Un perdono immenso

 

Tiziano, Cristo e l’adultera

Grazie a Leila Caccia che ha pazientemente sbobinato il testo (grazie, grazie, grazie!) possiamo offrirvi la trascrizione della catechesi che don Alessio Geretti ha fatto lunedì scorso all’incontro del santi Quattro a Roma sul Vangelo della domenica successiva, di cui per comodità vi riportiamo il testo (QUI è scaricabile il file audio con anche l’introduzione di suor Fulvia Sieni)

Non siamo noi che abbiamo sistemato la catechesi, è proprio don Alessio che parla come se scrivesse, ma lo fa sempre, anche quando prende un caffè, e questa è una delle cose per cui lo ammiro (non la più importante, ma la prima che ho notato!). Ho trovato questa catechesi bellissima, nonostante fossi morta di sonno, reduce da una settimana di fuoco, e dalla registrazione in studio a Rai2 con duello all’ultimo sangue. Rileggendola però l’ho trovata ancora meglio di come mi era sembrata in diretta, quando ero impegnata soprattutto a non dormire. Vi prego, prendete qualche minuto per leggerla. A me si è aperto un mondo.

 

“Dal Vangelo secondo Giovanni”.

“In quel tempo Gesù si avviò Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

Fratelli, sorelle, sorelle madri amatissime, non vi conosco uno per uno, ma vi conosce bene il Signore. Di me non è necessario sappiate nulla perché la nostra attenzione è concentrata qui su Gesù, che francamente vorremmo rincorrere. Appena lo vediamo alzarsi a ore poco decenti per ritrovare un momento di intimità con il Padre che, prima ancora che sorga la luce del sole, lui desidera e difende con tutte le sue forze.

Il monte degli Ulivi non è un luogo dove il Signore trascorre qualche ora a passeggiare: il monte degli Ulivi, che è probabilmente il luogo della sua temporanea clandestinità, nel momento in cui a Gerusalemme il clima si è fatto tremendo, pesante, minaccioso; già c’è nell’aria un’ostilità terribile nei suoi confronti, il monte degli Ulivi è il luogo della preghiera, il luogo dove Egli passerà l’ultima, indimenticabile , tormentatissima notte, di combattimento e offerta, di preparazione e di obbedienza. E’ il luogo dove gli Apostoli, vincendo un certo imbarazzo e confessando anche la loro –devo dire- simpatica miseria, gli si avvicinano affascinati da come vedono che quando lui prega, passi proprio dall’altra parte.

Sapessimo pregare anche noi come lui. Sicché quella volta gliel’hanno proprio domandato :“Signore, insegnaci a pregare” ed erano lì, su quel monte. Gesù nulla affrontava (folle a cui insegnare, masse di disperati o malati che gli portavano in continuazione), nulla di tutto questo egli affrontava senza aver riservato la primizia della giornata per questa intimità con il Cielo. Penso che da un lato questo vi susciti nostalgia e dall’altro un po’ di rabbia, forse. Perché anche se al di qua o al di là di quel confino le condizioni di vita sono abbastanza diverse, probabilmente sperimentiamo che alla nostra vita spirituale e all’invito del Signore che sta alla porta e bussa continuamente, facciamo tanta fatica a rispondere per mille insidie esterne e anche interne; sicché nemmeno di qua siamo del tutto al riparo.

Bhè, speriamo davvero che il Signore ci prenda e ci porti con lui  in quel monte benedetto.

Poi al mattino va nel Tempio, che evidentemente è un luogo che ama e che, a dire il vero, i Vangeli descrivono come fosse la casa nella quale Gesù si muove con disinvoltura. Al Tempio sale con l’ammirazione e la devozione di ogni buon ebreo, ma, anche, con la tranquillità, la sicurezza di chi si sente in casa propria: fino al punto che se c’è da mettere ordine lo mette. Perfino in modo drastico, come ricorderete.

E tutto il popolo andava da lui.

Molte volte questo piccolo tratto di parola si ripete nei Vangeli: gli evangelisti riecheggiano la memoria degli apostoli che vedevano accorrere a Gesù, da ogni direzione, da ogni posizione (interiore, umana, non solo geografica); e lo vedevano continuamente accerchiato, per così dire, senza confini: c’eravamo anche noi in qualche modo in viaggio verso di Lui, perché non c’è uno al mondo che non abbia bisogno di Lui. Solo che alcuni ancora non se ne sono accorti, ma anche chi non lo sa, perfino chi lo nega, ha bisogno di Lui. E se cerca sta in verità cercando quello che in Lui troverebbe e inutilmente va a cercare altrove.

