La nostra formazione alla preghiera è per Grazia

Trascrizione catechesi 3 gennaio 2022 all’incontro mensile del Monastero WiFi di Roma.

Vi ricordo che lunedì 20 alle 20:30 ci sarà l’incontro di febbraio al Battistero di San Giovanni in Laterano con don Giuseppe Falabella.

di Madre Elena Francesca

La preghiera del tempo della Chiesa è la nostra preghiera di oggi. Di noi che abbiamo ricevuto il dono del battesimo, credo di tutti noi che siamo qua o che vogliamo riceverlo se qualcuno ci fosse di non battezzato.
Quindi siamo popolo di Dio che cammina nella storia con un capo che è Cristo Signore.
La nostra storia di Chiesa di oggi però è stata preparata da millenni di cammino ed è bello che questo forse lo avete un pochino ascoltato negli incontri precedenti. Questo penso ci da molta forza. Ci da molta fiducia sapere che siamo stati preceduti da un fiume di preghiera e che ci immettiamo in questo fiume di preghiera che nasce millenni fa.

Vi è stato detto credo, citando dal catechismo che da sempre Dio chiama l’uomo al dialogo con sé, dunque da sempre la preghiera abita la storia dell’uomo, con più o meno consapevolezza dalla parte dell’uomo, però da sempre c’è questo filo invisibile ma solidissimo che lega il cielo alla terra e la terra al cielo, cioè che ci ancora al cielo e che è la nostra salvezza.
Cristo, nascendo nel tempo, e l’abbiamo visto e lo stiamo vedendo in questi giorni di Natale, ha raccolto questo antico desiderio, che accompagna il cuore dell’uomo di tutti i tempi, che ha accompagnato sempre la storia dell’uomo, di vedere il volto del Padre.
Nel Vangelo Cristo lo dice: “Chi ha visto me ha visto il Padre”
Desiderio che attraversa tutto l’Antico Testamento questa ricerca del volto di Dio, che finalmente in Cristo si è reso presente. Gesù si è reso visibile e ci ha insegnato a pregare. Ci ha insegnato con quale atteggiamento pregare, con quali parole pregare.
Dopo la Sua ascensione al cielo ha mandato lo Spirito ed il catechismo insiste molto sulla presenza dello Spirito nel tempo della chiesa che stiamo vivendo noi oggi.
Lo Spirito abita il cuore dei credenti e, dice il CCC al n.2623, ci forma anche alla vita di preghiera.
La nostra formazione alla preghiera è per Grazia e per opera dello Spirito.
Ricordando una parola S.Paolo ai Romani, Rm 8, 14-15: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella pauraa avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre”.

Quindi lo Spirito grida nel cuore dei credenti, cioè preme verso la preghiera, spinge alla preghiera, anche non volendolo noi: cioè c’è questa urgenza dentro.

Se la soffochi si crea un disagio perchè siamo fatti per questo, per questo dialogo.
Lo Spirito spinge al punto da far diventare questo dialogo grido. Ancora S.Paolo dice: “Nessuno può dire Gesù è il Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo”
(I Corinzi   12,3)

Dunque è lo Spirito, primo dono ai credenti in forza del battesimo, che ci abilita a nominare il nome santo di Dio.
Oggi, 3 gennaio 2002, per tutta la chiesa è il Santissimo Nome di Gesù. Noi francescane la viviamo con un’intensità particolare perché è S.Bernardino da Siena, frate minore, che ha diffuso questa devozione in modo particolare.

Quindi riusciamo a dire questo nome grazie allo Spirito che ci abita.
Noi sappiamo che per gli Ebrei il nome di Dio è impronunciabile ancora oggi.
Noi invece abbiamo questo grande privilegio di poterlo pronunciare, di poter chiamare Dio per nome, di più di poterlo chiamare Padre, anzi meglio ancora, di poterlo chiamare papà, che è la traduzione esatta della parola ebraica Abbà, che Gesù stesso ci consegna nel Vangelo.

Ripeto è un privilegio.
Non tutte le religioni hanno questa possibilità di rivolgersi a Dio con questa familiarità.

