Meditazioni Avvento 2019

di Don Vincent Nagle

Qualcuno ha trasmesso questa frase della tradizione cristiana “Maria, tu sei la sicurezza della nostra speranza”. Tu sei la sicurezza della nostra speranza. È vero che l’amore è il motivo, lo scopo, la realizzazione di tutto. È vero questo, eppure l’amore grazie al quale siamo stati creati, (infatti siamo nati da un amore eterno per il nostro destino e l’esperienza dell’incontro travolgente con questo amore apre il nostro l’animo, spalanca orizzonti, stabilisce per noi una strada) ebbene questo amore non è l’aspetto del nostro animo che rende questo mondo, questa esperienza, questa strada, una cosa umana, stupendamente umana. È la speranza, la speranza, perché la speranza sa bene che quello che abbiamo incontrato è una caparra, una piccola, piccola ed esigua caparra.

La speranza sa che quello che abbiamo incontrato è presente, è una promessa. E l’ Avvento è la nostra occasione. È la stagione che la vita della Chiesa ci offre per tornare ad essere belli, belli realmente. Non belli perché puliti, che è comunque cosa da augurare, neanche perché una certa crema veramente funziona e divento luminoso perché ho utilizzato questa crema che mi rende bello, no! È un’altra cosa. È uno sguardo. È lo sguardo che ci rende belli.

Sto leggendo un libro bellissimo “Strappata all’abisso” di Milly Gualteroni, una giornalista di Sondrio morta l’anno scorso. Lei, che molto seriamente, ma poco efficacemente, ha cercato più volte di togliersi la vita a causa della sua esperienza di depressione terribile, infernale, ha compiuto tanti passi ed anche un passo definitivo: l’incontro con il Signore. Ed è accaduto che per mesi, dopo, le persone le chiedevano cosa avesse fatto ai suoi occhi; sembrava che avesse trovato quelle costosissime lenti a contatto che rendono gli occhi più brillanti e luminosi, così a tutti i costi volevano capire che cosa avesse scoperto. La salvezza di Gesù Cristo, che ha un prezzo inestimabile, e fa tornare belli.

La questione è nel tuo sguardo perché siamo fatti per un di più, siamo creati per un di più, e non solo questo in verità, ma per un miracolo di Gesù che ci salva e ci porta con sé alla casa del Padre; noi veramente possiamo stare davanti al trono dell’Altissimo. Potresti pensare, allora, che ogni dinamismo finisce lì per lì davanti al trono, e dunque che cosa ci facciamo con l’eternità? No, non finisce affatto, comincia.

Voi in molti siete sposati, lo so, avete casa insieme, avete figli insieme: la vostra storia insieme è finita quando avete costruito casa insieme? No, è cominciata. Davanti all’amore, all’incontro con l’Altissimo tu ancora sei sproporzionato, infinitamente sproporzionato e per l’eternità potrai diventare sempre più proporzionato. È tosto, veramente tosto.

Questa dinamica porta ad uno sguardo vivo per un di più, per una promessa, e quindi alla ricerca, in ogni particolare, della Salvezza che è con noi. Allora l’Avvento è veramente tornare a vivere fino in fondo la dinamica che rende la nostra vita una promessa per un di più: vivere per una promessa, per quello che c’è stato promesso, avere uno sguardo che cerca, che è attento ai segni della realizzazione di questo “di più” in ogni cosa.

Sì, lo ripeto un’altra volta perché so che state escludendo ancora categorie vastissime di avvenimenti e fatti, lo ripeto, in ogni cosa!