Mentre è lì e, seduto, insegna, giungono alcuni dei più osservanti.

Dovrebbero conoscere la Via di Dio meglio di altri ed essere buone guide per coloro che hanno il desiderio di Dio nel cuore. In realtà il loro entusiasmo, in questo caso, non è spirituale; hanno l’euforia nemmeno tanto nascosta, di aver trovato una ottima occasione per mettere Gesù in difficoltà. Lo cercano anche loro, ma non come gli altri, per cui non Lo trovano davvero, cioè non Lo riconoscono. C’è modo e modo di cercare Gesù. Gli scribi e i farisei Gli portano qualcuno e Gli fanno domande, ma il loro obiettivo non è quello dei molti altri che portano qualcuno da Gesù o che interrogano Gesù. Ad essi non interessa né il bene di quella donna, né la Verità. Ad essi interessa unicamente che Cristo cada nella trappola che hanno escogitato. Ricorderete che alla samaritana, che prima ci veniva ricordata, il Signore ha parlato della necessità di adorare Dio in spirito e verità. Proprio nel momento in cui quella donna l’aveva interpellato sulla giusta via religiosa per arrivare a Dio.  “I nostri padri”, diceva, “Indicano il Monte che è qui sopra in Samaria; i vostri invece, dicono che bisogna tutti andare al Tempio di Gerusalemme”. Il Signore per un attimo si dedica a questa questione, ma poi chiarisce che l’indispensabile è con quale cuore si stia cercando il Signore. Altrimenti si può anche essere nella religione vera (quella dei giudei, nel caso della risposta di Gesù alla donna) e andare completamente fuori strada. I farisei e gli scribi, o almeno alcuni di essi, sono un clamoroso esempio di questo: di chi conosceva il vero Dio, aveva le scritture, andava a memoria delle profezie e aveva il Tempio a portata di mano. Eppure davanti al Messia, al Figlio dell’Altissimo: non hanno saputo riconoscerLo.

Questi uomini oltretutto, non so se ci abbiate mai pensato, non sono nemmeno così diversi dallo sconosciuto e, anche relativamente fortunato, che aveva appena avuto un incontro ravvicinato di tipo molto particolare con l’adultera. Perché in fondo, anche costoro, la usano. Avete forse sentito che qualcuno chiami quella donna per nome o le rivolga la parola o le conceda almeno un minimo spazio di una difesa, se non altro, d’ufficio? Niente di tutto questo. E’ posta lì in mezzo come “un mezzo”. Il loro scopo è un altro. Alla fine di questo vangelo l’unico che prenderà quella donna sul serio, come persona a cui rivolgere un “Tu”,  è Gesù. Chi prima stava con lei, l’ha abbandonata al suo truce destino e chi se l’è trascinata dietro fino al tempio, in fondo la ignora e la disprezza. L’unico che la considera davvero è il Signore, che tra l’altro, conosce i peccati di lei meglio di tutti i suoi accusatori, se vogliamo, ma non si ferma a guardare solo che cosa la donna ha fatto. Anzitutto vede lei.

La domanda dei farisei è intrigante, ben congegnata. “Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare donne come questa: colte in flagrante adulterio. Tu che ne dici?”

Effettivamente hanno pensato bene, con astuzia, al caso da proporre al maestro di Galilea. Perché qualunque cosa avesse detto, avrebbero avuto materia per rivoltarla contro di lui.

Avesse, ad esempio, apertamente smentito la legge dicendo “anche se fu scritto così, Io vi dico…” ecco un altro capo d’accusa per portare Gesù in giudizio. In realtà non gliene mancavano: Gesù aveva apertamente operato in alcuni momenti, come al di sopra della legge. Rispetto al sabato ad esempio; o alla Sacralità dei genitori dei quali lui affermava d’essere anche più importante. Non aveva esitato, quando gli facevano notare che si prendeva troppe libertà, a giustificare il suo modo di procedere, affermando che lì, in mezzo a loro in Lui (nella sua persona) c’era molto più di tutto quello che Davide e i profeti avessero mai incontrato in altri casi biblici nei quali si ammetteva delle eccezioni alla legge. Gesù, insomma, non faceva mistero di essere la fonte di quella legge, e la sua pienezza, e dunque anche il suo superamento, ovviamente irritando  gli osservanti, scrupolosi, farisei. Se in questo caso avesse detto “non ha importanza quello che prescrive la legge antica, Io ora volto pagina” ecco che subito sarebbe stato facile accusarlo. Ma Gesù tace.

