Il vuoto

di Marco Negri

Un contrasto improvviso ci ha sorpreso e ci ha trovato impreparati a perdere ciò che adesso tiene in piedi la nostra vita.

Nel giro di poche settimane qualcosa ci impone di misurare le cose con delle metriche che non corrispondono più alle unità di misura alle quali eravamo abituati.

I medici nelle corsie di ospedale fanno le radiografie ai malati per individuare il male che li affligge mentre chi è a casa, chiuso nella sua stanza, scopre il suo vuoto.

Sembra un colpo mortale al vivere comune come lo abbiamo sempre inteso ma anche all’ostinazione dell’uomo di costruirsi il senso delle cose in proprio e pensare di non aver bisogno di uno scopo ultimo.

Un esercizio che il progresso moderno considera un’opzione da scartare, che impedisce di succhiare fino in fondo senza pensieri il midollo dell’oggi, riempito di tante cose che ritagliano una prospettiva ben precisa su cosa sia bene e su cosa sia male.

Un contrasto inaspettato, un’eclissi improvvisa del proprio sole, abbagliante fino ad un attimo prima, ma che riavuta la vista, lascia intravvedere il vuoto.

Vuoto fatto di tante cose che c’erano prima ma che adesso non ci sono più e che un uomo che non si fida più di sé stesso, stenta a sperare che possano ritornare uguali a prima.

Perfino le chiese sono diventate improvvisamente inutili, quasi pericolose, e anche in esse sembra regnare un gravido senso di vuoto.

La Santa Eucarestia non viene data perché può “far male” a chi la riceve, la medicina del mondo ci può far ammalare.

E in tutto questo il nemico dell’uomo, che molto spesso è l’uomo stesso, cerca come sempre, di trovare un colpevole a cui addossare la colpa per ciò che ha perduto. E questo vuoto nel quale è caduto, per riemergere è tentato ancora di riempirlo giustamente delle stesse cose come il lavoro. Cose materiali, cose da fare, cose che gli spettano di diritto, tutte misurate con la prospettiva di prima, ma con un interrogativo che fa pensare che forse bisognerà trovarne una nuova, dopo da questo momento, per il futuro.

Il nemico dell’uomo che in questa situazione di sbandamento globale, oltre alle vite delle persone sembra volerne anche l’annientamento spirituale ha forse fatto male i conti e ha travalicato il proprio confine.

Sembra che nel voler chiudere il cerchio, provocando il maggior danno possibile stia sortendo l’effetto opposto.

Il male che per noi cristiani si chiama demonio è venuto palesemente allo scoperto in un teatro grandissimo e ora lo vedono tutti.

Anche chi non è cristiano percepisce la sua presenza vedendo le chiese chiuse, capisce che la domenica senza la messa è una cosa grave anche per lui, anche se non vi ha mai partecipato. E poi le agghiaccianti impossibilità di vedere i propri defunti, lasciati andare senza il funerale. Ci è stata tolta la Settimana Santa, il cuore della nostra fede, che non è una perdita da poco e che non sarà di certo colmata dallo streaming. La veglia Pasquale, la santa messa delle Sante Messe per il popolo non ci sarà. La Pasqua che praticamente non viene celebrata se non individualmente, anche per chi non crede risulta un avvenimento inquietante. Il nostro nemico ha proprio esagerato!

Adesso tutti chiusi in casa ci siamo fermati a riflettere e forse finalmente a capire che Dio non centra niente con tutto questo, anzi considerando anche la possibilità di una premeditazione diretta della mano dell’uomo nello scatenamento di tutto questo, ci stiamo ammorbidendo sul concetto di peccato che da individuale, ora forse siamo più propensi a considerarlo una ferita universale allargata all’intero genere umano. Abbiamo cioè l’evidenza in questi tristi giorni di prova che nessuno può considerarsi esente e che il male che ognuno commette ha una ripercussione inevitabile nel mondo intero.

Ma il nemico ha fatto i conti senza l’oste e ha scatenato incautamente una pandemia virale di preghiera. Voleva far cadere nel vuoto l’umanità senza sapere che dove c’è il vuoto Dio corre come un torrente in piena a riempirlo, come ha riempito il vuoto di umiltà di Maria per salvare il genere umano. Chi può pensare adesso che non ci sia bisogno di salvezza?

Nella mia piccola realtà dove vivo ho visto persone che conosco che adesso non si vergognano di dire il rosario, qualcuno non l’aveva mai recitato e lo dice in famiglia. So di un amico che lo dice mentre va a fare la spesa col furgone lungo il tragitto che lo separa dal supermercato e mi dice: < sai, nel recitarlo mi piace l’idea che il Signore non possa dire che lungo questa strada non si preghi, come nel mio cantiere o in attesa in farmacia. E´ come spargere un disinfettante e lasciare una scia dietro di me che aiuta tutti in questo momento>.

Quattro giorni fa ho saputo che un uomo che conosco, dopo due anni di collera atroce e ossessiva verso due colleghi, amici da 18 anni, e che gli destavano ogni giorno pensieri vendicativi, ha telefonato prima a uno e poi, ricevuto un messaggio, ha chiamato l’altro per sentire come stavano e avere notizie delle famiglie.

Le chat di WhatApp sono piene di preghiere e di richieste di preghiera e anche le più goliardiche come quella del mio gruppo del calcio, dove si ha di solito l’orticaria a parlare di religione, in questi giorni si tifa e si prega in particolare per due ragazzi giovani del nostro comune intubati in ospedale.

Senza pesare alle innumerevoli iniziative sulla rete che diventano un enorme esercizio spirituale.

Ma questo è sicuramente poca cosa rispetto alla grande preghiera di sacrificio di chi muore, soprattutto dei nostri anziani, ammalati, soli, forzatamente abbandonati, e che muoiono senza vedere i loro cari.

E´ la grande preghiera che sono sicuro, il nemico dell’uomo non si aspettava.

Si perché questo vuoto lo stanno riempendo loro, con la preghiera unanime che recita più o meno così: < Signore ho fatto tanta strada, in fondo è meglio che sia capitata a me e fa che non capiti ai miei figli e ai miei nipoti. Pago io per loro. Ricordati.> E´ la preghiera del samaritano.

Son sicuro che è così, li conosco, e una volta riempito questo vuoto allora davvero non sarà più come prima.