Monastero Wi-Fi, il richiamo della preghiera

di Costanza Miriano

Sabato 28 maggio sono tornata da Milano – dove si è tenuto il secondo Capitolo del Monastero milanese, in pratica una giornata di lodi, messa, rosario, adorazione, e catechesi sul tema della preghiera, aperta a tutti – con un sorriso largo e il cuore pieno di gioia: vedere tante amiche che si sono date da fare, in squadra, senza protagonismi, senza leader, solo per invitare altre persone a venire in chiesa per ascoltare roba buona e pregare insieme, per me è un segno dell’esistenza di Dio. Questo è il femminismo che mi piace. Donne che si mettono insieme, fanno lavoro di gruppo, e lo fanno bene (quando si lavora con amore le cose vengono magnificamente) per far emergere altre persone, e per permettere a tutti di ascoltarle.

Normalmente chi organizza un evento si riserva il ruolo di leader. Invece nel Monastero – non solo in quello milanese o romano, ma nelle tante città italiane dove sta nascendo questa realtà – si lavora per far emergere gli altri: davvero in una logica cristiana, dove ci si mette al servizio perché la cosa che ha chiesto Gesù andandosene è proprio questa: farci carico dei fratelli (pasci le mie pecorelle). Prima ancora delle catechesi, questa per me, ripeto, è la prova dell’esistenza di Dio. Penso che sia un segno profetico per la Chiesa: piccole comunità che tornano ai fondamentali, senza appartenenze speciali, “targhe”, definizioni. Gente che cerca Dio nelle pieghe del quotidiano. E gente che si dà da fare per richiamare gli altri alla preghiera, per pregare insieme.

Non passa un giorno in cui qualcuno non mi chieda cosa sia questo Monastero wi-fi: comincio a pensare che vada bene così, anche se non si capisce troppo. Perché noi siamo solo gente che ama la Chiesa, che ci vuole stare dentro, e che vuole godere delle sue ricchezze, delle sue voci dai timbri così diversi. E andando in giro in parrocchie di tutta Italia praticamente una volta a settimana, posso dire che di ricchezze questa Chiesa ne ha tante.

Per esempio, per tornare all’incontro di Milano, ascoltate   la catechesi di Madre Maria Emmanuel Corradini sulla preghiera di intercessione,

ma soprattutto sull’essere intercessori: gente che si offre, che fa tanti piccoli atti di amore, sorrisi, piccoli sacrifici messi nelle mani di Dio, che può trasformarli per la salvezza dei fratelli. Gesù ci insegna la preghiera di intercessione sul Calvario, quando dice al ladrone che sarà con lui in paradiso. Gesù ha offerto se stesso.

Per essere intercessori bisogna essere svuotati di sé, e non chiedere che la nostra preghiera abbia successo. Bisogna essere spogliati, poveri, umili, e ricordare che se quello viene salvato – perché la prima richiesta della preghiera è la salvezza – non è per merito tuo che ottieni miracoli. Cosa c’è di più grande che assumere il peccato di un altro e implorare misericordia per lui? Ascoltate il racconto della madre che accompagna il figlio fino alla morte, in ospedale (la Madre era medico, prima di entrare in convento): bisogna farsi carico dell’altro in tutta la sua vita, perché di questo ha bisogno il mondo, di donne e uomini che si sacrificano per la vita degli altri. Il dolore non è qualcosa che ci viene strappato, ma qualcosa che ci viene chiesto.

Dopo la messa infuocata d’amore e passione celebrata da don Pietro – l’esperienza cristiana o è un’esperienza di amore o non serve a niente: certe volte la potatura è vivere un matrimonio che sotto gli occhi del mondo è fallito, ma che si può fare mettendosi in relazione con Dio, e in una comunità dove ci sia tenerezza – è stata la volta della catechesi di don Carlo De Marchi, che potete ascoltare qui, sul tema della preghiera.

Innanzitutto per pregare non c’è bisogno di sistemarsi davanti al Signore, basta accorgersi del suo sguardo su di noi, anche mentre siamo nel mondo, travolti dalle cose da fare. La catechesi di don Carlo, oltre a essere a tratti esilarante (“chi dovesse uscire prima della fine della catechesi faccia piano, per non svegliare gli altri”) è un assaggio di consigli pratici, un estratto di quella vera e propria miniera che è il suo Fammi innamorare della mia vita, appena uscito da Ares, un vero e proprio prontuario, Meditazioni per gente sempre di corsa, come dice il sottotitolo. Per esempio come gestire le distrazioni, come entrare nella camera e chiudere la porta, come darsi una piccola disciplina e ritagliare dei momenti pur minimi (prego sempre e non prego mai sono sinonimi), ricordare che la preghiera è necessariamente ecclesiale, e che siamo un esercito di perdonati, ricordare, infine, che non ci si presenta a Dio con la soluzione già pronta, chiedendo a lui di stare nei nostri schemi.

Dopo il rosario, meravigliosa l’adorazione finale condotta da don Vincent Nagle, che ci ha fatto gridare come bambini E’ IL SIGNORE indicando con il braccio teso il Santissimo, raccontandoci cosa può fare il Signore nelle nostre vite, quando noi gli mettiamo a disposizione il nostro niente. E poi, citando Il Signore degli anelli – che ha riletto per la ventiseiesima volta, stabilendo probabilmente il record mondiale (esisterà la classifica assoluta di Signoredeglianellologia?) – ha ricordato che ciò che rende saggi i saggi è chiedere al Signore cosa sta facendo Dio, adesso, in questa cosa? L’adorazione ci aiuta a fare questa domanda.