Se avesse, al contrario, confermato la legge dicendo “E’ vero: in Levitico, in Deuteronomio (nei testi della Torah, dei Padri) è chiarissimamente scritto che gli adulteri devono essere eliminati dal popolo santo per lapidazione. Procedete dunque.”

Bhè, questa risposta senz’altro sarebbe suonata molto strana alle nostre orecchie, ma anche alle orecchie di chi lo seguiva fino a quel momento. Lui che predicava misericordia e perdono e che pendeva per i peccatori come molte volte, i suoi gesti e le sue scelte fanno capire. Ma soprattutto avrebbe immediatamente dato motivo di dire “Se in questo caso sei così attento alle norme scritte nella legge, perché in altri casi, invece, le ignori o le sorpassi.” Comunque avesse risposto era in un momento di difficoltà.

Gesù si sottrae a questo meccanismo. Si sottrae facendo un gesto che ci sembra enigmatico, strano, facciamo un po’ fatica forse, a capirlo: si china, davanti a loro, e comincia a scrivere per terra col dito. L’evangelista, non so se per una deplorevole, gravissima amnesia, o per altri motivi, non riferisce cosa Gesù stesse scrivendo. Non vi dico i commentatori di tutti i tempi, antichi e recenti, sono diventati matti a immaginarsi cosa poteva scrivere. Sant’Agostino, per citarne uno, che c’entra un po’ con la compagnia che abbiamo qui, diceva che probabilmente Egli scriveva sulla sabbia i peccati della donna e di tutti i presenti che, con un colpo della sua mano, avrebbe poi cancellato con misericordia.

E’ una audace immaginazione di un Santo che poi ha sperimentato sulla propria pelle nella propria vita cosa vuol dire cambiare vita, diventare una nuova creatura. Però… sarei per certi aspetti, meno…audace. Perché, se, l’evangelista, non ha scritto che cosa Gesù stava scrivendo o se la Divina Provvidenza glielo ha fatto dimenticare, vuol dire che in questo caso più del testo è importante il gesto. Immaginatevelo –il Tempio- forse ne avete visto una ricostruzione: con il Santo dei Santi, l’edificio centrale, circondato da un primo recinto e poi da uno più grande ancora e poi dal vastissimo cortile delle genti (dove non solo gli Israeliti, ma tutti i popoli erano invitati tramite Israele a cercare il volto del Dio vivente). Poi era diventato un po’ un luogo di mercato e su questo Gesù intervenne, come vi dicevo. Quel vastissimo spazio che circonda il Tempio, il lastricato del Tempio, era forse lastricato in modo meno fine, elegante, artistico, di questa Chiesa, però sempre di lastre di pietra era coperto. Dunque l’immaginazione di Agostino si è spinta troppo in là pensando alla sabbia. In effetti di pietra si trattava, la grande pietra erodiana probabilmente.

Non vi ricorda nulla? Che uno con il dito scriva su lastre di pietra?

Carissimi amici, il Signore… era interpellato su un cavillo giuridico… da alcuni esperti che pensavano di averlo messo in gravi difficoltà. E loro si ritrovano ben conciati, perché tra tutti quelli in cui potevano imbattersi hanno pescato proprio l’autore della legge.