Siamo veramente avvantaggiati, essendo nell’emisfero nord, perché da noi l’Avvento coincide con la diminuzione della luce. C’è un’esperienza che ho fatto più volte, perché sono distratto, ma a volte è un vantaggio esserlo, perché non prevedi le cose e arriva sempre una sorpresa. Sono cresciuto in una foresta, veramente molto grande, molto densa e molto buia; sto pensando specialmente a quelle estati che ho passato facendo l’istruttore di sopravvivenza forestale e andavamo proprio dentro la foresta per vari chilometri. Ogni tanto accadeva, per un motivo o per un altro, che scendesse la sera e diventasse buio quando stavo lontano dall’accampamento. Anche se avevo intenzione di arrivare in un punto preciso della foresta per poi tornare subito, per qualche motivo o qualcosa di particolare che avevo visto, capitava di fare tardi; quando ci sono le nuvole e tramonta il sole, non si vede la luna e tu sei sotto quegli alberi immensi, enormi, altissimi, anche 100 m (così sono le sequoie). La luce se ne va completamente, è come entrare in una stanza con tutte le luci della casa spente e non vedi niente, proprio niente. Questo mi è successo più di una volta e mi colloca nella classifica delle persone veramente distratte, perché non avevo con me né una torcia né altro, ma non dimenticherò mai cosa si prova a cercare di andare verso l’accampamento e vedere quel primo bagliore del fuoco che lo indica: è la salvezza, la salvezza. È un niente ma, poiché vedere quella luce rappresenta la strada verso il destino, diventa un vantaggio per noi anche la mancanza della luce perché quando ne siamo inondati è bello, ma esistono tantissime luci e molte di esse non sono il nostro destino, non sono la nostra speranza e spesso illuminano solo per un momento e non tutta la strada. Noi vorremmo restare in quella luce ma passa, e restiamo smarriti. Anche i rapporti possono essere così: il buio ci fa fissare l’unica luce – pur piccola – del destino.

Ricordo una serata in cui già faceva buio perché in febbraio in Massachusetts, che è molto al Nord, fa buio presto: ho ricevuto la notizia della morte di Luigi Giussani. Lui era in Europa ed io ero in America del Nord ma per me era come se si fosse spenta una luce e onestamente in quel momento non vedevo alcun vantaggio per me nel fatto che si fosse spenta quella luce, era come se si fosse spenta la luce del mondo. Però io insisto, è un bene per me, un bene per noi, anche quell’avvenimento; e ripenso a quanto dice Giovanni nel suo Vangelo parlando di Giovanni Battista, lui non era la luce ma annunciava la luce che doveva venire nel mondo.

È un vantaggio per noi, un vantaggio difficile da accettare perché noi vogliamo vivere per una promessa, ma esiste il peccato che è questo: noi non vogliamo vivere veramente per una promessa, vogliamo vivere per un possesso. Non voglio vivere per la grandezza di Qualcuno che mi promette realmente un di più, voglio vivere per quello che possiedo, sono io la sicurezza della mia speranza, non la Madonna, invece lei è la sicurezza della mia speranza perché lei dice di sì e attraverso quel sì viene la luce del destino. Se non dico di sì con lei divento brutto e il mio sguardo non è quello che viene generato in ogni cosa.

Come accade per un bambino alla festa di Natale, quando sa che in quella camera lo aspettano tanti regali ed entra pensando che ogni cosa è possibile: forse ci sarà una persona che mi presenterà un regalo dietro quella porta, forse è questo il momento in cui mi daranno un regalo. E il suo sguardo è così “avido”, e ciò rende quello sguardo così bello, perché lui pensa, onestamente pensa, che se riceve un bel regalo, se trova una cosa bella che corrisponde al desiderio del suo cuore, allora vorrà dire che sarà felice in eterno. Chi non è avido così non è neanche vivo; ma abbiamo qualche anno in più e abbiamo capito che tante luci non sono “quella luce”, neppure le luci più brillanti, belle, fulgenti che rivelano colori mai immaginati. Forse adesso ce l’ho, ma è un vantaggio per me che venga la notte.

Come ho detto, in tante parti del mondo l’Avvento non corrisponde con il tempo in cui va via della luce, ma da noi sì e questo è un vantaggio perché l’Avvento è la stagione in cui possiamo tornare belli, davvero belli, per questo sguardo che è all’erta in attesa di quella luce, forse la più piccola.

