci ha lasciato c’è lo ha lasciato sotto forma di cibo: corpo e sangue, pane e vino.

Il cibo ci mostra la realtà della nostra salvezza: noi siamo stati salvati in una Relazione che ci ha nutrito.
E questa salvezza passa per un Evento che si chiama Evento Pasquale,  Mistero Pasquale.
Questo Mistero è legato alla carne, alla nostra carne.
Comincia e finisce con la carne perché comincia col fatto che Dio si è fatto uomo.
Come uomo è cresciuto e come uomo si è lasciato conoscere. Come uomo è stato amato.
Come uomo è stato invidiato e condannato.
Da uomo è morto.
Con quel corpo è sceso agli inferi, con quel corpo è risorto e quel corpo ha portato in Cielo.
Capite? È un fatto di carne.
Quando dico carne intendo proprio questo: la realtà umana.
Cioè Dio si è fatto veramente uomo. Il Mistero Pasquale, il mistero della nostra salvezza, passa per il fatto che Dio ha incontrato il nostro essere uomini.
Con la carne si intende questo.
Non si intende la ciccia che hai addosso, quando si parla di carne. Quando si dice che Cristo ha condiviso con noi la carne, significa che si è fatto veramente uomo, che Dio è stato uomo fino in fondo.
E allora per capire la Salvezza devi capire come è fatto l’uomo.

San Paolo dice che noi uomini siamo fatti così: di corpo, anima e spirito. Che significa?
Chiaramente tu sei uno, sono astrazioni ma servono a capire quello che c’è dentro.
Il corpo è il modo con cui noi ci relazioniamo.
Tu mi vedi, mi ascolti, io ti vedo, perché abbiamo un corpo, il corpo è come ci relazioniamo all’esterno.

L’anima, sarebbe il nostro io, cioè chi sei tu.

E poi c’è lo spirito che è una sorta di corpo interiore, cioè è come ti relazioni dentro di te, cioè con chi, con Dio e con te stesso.

Allora, nella realtà dell’uomo, questo elemento, lo spirito è quello che veramente fa l’unità: tu sei uomo e sei te stesso perché hai uno spirito che tiene insieme la tua relazione con chi sta fuori con la tua relazione con chi sei.

Per essere uomo e per essere salvato devi entrare in questa realtà, perché è questa la realtà che Cristo ha preso, questa è la realtà che Cristo ha salvato: un uomo che ha un’identità, che si relaziona fuori di lui e che ha una relazione dentro di sé, con Dio e con se stesso, corpo, anima e spirito.
Ecco, qui arriva la gola. Perché?

Perché questo corpo, che è stato salvato, che è entrato nel mistero pasquale, è chiamato ad essere a immagine di Dio, a somiglianza di Dio, scusate. Questo uomo, che Dio ha riscattato, vive in un mondo che ancora deve entrare nella pienezza di questo riscatto.
Noi viviamo una vita che ancora va verso la morte, noi viviamo una vita, con questa nostra umanità, con questo nostro corpo, che perisce, che finisce, che è all’interno di un dramma che è il dramma della morte, della sofferenza.
Questa è la nostra realtà e in questa realtà si soffre, in questa realtà il nostro corpo ha bisogno di nutrimento, cioè in questa realtà il nostro corpo ha fame.
Guardate che la fame non è una cosa cattiva, la fame è una cosa buonissima che ci ha dato Dio.

E’ questo che dovrei cercare di spiegarvi stasera, il problema della gola non è la fame.
Il demonio non ti ha dato la fame, il demonio te la ha interpretata. Questo è il punto.

Che succede quando tu hai fame?
Succede che ti ricordi che devi morire, perché se non mangi muori, questa è la verità: se noi non ci nutriamo, moriamo! E questo fa il demonio: quando arriva la fame te la traduce così: se adesso non mangi, morirai. Cioè ti mette addosso una paura! Usa la fame per riempirti di paura.
E’ questo il problema della gola: cioè ti stacca la fame dal vero senso.