“A me venite a chiedere cosa c’è scritto? Io, che ne sono il primo autore?” Ah, tra l’altro, non vi sfugga: i farisei hanno posto la domanda proprio esattamente “Mosè, nella legge, ci ha comandato”. Non hanno detto “Dio, nella legge di Mosè ci ha comandato”. Voi sapete infatti che le tavole scritte col dito di Dio e ricavate nella pietra dalle mani di Dio, sul monte, andarono distrutte poco dopo per la furia che scatenò nel cuore di Mosè un grande risentimento davanti al peccato del vitello d’oro. Quelle lastre andarono immediatamente perdute. Fu necessario, per cui, riscrivere tutto da capo. E qui, francamente, non si capisce bene come sia andata a finire. Perché vai nella scrittura e tu vedi che nel libro dell’Esodo, credo al capitolo 34 (se non mi ricordo male) il Signore dice a Mosè :”adesso le Tavole te le intagli tu, tanto per cominciare, perché quelle che avevo fatto io me le hai appena rotte e buttate via. Dopo che te le sei intagliate riscriveremo la legge.” E Mosè si prostra, e chiede al Signore che abbia pazienza e misericordia e intaglia le lastre e intanto Dio gli ripete tutti i comandi e quando ha finito dice ”e mò scrivi”… Mosè è un attimo disorientato. La riga dopo si dice che il Signore scrisse le tavole, però non si parla più del suo dito e si lascia intendere che l’autore della legge che è giunta a Israele è Dio, ma attraverso Mosè che l’ha trasmessa come l’ha capita, o come l’ha ricordata. Ha bisogno di tornare all’originale fonte. Capite, ad esempio, quando verrà fuori la questione del “è lecito ripudiare o no la moglie” e Gesù riconduce a quello che Mosè diceva, a quello che dall’inizio era l’intenzione divina e che Lui conosce perché è Dio stesso, allora in questo caso il Signore fa proprio capire :“guardate, sul testo, non potete prendermi in fallo, in castagna, io proprio so esattamente di cosa state parlando”.

Vi siete mai presi la briga di andare a guardare che cosa dice, l’antica legge, sul caso delle adultere? Certo! Dice che vanno lapidate, ma rinvia a un altro passaggio la regolamentazione di come vada eseguita la sentenza di morte. E nel diciassettesimo capitolo del Deuteronomio, Mosè prescrive che a iniziare la lapidazione debbano essere i testimoni del peccato. Almeno due. I due, almeno, testimoni del peccato, sono coloro che hanno la responsabilità e il diritto esclusivo di dare inizio alla lapidazione, poi seguiti da tutto il resto della gente. E Gesù, su questo punto, visto che insistevano, si rialza e gliela ribalta :”Voi avete letto e citato la legge di Mosè solo a metà, e allora Io vi ricordo l’altra parte. Certo! Una donna colta in adulterio andrebbe lapidata, ma la legge continua dicendo che possono iniziare la lapidazione solo i testimoni”.

Ora, gente! Ci sono due modi di essere presenti a un peccato: o come testimoni o come complici.

Il Signore dice :”Testimoni? Bene: allora chi non c’entra niente, in alcun modo, con la colpa di chi hai davanti, quello è un testimone perché se c’entra un po’, non è più un testimone, ma un complice. E la scrittura non gli dà la facoltà di iniziare la lapidazione. Chi di voi è senza peccato e dunque è l’unico vero e proprio testimone: inizi pure.”

Poiché i nostri cuori, le nostre vite, le nostre grazie e le nostre disgrazie sono tutte intrecciate e noi non ci si può separare uno dall’altro e non possiamo pensare che il peccato risieda solo di fronte a me in qualcuno, come se io non avessi contribuito con la mia miseria anche alla sua. E su questo il Signore li mette tutti in fuga. A partire, fortunatamente, dal più anziano, che è quello che, avendo vissuto di più, più di altri si rende conto che con il male in circolazione nel mondo, siamo un po’ tutti compromessi.

 

“Se ne andarono uno per uno”.

Il Signore è stato abilissimo perché, come capite, non ha avuto bisogno di smentire la legge, l’ha solo applicata fino in fondo, mettendo in evidenza che essa è stata scritta da Dio in modo che l’esecuzione della condanna non fosse attuabile. Il Signore l’ha pensata bene. Il Signore effettivamente condanna l’adulterio e lo condanna in maniera pesante nella Sua legge perché ci tiene tantissimo alla Santità e alla bellezza del matrimonio: perché il matrimonio è, fra tutte le cose di questo mondo, lo specchio più vero e più pieno del Suo rapporto con l’umanità e con la Chiesa. Dunque non può non patire come qualche cosa di dolorosissimo ogni oltraggio, ogni calpestamento della bellezza, della Santità, dell’armonia del matrimonio; non lo può prendere sotto gamba e invitare noi a fare altrettanto: è impossibile! Andrebbe contro la sua stessa alleanza. Ma nello stesso momento, non è venuto perché il peccatore muoia, ma perché si converta e abbia vita.