Quando è venuto Gesù come è apparso? Come un bagliore che ha illuminato il cielo e tutti gli uomini della terra sono rimasti impietriti di terrore e stupore, e ogni cosa è sembrata buia a confronto di questo grande chiarore? No, no, è venuto come una piccola luce, ma quando la vedi è quella che parla del destino, quindi allo scopo di vederla è un vantaggio per noi che vengano portate via le altre luci. E’ un vantaggio per noi perdere anche una grande luce nella vita, come un figlio, un padre, un marito, una guida, un educatore, qualsiasi uomo, e sembra che siamo buttati nel buio per arrangiarci come animali nella notte, sembra di non camminare più, ma solo sopravvivere, finché qualcuno non spenga anche la mia luce: la vita non è più vita.

Io posso veramente dire che è un vantaggio. Mi considero nato sotto una stella particolarmente fortunata. Le prime reali consapevolezze riguardo la Chiesa cattolica, (che già avevo incontrato a 16 anni, quindi negli anni 74-75) cioè quando ho cominciato ad avere senso che ci sono dei sacramenti, un papa da qualche parte, che esiste una Chiesa veramente cattolica, non solo costituita dalle persone che avevo incontrato nella mia zona, tutto ciò risale all’anno dei tre papi, il 1978. È morto Paolo VI, è stato eletto Giovanni Paolo I che è morto molto presto e poi è stato eletto Giovanni Paolo II, tutto questo ha fatto molto rumore e per me ha coinciso con il guardare a quel corpo di Cristo, che è la Chiesa, attraverso l’elezione di Giovanni Paolo II. Tutti ne parlavano. Era il capo di questa cosa che all’inizio non accettavo. Ricordo bene che durante la prima visita di Giovanni Paolo II negli Stati Uniti ero ormai all’università e c’era una sala con la tv nel luogo dove abitavo. Sono andato lì ed ho assistito in diretta all’incontro di Giovanni Paolo con i giovani, avvenuto nello stadio degli Yankees di New York: c’erano 60.000 giovani per quel papa. Lui stava facendo un discorso in cui parlava della libertà, cioè di cosa rende libero il cuore ed era un grande comunicatore. Ricordo che era presente il prete del mio gruppo di studenti, un prete che poi ha fatto storia a suo modo, Joseph Fessio, autore anche di molte pubblicazioni. Conoscevo appena quel tipo, che si avvicinava alla tv, ascoltava e ripeteva le parole del papa; io pensavo “questo è proprio matto”, ma poi è successo qualcosa, c’era qualcuno a cui guardare e quando lo guardavi, quando lo ascoltavi, ti dava qualcosa di grande. Ora non c’è più, ed anche questo è un vantaggio per noi.

Ho conosciuto e incontrato quattro volte Madre Teresa di Calcutta, ogni sua parola per me era Luce. Non c’è più, è andata. Don Giussani è andato.

E’ un vantaggio per noi, sì, perché noi siamo stati fatti per una cosa indescrivibilmente più grande, la cui prima caratteristica non è il suo bagliore, non è abbagliante, non conquista, ma è inestinguibile, non passa. E chi è all’ erta per una luce così la può accogliere.

