Una vita nel Vangelo, una vita con Cristo

Questa è la catechesi che don Ugo Borghello aveva preparato per il nostro incontro del 29 febbraio del monastero wi-fi di Bologna, al quale sarei voluta andare anche io, di ritorno da Arenzano (sigh!). Sarebbe stato presente anche il cardinal Zuppi. E’ una miniera d’oro di spunti preziosissimi.
Don Ugo da tempo prega e riflette e scrive sul tema di come “Rendere possibile una vita nel Vangelo, una vita con Cristo, in una comunione wi-fi, reale,forte, ma compatibile con le situazioni più intricate e diverse della vita nel mondo attuale”.
Un tema decisivo in questa fase della vita della chiesa, e ovviamente ancora di più in questo tempo particolare in cui l’isolamento è ancora più visibile.

Scuola di preghiera – scuola di comunione

di don Ugo Borghello

MONASTERO WI-FI, BOLOGNA 29 febbraio 2020

Uno dei documenti più belli e importanti del magistero pontificio è l’esortazione apostolica Novo millennio ineunte di san Giovanni Paolo II. Il Papa ha voluto darci un programma pastorale per il nuovo millennio, che portasse a compimento lo spirito del Concilio Vaticano II, basato su due grandi colonne: chiamata universale alla santità e spiritualità di comunione.

Il documento edifica la pastorale rinnovata su queste due colonne, invocando la Chiesa ad essere scuola di preghiera e scuola di comunione.

Per la scuola di preghiera occorre distinguere la preghiera propria della dimensione religiosa dell’uomo dalla preghiera nella fede che Gesù inaugura sulla terra. La prima è rivolta ad un Dio trascendente, lontano, onnipotente, per ringraziarlo dei suoi benefici, lodarlo e sperare di essere protetti ed esauditi nei nostri bisogni. La seconda è quella dell’intimità filiale: il Dio lontano si è rivelato Padre, si è incarnato, si è fatto massimamente vicino, intimo a noi, sempre presente. Ci vuole figli e per questo ci dona lo Spirito Santo meritato da Gesù sulla Croce. Gesù prega da figlio e gli apostoli si rendono conto che prega in un modo nuovo rispetto agli ebrei, e gli chiedono: insegnaci a pregare. La preghiera di religione si rivolge al potere di Dio, al Dio-potere, mentre la preghiera di fede si rivolge al Dio-amore.

La religione è connaturale all’uomo e anche gli atei hanno dogma e morale, appartenenza confessionale socio-sacrale con tanto di riti, libri sacri e profeti, più che atei sono idolatri. La fede viva è di coloro che entrano nel Vangelo, in comunione trinitaria, in intimità con Cristo. La religione è necessaria, ma confusa dal peccato originale; non salva. La preghiera di religione è al Dio lontano, con preghiere, liturgie, voti e richieste. La preghiera di fede è l’orazione; quando pregate chiudetevi in camera vostra e rivolgetevi al Padre che è nel segreto. Così pregava Gesù. Senza orazione, dialogo interiore, non c’è fede. Aver sete di Dio vuol dire passare da una preghiera di religione ad una preghiera di fede viva. La fede è nel Risorto, che è con noi ogni giorno fino alla fine del mondo; chi ha fede parla amichevolmente con Gesù. Come due fidanzati, si pensano tutto il giorno ma si ritagliano un po’ di tempo per un dialogo tra loro. Il centro rimane la celebrazione eucaristica, la liturgia, ma in modo mistagogico: vivendo il mistero che si celebra.

Insieme alla preghiera occorre la spiritualità di comunione. La fatica più grande di Gesù non è stata nel fare miracoli e predicare, ma nel costituire una piccola comunità di 12 apostoli, scelti in modo da non risparmiarsi conflitti (tra giudei e galilei, tra zeloti e collaborazionisti dell’impero romano, …). L’incontro con Gesù risorto è possibile solo nel suo Regno, nella comunione ecclesiale, pur che sia primaria rispetto agli altri vincoli relazionali nella società; purtroppo ciò si dà molto raramente nei cristiani in mezzo al mondo. Gesù implora il Padre che conceda ai suoi discepoli di essere una sola cosa come è la comunione nella Trinità. E affida a questa comunione la possibilità che il mondo sappia che lui è il Salvatore. Ogni evangelizzazione nasce dalla visibilità della nostra comunione in Cristo. Il comandamento nuovo non è da prendersi come virtù personale, ma come carta costituzionale del Regno. Gesù usa la parola Entolen che nel suo etimo più appropriato indica l’editto reale, la costituzione del Regno: se volete entrare nella salvezza del mio Regno sappiate che lì ci si ama come io ho amato voi.

