Norme e buon senso

di Costanza Miriano

Le immagini le avete viste tutti: un parroco di 80 anni che celebra la messa in una chiesa di 300 metri quadri davanti a dodici persone tutte più distanziate che nella messa del Papa a san Pietro, e tutte con la mascherina (che a san Pietro non c’era), è stato interrotto da un carabiniere proprio al momento della consacrazione. Don Lino Viola, parroco di Gallignano, frazione di Soncino, si è opposto all’azione del carabiniere, e ha terminato la messa, nonostante la telefonata del sindaco arrivata sull’altare. Una scena triste e dolorosa, che spero faccia capire che è ora di pensare serenamente e con intelligenza alla questione delle messe aperte al pubblico.

Allora, la norma emanata dal Governo prevede che oltre al sacerdote alla messa siano presenti delle persone che lo aiutino ad animare la messa: i lettori, i cantori e via dicendo. A questi, domenica da don Lino si erano aggiunte sei persone che avevano perso dei familiari, in suffragio dei quali si stava celebrando la messa. Le porte erano aperte e loro sono entrati. Magari il sacerdote, non so, poteva anche sapere che sarebbero arrivati e non ha fatto niente per impedirglielo. Ma allora? Ma santo Dio, sei persone in più in una chiesa da 300 metri quadri, distanti e con mascherina, cosa possono fare? Non si poteva usare un po’ di buon senso, un po’ di delicatezza verso chi ha perso una persona cara? Si può comminare una multa salata per questo?

Le leggi vanno sempre rispettate, anche quando le troviamo sbagliate (come è per me in questo caso), ma io penso che vada onorata la ratio di una legge, il suo principio.

Per esempio: vedo a volte gente per strada che cammina in gruppetti, vicina, con greggi di cani al seguito. Immagino che non siano nuclei familiari, ma amici “canari”. Bene, loro non stanno rispettando il distanziamento, ma se arriva la Polizia probabilmente non li multa perché stanno tutti portando a spasso il cane. Io sono per un allentamento rapido di queste misure, quindi non ho nessun problema con loro, ma dico che si può rispettare la forma di una legge, tradendone però la sostanza. Invece, secondo esempio, per la corsa si prevede che la si possa fare solo in un raggio di 300 metri dalla propria casa. Quindi presumibilmente, a parte i fortunati che abitano in aperta campagna, in zone di condomini e motorini sui marciapiedi e gente coi cani (e relative deiezioni canine: se alle prossime Olimpiadi lo slalom a piedi correndo di notte sarà disciplina olimpica, tento di qualificarmi). Se uno si spostasse solo un po’ più lontano, in una strada dove non passa nessuno, magari uno di quei viali senza palazzi dove i romani parcheggiano, io penso che rispetterebbe la sostanza della legge – cioè non avere contatti con nessuno – anche se non la forma, magari per qualche centinaio di metri.

Non si fa, è chiaro, non voglio istigare nessuno e non lo faccio io, ma era per dire che credo che don Lino abbia rispettato la sostanza della norma: una messa chiusa, senza la folla domenicale, con la concessione di far entrare pochi familiari dei morti. Mi sembra un piccolo strappo, fatto per amore, per consolare il dolore di chi ha perso qualcuno. La Chiesa ha viscere di misericordia, e sa soffrire con chi soffre, come ha fatto don Lino. Ha abbattuto un muro, quello delle chiese chiuse, per amore.

Perché – e questa è una cosa che chi ha deciso di toglierci le messe ovviamente non sa, sennò non si sarebbe sognato di decidere una cosa simile in un tempo di tanti morti – morire da cristiani, con il conforto dei sacramenti, accompagnando il morto con il sacrificio di Cristo, e invece morire da uomini che non hanno conosciuto l’amore di Dio, sono due cose completamente diverse. Completamente.