Ho letto l’autobiografia di Bob Dylan che è un artista e senz’altro una buona parte di questa biografia è come poesia, molto interessante; dicono che non è del tutto affidabile dal punto di vista della veridicità, ma poco importa, ha raccontato la sua storia. E non sono i fatti che dicono la verità di quello che ho vissuto io, quindi per me non è fuori posto che un artista come lui dica cose non storicamente corrispondenti a come sono realmente state. Racconta come, dopo gli anni in cui era stato il famoso Bob Dylan, si sentisse stanco molto stanco, ma faceva ancora il musicista ed ha cominciato a girare insieme ad altri artisti grandi. Ogni tanto volevano che lui suonasse una delle sue canzoni bellissime ma per lui era come essere schiacciato da un peso perché questa cosa non gli diceva più niente, anche se tutti volevano sentirle. Così lui si sentiva schiacciato, soffocato, come ucciso; pensava che la sua vita d’artista capace di dire qualcosa era finita e non sopportava di dover rifare quelle canzoni. Poi è successo qualcosa: era a Saint Louis perché stava facendo un giro negli Stati Uniti con quel gruppo di musicisti. Lui, molto contrariato, lascia l’albergo per andare a girare nella città. Saint Louis, insieme a New Orleans, è il luogo della nascita del jazz e Bob si ritrova nei pressi di uno scantinato, un giovedì pomeriggio, che non è il momento in cui tutti vanno in un locale di jazz, però sente che c’è musica ed entra. Lì trova un vecchio sassofonista che sta suonando e lui comincia a bere alcol per preparare a esibirsi quella sera; usando più alcol possibile comincia ad ascoltare ed è sorpreso da quella musica che sentiva mentre il vecchio suona la sua melodia. Poi ne ascolta un’altra e prova sempre la stessa sensazione perché il punto di partenza di questo anziano musicista con il sassofono non è la melodia ma qualcosa del suo animo: non sta suonando una canzone, sta suonando la sua anima. Si chiede chissà quale storia avrà vissuto, sapendo che i jazzisti non sono noti come quelli che fanno una vita da mulino Bianco, chissà che perdite avrà subito, chissà che foresta di note avrà perso, però capisce che sta traendo ogni nota dalla sua più originale domanda. E lui ha pensato che è così che si deve fare, ha ricominciato a suonare, ed oggi a 73 anni è ancora famosissimo e non cessa mai di fare grandi giri per il mondo a presentare le sue canzoni. Anche se è andato avanti a fare nuovi dischi non sono solo canzoni quelle che sta producendo, perché ha cominciato a tirare fuori la nota più originale che c’è in lui.

E cos’è la nota più originale presente in me e in te, soprattutto dopo il nostro incontro con il Destino, il nostro Signore Gesù Cristo così vero per tanti di noi? È qualcosa avvenuta attraverso incontri spettacolari, pezzi di strada così pieni di verità, scoperte, novità, interessi, un pezzo di strada indescrivibile. Perché ora non è più così? Non è più così, ma è un vantaggio per noi, come fu un vantaggio per Bob Dylan aver perso lo stesso fuoco dell’inizio nell’esibire le sue canzoni. Era un bene per lui che quel pezzo di strada fosse finito perché così ha dovuto andare a trovare la nota più originale di sé, quella che lo sa descrivere.

Allora chiediamoci quale è la nota più originale, quella fiamma inestinguibile che rende ogni nostro passo un passo di destino, che rende I nostri sguardi bellissimi perché sono vivi, aperti, alla ricerca degli indizi della rivelazione di quel Destino. Vieni, vieni Signore Gesù, vieni, vieni Signore Gesù, vieni perché la vera consistenza, la vera bellezza, la vera sostanza di qualunque momento, persona, avvenimento della nostra esistenza urge verso quello che la luce di Cristo ha annunciato, cioè la Sua seconda venuta quando Dio sarà tutto in tutti, ogni cosa sarà sottomessa ai piedi di Gesù, e l’ultima nemica che sarà sottomessa ai suoi piedi sarà la morte. Così tutto, tutto, diventa interessante per noi e nulla è contro di noi; so che ognuno di voi sta escludendo categorie vastissime di cose, ma nulla è contro di noi. Se la crocifissione di Gesù non è contro di noi, nulla è contro di noi. Sono certo che ognuno ha in mente almeno una cosa che è stata contro di lui, ma nella misura in cui abbiamo da dire che qualcosa è stato contro di me dimostriamo che non stiamo ancora cantando con quella nota più originale che esiste in noi.

Vieni Signore Gesù. Vieni Signore Gesù. Vieni Signore Gesù, vieni Signore Gesù e compi tutto quello che hai promesso, porta a compimento tutta la promessa che ci hai fatto, porta a compimento la mia esistenza, porta a compimento le promesse che ci fai. Vieni Signore Gesù. Vieni Signore Gesù. Cos’è il digiuno? Perché questo invito al digiuno da parte della Madonna, a Medjugorie per esempio, e di Gesù stesso quando dice (in Matteo 9,15) “Possono forse gli invitati alle nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro, ma verrà un giorno in cui la sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.”? Cos’è il digiuno? Vieni, Signore Gesù! Questo è il digiuno: non quello che possiedo ma quello che a me è stato promesso. Io vivo non per quello che possiedo ma per quello che a me hai promesso tu.

