Il vangelo esaminato oggi
all’Angelus da Papa Francesco ( Mt
5,13-16)
fa parte del discorso tenuto da Gesù sulla montagna. Egli parla ai
suoi discepoli descrivendoli come “il sale della terra” e
“la luce del mondo”, e gli dà delle indicazioni sugli
atteggiamenti da tenere per portare avanti i suoi insegnamenti.
Come il sale “ che
conserva e preserva gli alimenti dalla corruzione” così devono
essere i discepoli, i fedeli, i quali “ devono tenere lontani
dalla società i pericoli, i germi corrosivi che inquinano la vita
delle persone”. Cosa vuol dire? “ resistere al degrado
morale, al peccato, testimoniando i valori dell’onestà e della
fraternità” senza farsi corrompere da tutto quello che
rovina il mondo, in primis l’egoismo e la ricerca del piacere
effimero dato dalla ricchezza.
Il sale,continua il Pontefice, è il discepolo che “nonostante i fallimenti quotidiani […] si rialza dalla polvere dei propri sbagli, ricominciando con coraggio e pazienza, ogni giorno, a cercare il dialogo e l’incontro con gli altri.” Senza rinchiudersi in se stessi, senza soccombere alle difficoltà che ogni giorno questo mondo imperfetto ci pone davanti.
In egual misura la Chiesa deve essere aperta e disponibile verso chi la cerca. Deve
essere, insieme ai fedeli, luce
che “ disperde l’oscurità e
consente di vedere”, perché se è
vero che siamo immersi nelle tenebre, Gesù ci ha chiamati appunto
a disperderle “ facendo risplendere
la luce di Cristo e annunciando il suo Vangelo” non
solo con le parole ma anche e soprattutto attraverso le nostre “opere
buone”.
La
Chiesa, come “ il discepolo di Gesù
è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi
ristretti, quando contribuisce a eliminare i pregiudizi, a eliminare
le calunnie”.
Dobbiamo
essere “strumenti perché la luce
di Gesù arrivi a tutti”.
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