La comunione trinitaria non si dà nelle religioni, ma solo nella fede teologale. È operata dallo Spirito Santo a Pentecoste. Per secoli si è ritenuto che si possa dare solo negli ordini religiosi, tanto è vero che neppure il presbiterio diocesano era impostato su tale comunione, ma solo su di una appartenenza socio-sacrale.

Nel secolo scorso molte realtà carismatiche hanno dimostrato che anche i laici in mezzo al mondo possono ritrovarsi uniti in Cristo con un solo cuore e un sola anima.

Ma occorre riscoprire il battesimo, vocazionale e in comunione, per tutti quelli che vogliono ritenersi cristiani.

È vero che nessuno è perfetto e che si è più o meno cristiani, ma diverso è se solo con un po’ di pratica religiosa e liturgica o se in un cammino di santità che unisce i cuori. Se uno non è sposato sarà più o meno un bravo lavoratore, un bravo amico, ecc. ma non sarà più o meno sposato. Ugualmente se uno non ha una appartenenza trinitaria, sarà più o meno praticante della dimensione religiosa del cristianesimo, ma non sarà più o meno nella comunione del Vangelo.

Qui si pone l’esperienza nascente del MONASTERO WI-FI

Rendere possibile una vita nel Vangelo, una vita con Cristo, in una comunione wi-fi, reale, forte, ma compatibile con le situazioni più intricate e diverse della vita nel mondo attuale.

Voi tutti siete qui col desiderio sincero di attuare il Vangelo nelle vostre vite, contando sull’azione dello Spirito Santo e su di una comunione del tutto necessaria anche se ben diversa dalla vita nei conventi.

Per entrare nel Vangelo ci sono alcuni punti di riferimento. Ne individuo 5 del tutto necessari:

CHIAMATA – SEQUELA –COMUNIONE TRINITARIA – REGOLA DI VITA O CAMMINO DI SANTITà – MANDATO APOSTOLICO

 

CHIAMATA: “venite a me, voi tutti”(Mt 11, 28)

La nuova evangelizzazione richiede un Kerigma un annuncio che ci pone a contatto con la chiamata di Cristo. Il Kerigna annuncia il Risorto, ma nel suo Regno. Gesù annunciava il Regno, che implica una scelta di campo, una decisione a seguire Gesù che ci chiama, in comunione con i fratelli. Lo sottolineava Benedetto XVI nell’Enciclica Deus caritas est, dove dice: “il punto di partenza della vita cristiana è in un incontro decisivo con Cristo”. Decisivo vuol dire che si prende una decisione, che si lasciano i calcoli e le sicurezze umane per fare di Cristo la nostra ragione di vita.

La chiamata risuona nella Chiesa, attraverso gli apostoli o pastori, e ci coinvolge in un cammino ecclesiale. Il primo risuonare del kerigma è nel giorno di Pentecoste, quando Pietro annuncia la risurrezione di Gesù e 3.000 entrano nella Chiesa quel giorno.

 

SEQUELA

Chi ascolta nel profondo del cuore e nella proposta ecclesiale la chiamata di Gesù, è invitato ad una scelta che suppone una conversione profonda, una rottura con un cristianesimo diluito e asettico. La sequela è come un matrimonio: non ammette sconti. È scelta di vita, una nuova identità, cristocentrica, col desiderio sincero di vivere secondo il Vangelo sine glossa. L’unico esempio della fede è il matrimonio. Già gli ebrei non paragonavano mai la Torà alle religioni circostanti, ma al matrimonio ed hanno nel Cantico dei cantici il cuore della Legge. E un matrimonio non si può fare a metà, sarebbe una pena. Ma nella buona e cattiva sorte. Così si segue Gesù: prendendo la Croce, che non vuol dire andare a cercare della cattiva sorte, ma pronti a tutto, perché l’amore di Gesù supera ogni croce e libera da ogni paura. Disposti a tutto non vuol dire che si è già santi: il Vangelo è per i peccatori, così come il matrimonio non è per genitori perfetti, ma in cammino.