E che succede quando uno ha paura?
Quando tu sei dentro la paura?
Succede che smetti di ragionare.
Il primo effetto della gola è che stacca il cervello, spegne la razionalità, spegne la ragione.
Tu hai un impulso, un bisogno e lo devi tappare, in qualche modo: ho fame? Mangio.

Com’è che noi usciamo dalla sofferenza?
Guardate, in questo mondo che soffre e non combatte, in questo mondo di soluzioni che non vengono da Dio, noi facciamo un’equazione che è sbagliata fondamentalmente, ma che sembra tanto vera quando la nostra ragione si spegne, cioè che dalla sofferenza esci col piacere.
E allora se c’hai fame, hai bisogno di un piacere che contrasti quella fame.

Una volta leggevo su un libro di don Fabio Rosini una cosa molto bella. Non mi ricordo che libro era…
Però penso che se ve lo spiego bene, lo capite pure se non trovate il libro, insomma: i piaceri legati alla carne, i piaceri legati a questa paura, c’hanno tutti un aspetto simile, cioè sono come dei piccoli orgasmi.
Sapete che i francesi, che di queste cose dicono che se ne intendono, l’orgasmo lo chiamano la piccola morte. Perché?
Hanno ragione.
Perché, nel momento in cui tu provi il piacere dell’orgasmo, si spegne per un attimo il cervello, chiudi gli occhi su questa vita, la sospendi.

Ecco, questo è quello che ti chiede la fame, questo è quello che ti chiede la gola: spegni la testa, chiudi gli occhi, non guardare la tua realtà.
Stai soffrendo?
Non ci pensare, affogala questa sofferenza, inebriala, spegnila in qualche modo.

Se ci ragioni, la gola fa così con te: quando c’hai una fame compulsiva, non è che stai morendo di fame (di solito). Quando sono tanti giorni che non mangi, non sei compulsivo.
Quando c’hai una fame compulsiva, c’hai un dolore che devi scansare e, se ci pensi, capita la stessa quando fai il pisolino pomeridiano. Sta cosa c’ha pure una spiegazione scientifica: sapete che i recettori del cibo e del sonno sono simili, allora quando tu ti svegli all’improvviso, che non ti sei riposato abbastanza, il cervello sta sfasato e ti fa venir fame.

Però in realtà il senso è questo: che non vuoi pensare a quella sofferenza, che devi rientrare nella tua vita. Faresti di tutto per chiudere quella sofferenza. Anche tanti peccati che si fanno nella sessualità, si fanno per questo.
Infatti, dicono i Padri, che la lussuria è figlia della gola e della superbia.
Perché non puoi soffrire, appunto, non la puoi affrontare quella crisi, non puoi affrontare quel dialogo scomodo con la persona con cui stai, non puoi affrontare la solitudine della tua vita, non puoi affrontare il fatto che ti senti inadeguato.
E allora che fai? Ti masturbi o guardi pornografia.
La pornografia, guardate che è un peccato di gola, non è di lussuria.
Perché sono scorpacciate quelle che uno fa di notte, quando non lo sai neanche tu che cosa vuoi. Perché il cervello si è spento e anzi, di più, si è spenta una parte più profonda, che è lo spirito.
Il vero problema della gola è che ti separa dallo spirito, cioè ti impedisce di trovare la parte più profonda di te, perché stai sempre fuori, stai sempre a colmare un bisogno.
Guardate, non vi stupite…
Se voi leggete un po’ le cose che scrivono i monaci del deserto, loro parlano con tanta durezza della gola e del cibo, ma non è che erano pazzi!
E’ che veramente la “gastrimarghia”, cioè la follia del ventre, è veramente una follia.
Non so se ti è capitato: c’è stato Natale da poco e chi è che non si è fatto una bella mangiata, che a un certo punto lo sai che stai esagerando, lo sai che ti dovresti fermare, che quel bicchiere di vino in più non te lo dovresti bere.
“Ma io non mi sono mai ubriacato in vita mia!”
Sì, però non stai bevendo per gusto, stai bevendo perché non vuoi soffrire.