Ecco, questo è un po’ come una piccola introduzione per entrare nell’argomento di questa sera con tutta la fiducia, la confidenza, la spontaneità anche, con cui potremmo accostarci ad una persona familiare, che ci è particolarmente prossima, un papà, appunto.

D’altra parte, però, essere Chiesa significa anche ricevere questa eredità di millenni che ci precede. Cioè non stiamo inventando tutto noi, c’è qualcosa che ci precede, che va ascoltato e che non va trascurato.
Con la nascita di Gesù, questo fiume di preghiera ha acquistato una fisionomia più precisa, argini più definiti, ci ha insegnato a pregare con parole precise, con un atteggiamento più preciso.
All’interno di questi argini, poi a ciascuno di noi è lasciata tutta la libertà espressiva che possiamo immaginare, anzi è dovuta una libertà espressiva. Ma, nello stesso tempo, c’è, come dire, questa obbedienza ad un argine che ci viene consegnato.

Quindi pregare come famiglia di Dio, pregare come popolo di Dio, mi sembra che significhi stare dentro ad una tensione: da una parte ricevere dalla Chiesa le parole con cui pregare, con cui rivolgersi a Dio, che trovano ispirazione, principalmente, nella Sacra Scrittura, vedi per esempio le parole dei salmi.
Celebreremo compieta alla fine di quest’incontro e la Chiesa ci consegna le parole con cui pregare, nei salmi no? Oppure per esempio nei cantici evangelici di lodi, vespri, compieta che anche oggi celebreremo stasera.
Il Catechismo ci dice poi che nel corso dei secoli, e qui cito: “lo Spirito ha guidato la Chiesa suscitando nuove formulazioni che si svilupperanno nelle grandi tradizioni liturgiche e spirituali. Le forme della preghiera, quali sono espresse negli scritti apostolici e canonici, rimarranno normative per la preghiera cristiana”

Cioè la Chiesa dà norme per la preghiera.
Per pregare come si conviene, per stare attenti a pregare senza sbavature che possano poi finire, anche inavvertitamente, nell’eresia.
Si può pregare anche da eretici. Quando poi parleremo delle forme della preghiera, sarà più chiaro.
Quindi ci sono forme di preghiera suggerite dalla Chiesa, la quale a sua volta le riceve dallo Spirito, che dobbiamo sapere accogliere in obbedienza fiduciosa, perché teologi, liturgisti, biblisti, le hanno pensate per noi, cioè sono frutto di studio, di preghiera, di riflessione, di confronto e la Chiesa le ha raccolte in quelle formule che poi ascoltiamo durante la celebrazione eucaristica, nelle parti del breviario che non sono poi desunte dalla Sacra Scrittura.

D’altra parte dobbiamo anche lasciare libero lo Spirito dentro di noi di pregare Dio, con le nostre parole. In questo senso dicevo una tensione: tra parole che riceviamo e parole che devono nascere dentro di noi.
Ripeto, una tensione che deve rimanere viva, però, non possiamo soffocare né l’una né l’altra delle due parti in tensione.
I nostri sentimenti, le nostre emozioni, le nostre paure, le nostre domande, devono diventare preghiera, perché la preghiera non resti una serie di formule estranee a noi, esterne a noi.
Anche perché Dio le conosce, lui ci legge dentro e sa cosa portiamo dentro e ama sentirselo dire.
Magari molti di voi sono genitori, no? E avrete provato come è importante quando tu intuisci che nel cuore del figlio c’è qualcosa e finalmente te lo dice! E’ liberante, dà soddisfazione, aiuta no?

A questo riguardo possiamo distinguere due momenti nella preghiera della Chiesa: la preghiera liturgica, di carattere pubblico, per esempio la compieta che celebreremo stasera, la celebrazione eucaristica che è preghiera di tutta la comunità, che è preghiera che si vive insieme.
Il Concilio, Sacrosantum Concilium che è una delle costituzioni consiliari sulla sacra liturgia,  dice che nella preghiera pubblica, ogni battezzato, ognuno di noi si fa voce della sposa che parla allo sposo.
Dove la sposa siamo noi, la Sposa è la Chiesa, quindi ciascuno di noi, e lo Sposo è Cristo e quindi è preghiera che facciamo a nome di tutta la Chiesa e di qui l’importanza di armonizzare le nostre voci, cioè di essere coro e non voci isolate, perché ne risulti un’armonia di voci che sale al Padre.
Dall’altra parte, poi, c’è la preghiera personale che è quella che innalziamo a Dio nell’intimo del cuore, no?
Nel silenzio della nostra stanza.

