Meditando il rosario per #VincentLambert

di Costanza Miriano

Questa è la meditazione che avrei voluto fare, e che in parte credo di aver fatto (non mi ricordo mai i discorsi che preparo), al rosario che abbiamo recitato davanti a Montecitorio per Vincent Lambert e per tutte le vite che vengono strappate nel mondo con la scusa della dignità della persona. Era il quarto mistero doloroso, Gesù che sale sul monte Calvario sotto il legno della croce, e mi hanno chiesto di pregare per la Chiesa.

Signore, grazie per la tua Santa Chiesa, unica voce oggi nel mondo a ricordare all’uomo che il suo valore non dipende dalla qualità della vita, né dal benessere. La nostra vita vale sempre la pena, anche quando è dura – la fatica non è mai un’obiezione – perché quello che conta non è quello che si fa o come si sta, ma l’essere amati da qualcuno. E tutti sono amati almeno da qualcuno, e da qualcuno di molto grande, tutti sono amati dall’Onnipotente, perché ognuno di noi è stato chiamato all’esistenza dal nulla, ognuno è stato scelto e tessuto nel grembo di sua madre, e se anche quella madre se ne dimenticasse, Dio che ci ha chiamati a esistere e che ci ha pensati uno per uno prima che il mondo fosse, non si dimenticherà di noi, mai. Ti chiediamo perdono se qualcuno a causa nostra ha potuto pensare che la sua vita non valesse, significa che non siamo stati capaci di dirgli “è un bene per me che tu ci sia”.

Ti chiediamo anche di ispirare i nostri pastori affinché a volte siano anche un po’ più coraggiosi nell’annunciare che nessuna vita è disponibile, a nessuno, neanche a noi stessi. Il mondo trova sempre più tollerabile l’idea che un malato tolga il disturbo, magari se lui è d’accordo, e sempre più spesso anche se lui o la sua famiglia non lo sono, ma invece il malato non è un disturbo, è prediletto dal Signore, è un dono, una grazia: il malato è la verità dell’uomo, perché finalmente nella malattia, a volte solo allora, capiamo che siamo tutti sorretti solo dalla grazia, che tutto è grazia, e niente di noi è disposto da noi stessi, neppure il numero dei nostri capelli.

E siccome la Chiesa siamo anche noi, ciascuno di noi, ti chiediamo perdono se anche noi a volte abbiamo mancato, lasciando nella solitudine le famiglie dei malati, dei disabili, che si portano pesi enormi, e lo fanno portandoli in solitudine, per anni, decenni, a volte per una vita intera. Perdonaci Signore se ci dimentichiamo che oltre a difendere i principi siamo chiamati a farci Cirenei di qualcuno che sta portando una croce gigantesca.