E quando mangi tanto, e quando bevi tanto, quante stupidaggini fai, dopo?

Guardate, io le cose più stupide della mia vita, le ho dette dopo che avevo mangiato tanto (e io sono uno che ha una buona resistenza al cibo, eh).
Ma siccome ti sei anestetizzato, c’è una parte di te che non senti più, che è quella parte profonda che si chiama spirito. Il vero peccato della gola è la separazione tra il corpo e lo spirito.

Il vero peccato della gola è la separazione tra il corpo e lo spirito che non possono andare separati hanno bisogno di stare insieme e perché lo spirito ha qualcosa che il corpo non ha, che il corpo non conosce, che sono i desideri

I nostri veri desideri stanno nello spirito perché li conosce Dio: noi non li conosciamo, noi per lo più assumiamo desideri che neanche sono nostri, prendiamo desideri che sono in giro.
Tu prendi una cosa che crea piacere in un altro e allora lo vuoi tu, perché vuoi quel piacere che hai visto ma i desideri tuoi, quelli veramente profondi, quelli che ti dicono chi sei tu, li conosci?

Sei sicuro che li conosci?

E allora perché fai tutte quelle stupidaggini, perché non combatti, perché non ti converti perché non rinunci a niente, perché non ti riconcili.
Sei sicuro che non le vuoi queste cose?

Io sono sicuro di un’altra cosa che noi siamo creati per le cose buone, siamo creati per amare.
Allora se non ami è solo perché non lo sai che è veramente quello che vuoi.
Questo è il problema della gola che ti impedisce di ascoltare i tuoi veri desideri!
Ed è un dramma, perché guarda non c’è nessuna battaglia che tu puoi affrontare se non la desideri, è tutto qui.
Tu puoi affrontare qualsiasi cosa con Cristo ma lo devi desiderare.
E la cosa più importante che devi affrontare sai qual è? È la tua vita, che è la battaglia più dura di tutte perché la vita nostra è molto difficile, è drammatica. Perché è una vita che attraversa la sofferenza, l’incognita, la paura dove Dio tante volte non sai cosa ti sta dicendo.
Dove ti risveglierai, domani non sai come sarà, e come l’affronti questa cosa ?

La puoi affrontare con la gola cioè rimanendo sempre fuori dal tuo cuore, oppure la puoi affrontare conoscendo i tuoi veri desideri e allora lì si compie il miracolo che si chiama conversione.
Cioè che scopri che sei salvato, che sei bello, che sei dignitoso, che la vita che ti hanno dato è per la tua felicità.
Però veramente la prima cosa che devi passare è la battaglia per la gola, per questo i padri dicevano che è l’ingresso delle passioni perché capisci che il demonio ti separa dal cuore, ha già vinto, non deve fare niente altro.
Conosco persone che hanno vite intense, di successo, ma non hanno trovato se stessi.

Avevo tanti progetti nella mia vita , sono scappato per tanti anni.
Sono entrato in seminario a 32 anni, ma non è che a 32 anni mi è venuta la vocazione come un fungo, cioè Dio era tanto tempo che mi chiamava e io non lo ascoltavo perché avevo paura di dover provare la sofferenza di questa vocazione, non lo so, di dover rinunciare ai miei progetti .
E la cosa più drammatica era che io non capivo che quello non era il desiderio di Dio, l’essere sacerdote, ma era il mio desiderio.
Non capivo,  che il desiderio mio e di Dio erano la stessa cosa perché il mio cuore era tutto nella gola.

Aveva ragione il mio padre spirituale che mi ha detto che questa catechesi mi avrebbe fatto bene perché mi ha costretto a guardare alla realtà della mia vita, e cioè che sono un goloso, uno che non vuole soffrire mai e per questo sta spesso lontano dal proprio cuore.

Allora, detto questo, come si fa la battaglia con la gola?
Beh capite che se il problema è mangiare la battaglia con la gola inizia con un digiuno, che era forse la cosa che non volevate sentirvi dire, però questo digiuno è la cosa più bella, perché c’entra molto poco col cibo, c’entra sempre e di nuovo col nostro cuore.