Anche per noi monache questo è importante. Abbiamo sette momenti di preghiera quotidiana insieme, dove preghiamo il breviario -quindi quello che la Chiesa ci consegna ogni giorno- e poi un’ora e mezza, anche due ore, di preghiera personale, dove ciascuna si ritira nella propria cella, oppure si ferma in coro, oppure va altrove, ma prega personalmente con ciò che lo Spirito le suggerisce in quel momento e anche prega PER, e lo vedremo, ma anche semplicemente manifestando a Dio ciò che si porta dentro.
Ed è un momento importante, perché ripeto, la preghiera non resti qualcosa che ci passa sopra o non ci coinvolge.

Sempre Sacrosanctum Concilium al n.12 dice: “La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia. Il cristiano infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, – e ripeto è importante-  è sempre tenuto ad entrare nella propria stanza per pregare il Padre in segreto”.
E’ sempre tenuto, dice il Concilio, ed è un dovere bello, perché stare con una persona che ami è bello. Quindi la preghiera deve sempre avere questo doppio respiro- insisto un pochino perché è importante: deve farsi portavoce del creato intero, deve raccogliere il palpito di tutta la Creazione, che san Paolo dice ”geme e soffre in attesa della Redenzione”, ma poi sapersi anche ritirare nel proprio intimo e ascoltare il proprio cuore e presentarlo a Dio nella sua verità.

Lo Spirito, dicevo, che è il grande animatore della vita di preghiera oggi, nel tempo della Chiesa, da una parte ci raccoglie come Chiesa, ci chiama – voi avete risposto ad un invito di Costanza per essere qua stasera-  in realtà il grande attore di questo momento è lo Spirito Santo a cui lei ha obbedito, con l’intuizione di questo cammino di catechesi, e voi avete a vostra volta obbedito, ma stiamo tutti obbedendo allo Spirito, speriamo, perlomeno, in questo momento.
Lo Spirito ci chiama e ci educa ad essere assemblea, a pregare come assemblea. Dall’altra parte lo Spirito sussurra dentro di noi le parole giuste perché ciascuno possa personalmente rivolgersi al Padre, e va ascoltato anche in questo movimento più intimo.
Quindi dobbiamo imparare ad essere assemblea che prega, magari con parole che in quel momento di per sé non direbbe – a volte ci troviamo a pregare salmi di Lode, è un’esperienza che facciamo tutti, con dentro un tormento, un disagio, un’angoscia.
A quel punto stiamo prestando la voce a un fratello che non sa, che non vuole, che non può pregare, e ci stiamo facendo voce sua, e quindi è importante starci dentro  a quella apparente contraddizione di una preghiera che non risponde a quello che mi porto dentro. Dall’altra parte è bene che anche quello che mi porto dentro venga espresso e non  rimanga dentro, in qualche modo venga detto al Padre.

Ricordo che è solo facendosi come bambini che si ha sicuro accesso al Regno dei Cieli. I bambini li conosciamo per la loro immediatezza, non hanno filtri. E noi davanti a Gesù dovremmo essere un po’ così, senza filtri. Dall’altra parte ci dobbiamo ricordare che non si entra nel Regno dei Cieli da soli, ma sempre come fratelli, figli di un unico Padre. Non ci si salva da soli.
Questa voleva essere solo l’introduzione ai vari momenti, alle varie forme di preghiera che questo capitolo del Catechismo elenca, e che adesso semplicemente rileggo con voi.

Prima parla della PREGHIERA di BENEDIZIONE e dell’ADORAZIONE
e mi ha interrogato il fatto che il Catechismo –confesso che l’avevo letto tutto a suo tempo, quando è stato pubblicato, però mi ha fatto bene doverlo rileggere per voi perché certe cose non le avevo al momento colte come in questi giorni- tratti di benedizione ed Adorazione insieme, mentre agli altri momenti di preghiera dedica un paragrafetto singolo, e mi sono chiesta perché.
La risposta l’ho trovata nel fatto che sono i due modi di stare di fronte a Dio che dicono pura gratuità, la benedizione e l’Adorazione.