E agisce così:

Rimasti soli alla fine, là in mezzo, ci sono loro due: la donna e Gesù. La miseria e La misericordia.

E Lui le si avvicina. Finalmente, unico tra i tanti, a rivolgerle una parola e a volerle bene. Perché ne avrà visti parecchi di uomini questa donna, o forse anche no, non è neanche scontato, ma in ogni caso chi era con lei poco prima, probabilmente non la amava e comunque, di certo, non l’amava come la sa amare Gesù.

 

E con un amore inconfondibile e commovente, insuperabile e grandissimo, Gesù le si avvicina e le chiede:

“Donna, dove sono? Non ti condanna nessuno?”

Immaginatevela tremante e tramortita che alza lo sguardo, con un filo di voce, senza neanche credere a quello che ha davanti agli occhi, perché si sentiva già morta… era solo questione di una piccola dilazione di tempo per questa faccenda tra loro e Gesù, ma ormai lei sapeva di non avere futuro. E vedendo che non ci sono più i suoi potenziali carnefici, con sorpresa e commozione gli dice :”Nessuno Signore è qui a condannarmi: sono andati via tutti.”

” Neanche io. Va e d’ora in poi non peccare più”.

Con questo congedo, meraviglioso, che è impossibile che non ci emozioni un po’, il Signore ci dice più di una cosa: bellissima. La prima è che il suo sguardo, a differenza del nostro, non ci inchioda al nostro passato, ma sa vedere sempre il nostro futuro. Non ignora il nostro passato, ma certamente noi non siamo, per Gesù, solo quello che siamo stati. Noi per Lui siamo, prima di tutto, quello che potremmo ancora diventare. Tu non sei “l’adultera”, tu non sei “l’incallito truffatore del banco delle imposte”, tu non sei “il guerrigliero zelota”, che ha solo violenza tra le mani; tu sei “la futura santa”, “il futuro apostolo”,” il grande missionario”, cioè io vedo in te il tuo futuro e non ti inchiodo al tuo misero passato. Ti do la possibilità di uscire fuori da quella prigione nella quale molte volte ci rinchiudiamo da soli, con le nostre scelte assurde e dalla quale non si esce, né con buone tecniche di psicanalisi, né con semplici giustificazioni. E’ solo un amore più grande e uno sguardo nuovo che ti fa diventare nuovo e più grande: non c’è altra via. E’ solo l’incontro con Gesù.

Gesù conferma che quello che c’era alle spalle è peccato. Le dice :” non peccare più”. Dunque non minimizza quello che la donna si lasciava alle spalle. Non è uno che mette tutti d’accordo e in qualche modo annacqua la visione delle cose per dire:”ma si, coraggio! In fondo non hai fatto così male, in fondo avevi bisogno di un po’ di consolazione e poi, via!, magari tuo marito ti trascurava anche, non ti degnava mai di uno sguardo, non ti faceva mai un complimento…” Il tono del discorso del Signore non è questo. Che normalmente invece è la piega che prendono i discorsi nostri, umani, incapaci sia di vero perdono, sia di vera consolazione. Noi ci arrabattiamo in questa maniera qui. Gesù invece è limpido, dritto :”non peccare più”. Ma gliel’ha detto in un modo che l’ha reso possibile. Non l’ha lanciata in un’avventura impossibile e insostenibile. Le ha detto :”và” . Ecco, questa è l’unica cosa un po’ bizzarra, perché in effetti intendeva dirle :”resta”. Solo in apparenza le ha detto “và”, ma in effetti da quando l’ha presa, da quando Lui le ha preso il cuore, è come se le avesse detto :”dovunque tu vada, resta con me, allora non peccherai più, allora la vita nuova è possibile perché io vivo con te e in te”. E questo è ciò che ignoravano completamente anche i più euforici e pignoli osservatori della legge. Che cercavano una giustizia impossibile e senza cuore, mentre non c’è altra giustizia che quella della fede, cioè dell’essere una cosa sola con Dio, l’unico buono.

Il Signore abbia un po’ misericordia se l’ho servito solo un pochino e altre cose, però, evidentemente ve le vuole suggerire a tu per tu e approfittando di essere alla Sua presenza, adorandolo, continuiamo a ripercorrere questa bellissima pagina come se ci trovassimo lì: su quel lastricato, vicino alla donna, vicino a Cristo; anche noi contenti di aver ritrovato un perdono immenso.