Nel purgatorio di Dante c’è una collocazione bellissima per i golosi. Sapete che il purgatorio è il luogo della purificazione quindi queste pene che vengono date servono per purificare, a permettere a queste persone di tornare a Dio
I golosi stanno all’interno di questa cornice dove se non sbaglio sono legati magri magri, non possono mangiare niente, e accanto a loro di fronte a loro ci sono 2 alberi pieni di frutti profumati, e invianti golosi e belli (no golosi no!) e loro sentono questo profumo e hanno questo desiderio di mangiare e non possono farlo.
Vista così sembra una tortura, una cosa terribile e invece no, è un atto d’amore profondissimo perché quei golosi che stanno lì stanno riacquistando qualcosa che il demonio gli aveva strappato; questi frutti su questi alberi in questo giardino sono l’immagine dell’Eden, del vero desiderio di questi uomini, perché in me e in te un desiderio veramente nostro c’è, è il desiderio di Dio.
Anzi è più profondo ancora, è il desiderio che Dio parli con noi.

Guarda alla fine, gira che ti rigira, il desiderio più profondo che c’è nell’uomo è che ci sia una risposta profonda alla solitudine della sua vita, e che questa risposta venga da Dio.
La vera fame dell’uomo è che Dio parli con lui. Dio t’ha messo dentro una fame che è buona, che è splendida, che è necessaria, che è la fame della sua Parola.

Cristo, nel deserto, la prima tentazione che affronta è la tentazione del corpo, del pane, della fame.
Il demonio dice: Hai fame?
Allora dì che queste pietre diventino pane.
No, risponde Cristo, perché “non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”
Entrando in questo comandamento, fa un servizio a tutta l’umanità, cioè le rivela la verità del proprio cuore, quello che vogliamo io e te è che Dio ci parli.

E’ sapere che noi siamo così importanti nonostante la solitudine che sentiamo, nonostante i giudizi contro noi stessi, nonostante il disprezzo con cui guardi e racchiudi la tua vita, che tu sei così importante che Dio, il creatore del cielo e della terra, vuole parlare con te, non per pietà, ma perché ha desiderio di stare con te.

Questa è la fame, e in questa fame, in questa vera fame, ci si entra, la si riscopre soltanto col digiuno. Perché vedete, il corpo sta sopra lo spirito, e c’ha un peso, e finché tu il corpo lo nutri, lo spirito è schiacciato. Il corpo ha paura di quella sofferenza che potrebbe trovare.
E allora c’è bisogno di fare una cosa: devi levare il cibo all’uno e lo devi dare all’altro, devi smettere di dare cibo al corpo e devi iniziare a dare cibo allo spirito.

Sapete quale è il cibo dello spirito?
E’ la sofferenza.
Oddio…. ma che, veramente?
Ma che sei uno di quei preti che se frusta?
De quelli che odiano le cose buone?

Ma guardate che c’è una sofferenza che è buonissima, c’è una sofferenza che è buona.
C’è una sofferenza che tu desideri, si chiama amore. O tu pensi forse che puoi amare senza soffrire?

Ti sei raccontato sta storiella fino ad oggi?
Non è così.
Non esiste in questa vita amore senza sofferenza. Per amare, necessariamente devi soffrire, perché per amare, il livello minimo dell’amore, è che metti un altro prima di te, che è già una sofferenza.

Ma quella sofferenza è bella, è bellissima, è il nutrimento dello spirito. E quello spirito, quando è nutrito, ti fa scoprire la tua vera fame.

Come questi uomini nel Purgatorio, che non possono mangiare, ma piano piano in sé ritrovano il gusto di quello che vogliono veramente: tornare a Dio.