Vieni Signore Gesù. Vieni Signore Gesù. Così nel capitolo 16 di Giovanni leggiamo “E’ meglio per voi che io me ne vada”. È meglio per voi. Se resto qua, non vivrete per quella bellezza per cui siete stati creati, per il compimento di tutto, vivrete per il possesso del mio corpo qua e non per quello per cui sono venuto: portarvi dentro il compimento di tutto. È meglio per voi! Posso ben credere che Tommaso, Filippo, Pietro, Taddeo, Andrea e Giovanni pensassero “Non mi sembra sia così! Per noi è un vantaggio averti qua così, proprio così, non ti muovere.” Ma non è così, non è così.

E se ne va. E come se ne va? Con vergogna, con il dolore, con l’ingiustizia e la menzogna e loro vengono sommersi dalla paura e dalla vergogna, così se ne va e a loro vantaggio perché possano cominciare a vivere il pre-gusto dell’eterno.

Vieni, Signore Gesù! Il Tuo regno, il regno del Padre Dio si compia! Quanto siamo vivi se è per questo, e quanto siamo indomabili se è per questo, e quanto sei bella se è per questo! Io dico spesso che umanamente la cosa più bella della mia vita è che faccio tanti matrimoni e onestamente posso affermare che tutte quelle spose sono bellissime; io spesso ho anche preparato queste coppie al matrimonio senza mai notare questo. C’è una frase in inglese che dice “illuminata come una sposa”, ma dov’è quel fuoco nella sposa che la rende così luminosa? È nel suo sguardo, perché quello sguardo dice che c’è uno qui che mi promette la sua vita per rendermi madre, moglie, per darmi una casa, un luogo per compiere me stessa. Ci crede in questa cosa, e diventa bellissima: la sposa diventa più bella di tutti.

Della Chiesa si possono dare tante definizioni: il corpo di Cristo, l’inizio del regno di Dio, però c’è una metafora per la Chiesa che è quella definitiva, è quella che riassume tutto. Chi è la Chiesa e chi sei tu? La sposa. La sposa. Sì, anche tu uomo, anche io: sposa, sposa.

E come finisce la Bibbia? Così:

“E mi mostrò un fiume di acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città [ e la città è la sposa che scende dal cielo] e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell’agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; guarderanno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli……. Ecco io vengo presto [dice l’agnello] e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città.”

Chiamano, coloro che aspettavano quel giorno, chiamano coloro che hanno riconosciuto Cristo nel tempio, quando Giuseppe e la Madonna hanno portato il bambino a 40 giorni; essi stavano aspettando il regno di Dio, avevano passato anni nel digiuno e gemevano dentro: “Vieni Dio, vieni, vieni Dio, vieni. E questo piccolissimo segno del bambino Gesù portato nel tempio per consacrarlo a Dio, li ha folgorati.

“Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino.” E’ la luce inestinguibile, quello che ci vuole, ma spesso è irriconoscibile se non entriamo nella notte.

“Lo Spirito e la sposa dicono [e queste sono le ultime parole della Bibbia, il culmine, il vertice] “Vieni!” E chi ascolta ripeta “Vieni!” Chi ha sete, venga; chi vuole prenda gratuitamente l’acqua della vita. A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro. Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!” Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen.”

E così finisce la Bibbia.

Ecco l’Avvento: noi che siamo nell’emisfero nord vediamo che va via la luce proprio in questo momento dell’anno e siamo avvantaggiati nel tornare a chiedere come spose “Vieni, sposo vieni!” E quando nella notte, come per quel sassofonista di Saint Louis tutto diventa vivo, diciamo “Vieni, vieni!”.

Possiamo vivere così perché la Madonna è la sicurezza della nostra speranza e questo lo diciamo a Lei e attraverso di Lei, la madre della Chiesa: “Vieni, vieni!”