La gratuità è una cifra importantissima nel rapporto con Dio, che ci ha creati e ci ha redenti in modo assolutamente gratuito, senza alcun merito da parte nostra  e ci vuole ammettere in questo circolo di amore disinteressato che è il respiro della  Trinità, questa donazione continua tra Padre e Figlio per lo Spirito Santo, senza alcun interesse se non quello di un Amore reciproco in cui ci vogliono tirare dentro, per cui sempre dove c’è puzza di interesse, non c’è Dio.

Dove c’è gratuità c’è Dio, almeno questa è la mia esperienza. Gesù lo suggerisce: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, ed è vero che gratuitamente abbiamo ricevuto.
La benedizione dice il catechismo, esprime il moto di fondo della preghiera cristiana, il moto di fondo. E’ un movimento, la benedizione, che va da Dio verso l’uomo e dall’uomo verso Dio.
E’ un movimento in una duplice direzione. Dio ci dona gratuitamente la sua benedizione, dicevo della gratuità, perché ci ama, e quando ami non puoi che dire bene.
Anche di fronte al nostro peccato, la benedizione di Dio resta, non la cancella il peccato. San Paolo ai Romani :”Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà?”
Dio è Colui che ci giustifica, l’accusatore è un altro. Dio cerca sempre di riportarci a Lui giustificandoci; anche la giustizia è un attributo di Dio; ma Dio fa giustizia, ci giustifica, per riportarci a Lui.
Quindi il primo movimento nella preghiera di benedizione, è di Dio, l’iniziativa è  Sua, ed è di benedizione su di noi.

Il dialogo prevede una risposta da parte nostra, che è la nostra benedizione piena di stupore e di gratitudine per la benedizione ricevuta da Dio. La prima frase è la Sua, è una benedizione che scende dall’alto su di noi; la seconda è la nostra risposta alla Sua benedizione.
Il catechismo dice: poiché Dio benedice, il cuore dell’uomo può rispondere benedicendo Colui che è la sorgente di ogni benedizione. Sembra un gioco di parole , invece è una cosa molto bella, Lui ci mette in grado di benedire perché prima ci ha benedetti, e ci abilita a benedirLo.

Inoltre il Catechismo ci dice che ci sono due forme per la preghiera di benedizione, da parte nostra, da parte dell’uomo:
C’è la benedizione verso Dio, Lo benediciamo perché ci ha benedetti, ma c’è anche la richiesta di benedizione da parte Sua, e sembra una contraddizione , che Lui ci chieda di chiedere ciò che già ci vuol dare. Ma il rapporto con Dio è un po’ così: Lui vuole sentirci chiedere quello che è già disposto a darci, perché ci vuole partecipi in questo dialogo con Lui, non ci vuole passivi; per cui aspetta da noi la richiesta di ciò che Lui già vuole donarci.

Santa Faustina Kowalska, che conoscerete credo, nel suo diario riporta questa frase detta da Gesù:  “Ho le mani piene di doni, ma nessuno me li chiede”. E voi potreste dirmi : “ E perché non ce li da lo stesso?” Perché per esperienza che facciamo anche noi, se tu fai un dono a chi non capisce il senso del dono che stai facendo, è un dono sprecato, non viene neanche raccolto.

La preghiera di adorazione che, dicevo, il catechismo legge insieme alla benedizione, e a me appunto sembra per la gratuità che la contraddistingue, dice il catechismo, “ è la disposizione fondamentale dell’uomo , che si riconosce creatura davanti al suo Creatore”. E’ molto bello questo. Noi adoriamo. Stasera purtroppo non c’è adorazione; cioè , l’adorazione c’è perché il Santissimo c’è; non ci sarà l’esposizione perché non c’è don Pierangelo.
E’ molto bello perchè, dicevo della gratuità prima; Dio si dona in assoluta gratuità nelle specie eucaristiche. Si è donato in assoluta gratuità 2000 anni fa; il Natale, che stiamo ancora celebrando, ce lo ha ricordato. Il padre  San Francesco dice che ogni giorno Lui si dona nell’Eucaristia.