Io una volta sono stato innamorato di una ragazza, in realtà stato innamorato di tante ragazze, però di questa so’ stato innamorato proprio serio. Siamo stati fidanzati quattro anni, ci volevamo sposare… è stata una cosa molto seria, molto bella. Ma quando però io mi sono scoperto innamorato di questa ragazza, lei era fidanzata, e io capivo che, non era manco un fidanzamento molto stabile il suo, ma io di entrare a gamba tesa su sta cosa non me la sentivo, un po’ ero pauroso di mio, che ne so, però non mi sembrava una cosa da fare.
E allora c’era un sacerdote con cui parlavo e gli chiedevo di aiutarmi in questo. Mi ricordo una volta: stavamo forse a Villa Pamphili, non mi ricordo, eravamo andati a correre, e lui mi disse sta cosa, mi disse: ”Ma tu la ami sta ragazza?” ”Si”
”Allora sei disposto a soffrire per lei?” Si”
“E allora aspetta”

Vi dico un cosa quella sofferenza è stata un digiuno e quel digiuno mi ha permesso di amarla poi per quei quattro anni. Come tanti altri digiuni mi hanno permesso di entrare nel seminari e nel presbiterato, di stare qui oggi davanti a voi. Se non entri nel digiuno il desiderio vero del tuo cuore non lo scopri, e se non lo scopri non combatte.

Capite questo è un dono che ci viene fatto nella carne. La carne nostra è il luogo dove posiamo incontrare Cristo e i nostri desideri.

Vi dico di più. E’ bello digiunare perché il primo digiuno lo devi fare dal peccato!

E quando inizi a digiunare un pochino dal peccato poi stai bene e sei contento.
Quella frase che si dice in Quaresima, che si prende dal Vangelo e che si usa per spiegare il digiuno durante la Quaresima, “quando digiuni profumati il capo

E certo che ti devi profumare il capo! Perché quando digiuni ritrovi te stesso e scopri che Gesù Cristo ti viene incontro nel tuo cuore. Lo Sposo si presenta alla porta del tuo cuore, e bussa alla tua porta!
E che tu non vuoi stare con il capo profumato con lo Sposo che ti cerca, che ti abbraccia, che ti dice i suoi segreti, che ti dà i suoi baci?

Guardate che i baci di Cristo sono belli, sono tanto belli !
E te li dà se tu glieli chiedi, ma devi entrare in un digiuno, perché devi ricongiungerti al tuo cuore.

Il primo che ha digiunato è stato Cristo: l’ha fatto per me e per te.

Sapete per i greci tre cose non potevano appartenere a Dio: il tempo, la libertà e la carne.

Il tempo perché le cose che stanno nel tempo cambiano, tu te lo immagini se Dio cambiasse idea…sarebbe un vero macello e Dio doveva essere stabile, il motore immobile.

La libertà, non era vista come una cosa buona, più o meno per lo stesso motivo: se sei libero puoi cambiare opinione, se sei libero puoi sbagliare e Dio non può sbagliare.

E poi la carne: la carne non poteva appartenere a Dio perché faceva schifo, perché nella carne ti ammali, nella carne muori, nella carne soffri.

 

Il tempo, la libertà e la carne: Cristo li ha presi tutti e tre!

Ha preso il tempo perché è nato, è cresciuto ed è morto.
Ha preso la libertà perché sulla croce ci è andato libero e ti ha amato perché ti voleva amare.
Ha preso la carne che era la tua realtà, per stare sempre vicino a te.

Il primo digiuno l’ha fatto Cristo: ha digiunato dall’impassibilità della divinità, per trovare, per rivelarci il vero desiderio di Dio, perché Dio c’ha un vero desiderio nel suo cuore e quel suo desiderio sei tu!

Allora questa è la grazia da chiedere stasera adesso davanti al Santissimo.
Che Dio ci dia il coraggio di entrare in questo combattimento, di entrare nel digiuno, di desiderare il digiuno santo, la sofferenza che nutre il nostro spirito.

l digiuno che ridona al nostro cuore i nostri veri desideri, perché con quei veri desideri possiamo andare incontro a Lui, che ha questo unico stesso nostro desiderio: stare con noi, perché noi siamo il suo amore, come Lui è il nostro, la nostra vera speranza.

A Lui l’onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen