Triptorelina, qual è la posizione della Pontificia Accademia per la Vita?

di Costanza Miriano

Da pochi giorni in Italia tutti noi con le nostre tasse finanziamo una terribile pratica fatta sulla pelle dei bambini, ed è impossibile tacere. Mi riferisco alla questione ormai nota a quasi tutti della triptorelina.

Se siamo scesi in piazza contro le unioni civili, che riguardavano principalmente persone adulte, e solo di riflesso i bambini (almeno grazie al fatto che la stepchild adoption non è passata), se abbiamo combattuto contro il gender nelle scuole, mille volte di più, se la cosa non verrà fermata, bisognerà scendere in piazza contro la possibilità che a un bambino di 10, 12 anni venga dato un farmaco antitumorale che bombardi i suoi ormoni bloccandone lo sviluppo in attesa che si chiarisca le idee e decida se vuole procedere a un’operazione che modifichi i suoi genitali, e non il suo sesso (noi siamo o maschio o femmina in ogni nostra cellula). Esponendo il ragazzo a un rischio di suicidio venti volte superiore alla media. Questa è la triptorelina, un farmaco che blocca lo sviluppo in vista di un cambio di genitali, in Italia dal 2013, e da pochi giorni dispensabile gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale dopo una decisione dell’Agenzia del farmaco, appoggiata dal Comitato di Bioetica.

E se è gravissima la responsabilità politica – che io sappia il solo Simone Pillon ha fatto su questo una interrogazione parlamentare nel marzo 2018 e l’Intergruppo Famiglia si è riunito per occuparsene –, e se non possiamo che chiedere a gran voce al governo di intervenire per un ritiro in autotutela della Determina dell’Aifa del 25 febbraio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo (il ritiro è previsto dalla legge 241 del 1990), per noi cattolici – almeno per me interessata molto più all’idea di uomo proposta dalla Chiesa che alla politica – è infinitamente, incommensurabilmente più grave che alla Pontificia Accademia per la Vita non solo non siano balzati sulle sedie, non abbiano alzato barricate e acceso fuochi per la decisione dell’Aifa di inserire questo farmaco tra quelli pagati dal SSN, non si siano incatenati davanti alla sede dell’Aifa, ma non abbiano neppure corretto il tiro dopo che un suo membro, intervistato non da un sito qualsiasi, ma da Vatican News, ne ha dichiarato ammissibile l’uso, seppur solo in casi estremi. È importante un chiarimento serio e dettagliato dopo l’intervista rilasciata dalla professoressa Palazzani.

Chiediamo a gran voce, so di parlare in questo caso a nome di parecchie persone, che la Pontificia Accademia per la Vita prenda ufficialmente e apertamente una posizione chiara, più precisamente che prenda collegialmente le distanze dalle dichiarazioni rilasciate da un suo singolo membro. Che dica che quella è la sua opinione personale, legittima, ma non quella dell’Accademia Pontificia. Che la Pav (Pontificia Accademia per la Vita) ci dica esattamente come stanno le cose: non basta il chiarimento successivo all’intervista, in cui si sono ribaditi i limiti e i distinguo nell’uso. Ma è proprio ammettere che la risposta a chi non si sente bene col proprio sesso sia un farmaco che preluda a un’operazione, che è profondamente contrario all’antropologia cristiana. L’unica a levare la voce contro è stata Assuntina Morresi, isolata. E in questo momento di difficoltà sulla questione degli abusi la Chiesa non può permettersi ambiguità.

Altrimenti significa fare l’ennesimo passo nella direzione voluta dalla ben nota lobby lgbt così potente nella Chiesa. Per cui chiediamo, semplicemente: cosa pensa della questione la Pontificia Accademia per la Vita? Smentisce l’intervista di un suo membro, rilanciata dal sito di informazione ufficiale della Santa Sede?

C’è particolare bisogno di chiarezza, perché sdoganare questo farmaco – che sia a pagamento o meno è l’ultimo dei problemi – significa sposare in pieno l’ideologia gender, cioè ammettere che i casi in cui non si è a proprio agio con la propria identità sessuale possano essere risolti non andando a sciogliere il nodo esistenziale che li ha causati, ma con una operazione di cambio di genitali. Se la Chiesa dichiara questo, mina dalle basi più profonde la propria antropologia, cioè la definizione di uomo e donna. Allora anche l’omosessualità diventa una variante possibile della sessualità umana.

A cascata ne discende una serie di conseguenze. E allora hai voglia a mettere paletti, distinguo, limiti e precisazioni. D’altra parte sappiamo ormai – i radicali hanno fatto a scuola in questo – si parte dal caso limite, sempre rarissimo e gravissimo e specialissimo, si sfonda l’argine e poi via di discernimento. È stata la tecnica che ha permesso ai radicali di chiamare “conquista” sei milioni di aborti, ovviamente tutti fatti in casi molto estremi. Sei milioni di casi estremi.

La Chiesa è (era?) rimasta l’unica ad annunciare che si nasce maschio o femmina, e che se c’è un disagio con questo, bisogna indagarne le cause e agire su quelle, non sui sintomi. Ma ancora più grave: un bambino che sta diventando adulto può avere spesso momenti di grande fatica. La fatica va accompagnata e contenuta e gestita, non assecondata né ingigantita dalla preoccupazione dei grandi. Non si può permettere un intervento invasivo e pericolosissimo (e dagli effetti collaterali incerti). Soprattutto non in un contesto, come quello in cui viviamo, che amplifica queste incertezze, incoraggiando i ragazzi a scegliere chi sono come se fosse una scelta a disposizione. È di questo contesto che bisogna tenere conto. L’incoraggiamento della Chiesa, che per il resto, diciamolo, nessuno si fila, era l’ultima cosa di cui c’era bisogno. Il bollino di approvazione della Chiesa serve solo a lasciare le mani dei grandi libere. Ma se il sale perde sapore, a che serve?

La Chiesa deve sapere che è (era) rimasta una vox clamans in deserto, e in questo contesto culturale l’ultima cosa di cui c’è bisogno sono i distinguo e le aperture. Le stalle sono aperte, i buoi sono usciti, socchiudere il cancello è semplicemente ridicolo.

In generale, trascendendo la questione dell’intervista, se non vogliamo vedere un disegno delle lobby – che io peraltro vedo – come minimo c’è una inspiegabile mancanza di coraggio. La Chiesa non può mettersi a inseguire il mondo sul suo terreno, perché sarà sempre battuta sull’esperienza. E quale è il vantaggio? Sembrare moderna? Essere al passo coi tempi? Oppure limitare i danni? Lo abbiamo sperimentato tante volte, a cominciare dall’aborto. La politica di limitare i danni non funziona. Apri i cancelli, sdogani, togli la diga, e il sentire comune, prima piano piano poi macroscopicamente, cambia. Già oggi i ragazzi nelle scuole danno per assodato che la sessualità sia una scelta a loro disposizione. Ma stiamo parlando di bambini innocenti! Un bambino di 10 anni, che ne sa di cosa sia essere uomo? Permettere che si fermi il suo sviluppo è una follia e contraddice profondamente tutto ciò che la Chiesa (e, secondo me, il buon senso) dice all’uomo.

Ma magari ci siamo sbagliati, la Pav si esprimerà con una posizione netta, e noi saremo ben contenti di avere fatto inutilmente gli allarmisti. Saremo ben contenti di dire che ci siamo preoccupati troppo presto. Rimaniamo in fiduciosa attesa.