Quindi questo movimento di discesa verso l’uomo è continuo, anche concretamente continuo; non c’è solo la Sua visita nel cuore in modo più spirituale, perché l’Eucaristia, che è la concretezza di Dio per noi, è quotidiana, come lo è stato il Natale 2000 anni fa, il primo Natale. E si dona senza merito da parte nostra. Lui continua a venire. Addirittura la teologia morale ci insegna che , anche un sacerdote in peccato, celebra una messa regolare, cioè la consacrazione è valida, proprio perché è gratuito il donarsi di Dio : non è una risposta al peccato dell’uomo, se no staremo freschi.

E sceglie un modo fragile di donarsi, lo ha scelto 2000 anni fa e lo sceglie oggi attraverso il pezzo di pane con cui si rende presente sull’altare.
A questa piccolezza è dovuta la nostra adorazione, a questa fragilità, a questa povertà; poi noi lo esponiamo in modo solenne, con canti, luci e candele, e tutto questo sottolinea la solennità, l’importanza di quel pezzo di pane.
La solennità dell’esposizione non maschera la fragilità del segno che è tanto bella, perché ci aiuta a vederci in quel pezzo di pane nella nostra povertà e a non averne paura.

Il verbo adorare è un verbo bellissimo, perché ha la radice latina, os-oris, che vuol dire bocca, quindi adorare vuol dire portare la bocca verso, baciare.
E’ un verbo bellissimo perché dice affetto, dice passione, trasporto amoroso. Il bacio è una manifestazione d’affetto molto intima. Questo sarebbe la preghiera di adorazione, questo intimo a tu per tu con Dio, quindi l’adorazione è un atto d’amore in risposta al dono d’amore di Dio per noi. Per quello chiede silenzio e chiede anche silenzio della mente perché in un atto d’amore non si pensa, non si parla, ci si guarda e basta. Per questo noi in genere educhiamo a non leggere chissà che cosa durante l’adorazione, forse la Sacra Scrittura, ma sarebbe bello stare in contemplazione davanti a Lui.

Poi seconda forma di preghiera che il Catechismo prevede: la PREGHIERA di DOMANDA.
Se siamo figli amati, se siamo figli benedetti, allora sarà spontaneo chiedere a Dio ciò che ci serve, semplicemente esporre a Lui i nostri bisogni e Lui, ripeto, vuole questo, aspetta questo da noi.
Però è interessante quanto dice il CCC : “la domanda del perdono è il primo moto della preghiera di domanda, essa è preliminare ad ogni preghiera giusta e pura”.
Cioè il Catechismo ci insegna ad iniziare la preghiera di domanda chiedendo perdono perché siamo figli amati ma pur sempre fragili, lo dicevamo prima. Sempre ci sarà qualcosa nella nostra preghiera che la inquina, che deve essere purificato, corretto, una traccia egoistica che appunto inquina la preghiera, che la rende meno gratuita.
Ripeto, la gratuità è essenziale nel rapporto con Dio. Il Catechismo ci ricorda che Gesù ci esorta a cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, nella fiducia che tutto il resto ci sarà poi dato in sovrappiù. Allora chiediamoci: quando chiediamo qualcosa a Dio, stiamo veramente cercando il suo Regno e basta? Cioè cosa soggiace, cosa sostiene la nostra preghiera, quanto di interesse personale la abita? In modo anche abbastanza inavvertito, per quello che  bisognerebbe rendere esplicita, a volte, l’intenzione profonda della preghiera, senza nulla di male in questo. Magari l’interesse nostro è lo stesso di Dio, lavoriamo nella stessa direzione, ma magari no, magari stiamo chiedendo qualcosa che in quel momento, in quella situazione particolare, non fa l’interesse di Dio e se siamo un attimo onesti lo dobbiamo riconoscere.

Faccio un esempio sciocco ma vero, reale, quindi non tanto sciocco. Tanti anni fa un ragazzo che si era innamorato di una donna sposata pregava perché il matrimonio andasse male. E’ un esempio  estremo, reale, per dire come a volte la preghiera  è inquinata da interessi personali e quindi non può essere ascoltata. E’ un caso estremo, a volte ci sono molto più sottili interessi personali che vanno smascherati e che magari il Signore vuole solo siano smascherati e visti e poi basta, si va avanti. Basta solo che sappiamo dircelo che dentro c’è anche quell’aspetto, per questo la preghiera di perdono deve essere la prima.
Nella S.Messa iniziamo con l’atto penitenziale il dialogo con Dio, la prima cosa che diciamo nella messa è “Signore pietà”, non a caso per purificarci, prima di ascoltare la parola, ricevere l’Eucarestia.