I cristiani credono nella vita eterna. Non è una storiella per bambini, noi ci crediamo davvero, e questo cambia tutto. Chi è in pace con Dio muore ridendo, come quel sacerdote, don Cirillo  Longo,  fotografato col rosario sollevato nel pugno, in segno di vittoria, poco prima di morire di Covid. Come Chiara Corbella Petrillo, che ha ha fatto cucù col lenzuolo prima di chiudere gli occhi. Come Bernadette, come tutti i santi, come tanti cristiani.

Certo, non è che Dio non porti in cielo chi è privato del funerale, ma accompagnare una persona cara con il sacrificio di Cristo sull’altare è una cosa grandissima per chi è morto, ed è una grande consolazione per chi continua a vivere. In questo momento in cui tanti sono spirati lontani da tutti, senza un saluto, una carezza, la mano nella mano, un ultimo bacio, la messa potrebbe lenire il dolore di chi amava quella persona.

Il culto dei morti è scritto nel cuore dell’uomo, è l’inizio di ogni civiltà. Penso al monumento del Milite Ignoto, un luogo davanti al quale sono passata migliaia di volte e che ogni volta mi fa fare un piccolo salto al cuore: mi viene in mente, anche se solo per un centesimo di secondo, quel ragazzo morto da solo che nessuno ha riconosciuto. I corpi dei morti di questa pandemia non sono ignoti, ma sono stati portati via anche loro spesso senza un saluto.

Non sono in grado di entrare nelle questioni giuridiche, se ci sia stato un abuso di potere o il reato di interruzione di culto come ha scritto qualcuno: penso comunque che il carabiniere stesse eseguendo gli ordini e ha dovuto farlo. Quindi tra lui e don Lino per me non ha sbagliato nessuno dei due.

Però adesso la questione va messa a tema, urgentemente. La scena che abbiamo visto è troppo.

E mi ha addolorato che la diocesi abbia scritto una nota pubblica non per sollevare la questione dell’urgenza delle messe, ma solo per ricordare che le norme vanno rispettate (quello magari lo avrebbe potuto dire privatamente al sacerdote, se proprio necessario). Non mi pare che fosse urgente ricordarlo visto che tutti gli italiani sono privati della messa da due mesi e le norme sono state rispettate ovunque. Mi sembra che la Chiesa italiana abbia mostrato abbondante collaborazione, anche perché la decisione, nonostante i patti lateranensi, è stata presa unilateralmente dal Governo e poi accolta dalla Cei. Sicuramente (come ho scritto più volte) con l’intenzione buona di proteggere le vite delle persone e quella un po’ meno urgente, per me, di non creare problemi a un esecutivo già alle prese con molte grane; però è indubitabile che secondo il diritto ecclesiastico la decisione avrebbe dovuto essere concordata.

Le norme la Chiesa insomma le ha rispettate, tanti sacerdoti stanno obbedendo pur avendo, alcuni di loro, tante idee e proposte per celebrare in sicurezza. Obbediscono tutti, i più convinti e i meno, in silenzio, perché così devono fare. Anche don Lino nella sostanza ha obbedito.

Però dopo avere obbedito due mesi, chiedere di ragionare su come uscire concretamente da questa situazione non mi sembra disobbedienza. Parlare di spazi, mascherine, distanziamento, turni eccetera. È evidente che un governo che ha aperto prima le librerie perché “nutrono lo spirito” è un governo sostanzialmente ateo, quindi non saranno loro a offrirci la libertà di culto che dobbiamo essere noi a chiedere, perché loro non sanno di cosa parliamo, non ne capiscono il peso. Siccome pensano di averci tolto solo un’occasione di aggregazione, e non la cosa più preziosa che abbiamo, sono certi di averlo fatto per il nostro bene. Ricordo solo che anche nei regimi della dittatura comunista la fede era proibita per il bene del popolo, perché ne era l’oppio. I diritti vengono sempre tolti con la scusa del bene comune.