Un altro spunto importante che viene da questo paragrafo del Catechismo, rispetto alla preghiera di domanda, è che il Nuovo Testamento non contiene preghiere di lamentazione, frequenti, come è invece, nell’Antico Testamento. Anche questo è interessante, questo perché Cristo è risorto, ha vinto la morte, ha vinto il peccato, perciò, dice il Catechismo, ogni domanda della Chiesa è sostenuta dalla speranza. La nostra domanda, qualsiasi essa sia, deve essere sempre illuminata dalla luce della resurrezione che è avvenuta una volta per sempre, che fa del nostro Dio un Dio assolutamente affidabile. Un Dio così non può tradire, non può mentire, non può deludere e quindi ci deve animare questa speranza certa che la preghiera che noi stiamo ponendo davanti a Lui, una volta purificata, verrà esaudita. Si tratta di aspettare i tempi e di saper leggere i modi  di Dio, che sono spesso diversi dai nostri.

Ancora, un ultimo spunto del Catechismo: “Cristo è glorificato dalla domanda che noi rivolgiamo al Padre nel suo nome”. Cioè Cristo è contento (glorifichiamo possiamo leggerlo così) quando noi chiediamo al Padre nel suo nome.
Se la gloria di Dio è la manifestazione della sua grandezza, della sua potenza, della sua maestà, allora chiedere nel nome di Cristo vuol dire dargli la possibilità, dargli modo di manifestare questa grandezza.
Lui ci dice nel Vangelo: “qualunque cosa chiedere nel nome io la farò perché il Padre sia glorificato nel figlio”.

Dicevo prima, quando ci sembra che non ci stia esaudendo, fidiamoci, aspettiamo, non scoraggiamoci e cerchiamo di leggere quello che sta facendo, con l’aiuto di qualcuno, l’aiuto della parola, per andare un po’ oltre la risposta immediata che noi vorremmo vedere, perché magari ci sta rispondendo in un modo più grande ancora, che in quel momento non riusciamo a vedere, e ripeto un po’ bandendo la preghiera di lamentazione, ci dice il catechismo.
Una precisazione però: non è che dobbiamo mentire. Se la preghiera di lamentazione sale alle labbra va bene, ci sta (ho detto che bisogna essere sinceri) ma nel sottofondo ci deve essere sempre una speranza certa, che Dio è Dio ed è invincibile. Punto.
Se mi lamento lo faccio però con questa roccia che non si muove e che sostiene la mia vita spirituale, con fede nell’onnipotenza di Dio.
Una frase di San Giacomo che illumina meglio quello che stiamo dicendo: (Gc 4,3) “Chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri”. Leggete: per i vostri interessi personali.
A volte chiediamo male, per questo la preghiera va purificata e va letta la risposta da parte di Dio come una correzione della preghiera.
È molto denso questo capitolo.

LA PREGHIERA di INTERCESSIONE
L’intercessione è una particolare preghiera di domanda che noi rivolgiamo a nome di un altro, preghiamo “per” qualcun altro, che, dice il catechismo: ci conforma da vicino alla preghiera di Gesù che è l’unico intercessore presso il Padre in favore di tutti gli uomini.
Ancora: l’intercessione cristiana partecipa a quella di Cristo. Intercedere  = chiedere è la prerogativa di un cuore in sintonia con Dio, questo ci dice il catechismo.
L’unico grande intercessore è Gesù, la nostra preghiera di intercessione è partecipazione alla sua.
Il verbo intercedere etimologicamente vuol dire mettersi in mezzo, “inter-cedere” stare in mezzo. L’intercessore è colui che si mette in mezzo, che si fa garante di un altro, che parla e si muove a nome di un altro, che è esattamente ciò che ha fatto e continua a fare Gesù che siede alla destra del Padre e intercede per noi (Romani).

Potrebbe venire spontanea una domanda: se Gesù intercede per noi, che bisogno c’è che intercediamo noi per qualcun altro?
Ha senso la nostra preghiera di intercessione se lui, Gesù, che già è nella realtà più piena già intercede per noi, per tutti gli uomini (cosa di più e di meglio possiamo chiedere noi rispetto a quello che può chiedere lui ?).
La risposta la vedo in quel “SEGUITEMI” di Gesù che rivolge ai primi apostoli quando li chiama sul lago di Tiberiade, che ha rivolto a noi (che siamo qua), che ha rivolto a voi, siamo tutti alla sequela di Gesù, che intercede, e della preghiera fa parte la sequela come missione che il Padre ci affida (alla sequela di Gesù).
Seguire Gesù non vuol dire solamente prendersi cura degli infermi come ha fatto lui, usare misericordia ai peccatori come ha fatto lui, vuol dire ance pregare come ha fatto lui e come continua a fare lui.
Quindi intercedere vuol dire partecipare alla sua missione ancora oggi, che è ciò che lui aspetta da noi, prolungare la sua missione nella vita della Chiesa.
Il catechismo ricorda che Gesù ha pregato sulla croce per i suoi uccisori. La preghiera di intercessione raggiunge il suo apice e la sua maggiore espressione di gratuità nella preghiera per i nemici.

Nemici che tutti noi abbiamo a vario titolo, anche senza pensare a persecuzioni chissà di quale importanza. Credo che nemico si può definire chiunque in qualche modo interferisca nella nostra vita mettendoci dei bastoni tra le ruote a vario titolo: sul lavoro, in famiglia tra gli amici.
Se vogliamo essere alla sequela in modo autentico, dobbiamo saper pregare per chi ci fa del male.
Quello è il momento più alto della nostra preghiera di intercessione. Quando chiediamo il bene per chi ci fa del male…..e questo non a caso il Catechismo lo ricorda.
Quindi la preghiera di intercessione dovrebbe farci sentire tutta la dignità e la responsabilità di essere dei battezzati che continuano la missione di Gesù.
Questo penso sia molto bello perché magari per tante altre azioni che animano la vita della Chiesa siamo impreparati, non c’è tempo, non c’è modo, non ci sono forze. Penso alle persone anziane, ma la preghiera è per tutti, nessuno è talmente impedito nella vita da non poter pregare.
E se anche, come capita quando stai veramente male, non riesci a pregare verbalmente, puoi offrire e offrire la tua sofferenza per ….che è una bellissima preghiera di intercessione e quindi sottolineo questo aspetto della sequela, che magari sfugge,  però è tanto importante.
Noi abbiamo sorelle anziane in infermeria ed il frutto della loro offerta per la vita della comunità solo Dio lo conosce, ma anche di tutti i vecchietti negli ospizi, le persone sole che ti pregano il rosario non so quante volte al giorno, la vita della Chiesa è sostenuta da queste anime, invisibili peraltro.

Le ultime due, molto bello, PREGHIERA  di RINGRAZIAMENTO e PREGHIERA di LODE.
Ho quasi finito eh.
Anche la preghiera di ringraziamento è partecipazione al Grazie di Cristo al Padre, quel grazie che trova la sua espressione più piena e perfetta nella celebrazione Eucaristica; il verbo eucaristeo greco, vuol dire proprio, rendere grazie, ringraziare, e l’Eucarestia ha tratto la sua definizione dal verbo eucaresteo. Forse non ci rendiamo conto anche noi che tutte le volte che partecipiamo alla Messa ringraziamo, cioè il venire alla Messa è un atto, chiede da parte nostra un atteggiamento di ringraziamento. Il Catechismo ci dice che l’azione di grazie caratterizza la preghiera della Chiesa, la quale celebrando l’Eucarestia manifesta e diventa sempre più ciò che è.

Ciò che dice della Chiesa lo dice di ciascuno di noi, cioè ogni eucarestia ci spinge sempre più ad essere ciò che siamo, sempre più noi stessi, ci conforma sempre più alla verità di noi stessi. Se l’eucarestia è un’azione di grazie e se partecipare all’Eucarestia ci aiuta a diventare sempre più ciò che siamo, vuole dire che la verità più profonda di noi stessi dovrebbe essere un ringraziamento continuo, se è vero quello che il Catechismo ci dice, che il ringraziamento dovrebbe essere il nostro stabile ed abituale atteggiamento interiore di battezzati, di cristiani.

Prima dicevamo, il Catechismo dice che la preghiera di lamentazione è scomparsa nel NT e la si trova solo nel AT e chiediamoci “e nella nostra vita??”, quanto prevale una preghiera di lamentazione rispetto al ringraziamento. Quanto cioè riesco a mantenere un costante grazie in fondo al cuore, come dicevo prima, come atteggiamento di fondo, poi in superficie c’è la varietà dei sentimenti che affiora alle labbra anche e che ci sta anche la preghiera di lamentazione, ma deve sempre essere appoggiata nella verità più profonda di un grazie continuo per il dono della vita, per il dono della salvezza, per i tanti doni che sono sicura che ciascuno di noi si sente benedetto se con onestà guarda la propria vita . Ripeto anche il fatto che siamo vivi che siamo qua, merita un grazie il Signore per questo.

In ultimo la PREGHIERA DI LODE che è strettamente legata a questo atteggiamento di gratitudine; l’unica differenza è che la gratitudine presuppone un dono ricevuto, è una restituzione: “io sono grato per qualcosa che ho ricevuto”,  mentre la Lode è gratuita.
Il CCC dice la Lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio.
“ LO CANTA PER  SE STESSO, GLI RENDE GLORIA, PERCHE’ EGLI E’, A PRESCINDERE DA CIO’ CHE EGLI FA” ( è scritto così, tutto maiuscolo nel CCC).
Lo Si loda non perché si è ricevuto qualcosa ma perché è Dio e ne è degno, è degno della nostra lode.

Si conclude dunque il percorso ritornando a quella cifra sicura e certa del nostro rapporto con Dio che è la Gratuità, che è come fosse un “pass “per entrare nel dialogo vero con Dio.
Stiamo però attenti a non costruire un rapporto utilitaristico, sulla base del vantaggio che riceviamo da Lui, dei doni che riceviamo da Lui, perché  questo è veramente avvilente.
Va riconosciuto a Dio che Dio c’è, che Dio esiste, a prescindere da quello che fa nella mia vita. Questo già di per sé basta, perché mi fido del fatto che se Dio è Dio mi farà del Bene, mi sta facendo del bene!

Lo dico nella consapevolezza che ci sono delle situazioni, che magari state vivendo anche voi, in cui è molto difficile riconoscere questo, però qui si gioca la verità  della nostra Fede, cioè nella capacità di andare oltre la mia situazione di questo momento, anche se penosissima per riconoscere comunque , la grandezza, la bellezza e la bontà di Dio e  rimanere ancorati a Lui a ragione di questa grandezza, a prescindere da quello che mi sta capitando.

Il CCC dice che la Lode integra le altre forme di preghiera e le porta verso Colui che ne è la sorgente e il termine.
L’ha messa alla fine del CCC, perché la vedo un po’ come un riassunto di tutte  le forme di preghiera, come se le contenesse tutte.
Noi benediciamo, adoriamo, supplichiamo, preghiamo domandiamo, Colui, dal quale tutto dipende e la Lode, secondo il CCC  è un modo di riferire tutto a Lui. Qualsiasi altra forma di preghiera e qualsiasi atteggiamento interiore, dare Lode a Dio significa riconoscere che Dio è Dio.

Forse di fronte a Lui, con questa certezza interiore, riusciamo ad ammettere la nostra piccolezza di creatura che ha bisogno i Lui per Essere, per Esistere.

Se è dunque vero che la Lode integra tutte le forme di preghiera, a questo punto la  nostra Vita deve diventare un sacrificio di Lode costante, ripeto con parole diverse a seconda di quello che abbiamo dentro, ma con una certezza granitica interiore che Lui ci è Padre e ci custodisce al Meglio.

Tutta la nostra vita deve diventare occasione di relazione con Lui, pregare alla fine vuol dire vivere tutto di fronte a Lui. Vivere Tutto in relazione a Lui costantemente.

Beh io direi basta così e poi iniziamo la Compieta in adorazione silenziosa davanti al Santissimo e al Bambinello.