Si tratta di scoprire la vocazione battesimale, come chiave di volta della nuova evangelizzazione. Occorre radicalizzare la relazione con Gesù, ma questo, come per il matrimonio, non si può fare da soli.

 

COMUNIONE

Da soli non si può essere nel Vangelo. La fede come vocazione nasce nella Chiesa, insieme ai fratelli. Già prima dicevo di come Gesù ha avuto la sua grande fatica nel preparare allo Spirito Santo una piccola comunità che avrebbe dato via alla sua Chiesa, al Regno, alla Nuova ed eterna Alleanza.

Occorre capire che tutti viviamo in società, ma con un legame di appartenenza primario là dove il cuore si sente accolto, valutato, amato. Può essere in una tribù di primitivi come di qualunque villaggio medievale, ma anche oggi tutti, in genere senza saperlo, curano una immagine sociale da cui trarre senso alla vita. L’immagine si consegue con prestazioni che danno riconoscimento, pur che si ottenga un certo successo. In genere è con il lavoro che l’uomo si sente importante per le persone essenziali, mentre la donna ha sempre puntato sul matrimonio e sui figli. Oggi la donna vive un’altra stagione, ma la condanna di Eva è sempre presente in lei: se l’uomo non la ama o se non nascono figli o quando i figli si rendono autonomi, si sente il dolore del parto. L’appartenenza primaria detta legge su come pensare e su come comportarsi. È impressionante vedere a quali sacrifici ci si sottopone per curare la propria immagine davanti ad altri. E poi ci sembra che Gesù ci chieda troppo se ci si vuol decidere a seguirlo da vicino. Dalla grande tradizione cattolica si è passati a tribù, ideologie, o partiti diversi, sempre più secolarizzati. E se si ha un discreto successo nella propria appartenenza secolarizzata si è del tutto refrattari ad ascoltare le catechesi della Chiesa. Impossibile convincere un relativista, più o meno come un musulmano. E nella Chiesa è impossibile trovare un tradizionalista che convinca un progressista o viceversa.

Solo una conversione comunitaria, ad una appartenenza basata sulla fede viva, può portare il cuore ad accogliere le verità cristiane. La catechesi non basta. Le esortazioni con cambiano la vita. I documenti del magistero, Sinodi ed encicliche comprese, non cambiano nulla, è l’appartenenza che cambia. Solo dove ci si unisce con comunione trinitaria si è recettivi dei contenuti del Vangelo. Gesù prima chiamava e poi li istruiva. Pensate a Matteo, un pubblicano peccatore pubblico: segue Gesù senza alcuna catechesi e diventa apostolo.

Sembra difficile mantenere in mezzo al mondo una profonda vita interiore, un afflato di carità verso i fratelli e verso i bisognosi, una proiezione apostolica, ma se si parte insieme, pronti a tutto, diventa possibile puntare alla santità cristiana, che è dono di grazia, per tutti i battezzati. Ormai sono numerosi i cristiani che escono dalle spire del secolarismo, dalla mediocrità di una pratica sacramentale più sociologica che mistagogica, attraverso l’esperienza esaltante di un cammino carismatico. Non basta una pastorale studiata a tavolino, non bastano le riunioni organizzative, se non c’è la gioia di un cammino di fede in unità di cuori.

C’è chi teme i gruppi elittari o una chiusura difensiva. Si possono dare chiusure presuntuose o settarie, ma ciò non deve trarre in inganno: una fede viva richiede un vincolo di amore reale, forte, che rimane aperto a tutti proprio per la spinta dell’amore. Pentecoste crea un legame di alleanza molto forte: guardate come si amano, commentavano dei primi cristiani, ma aperto a tutte le lingue. L’amore rende sensibili ad ogni persona, si va a braccetto con chi non la pensa come noi, e soprattutto si diventa molto più sensibili ai bisognosi, come ci sprona Papa Francesco. L’errore che si può fare è che per mantenere la parrocchia aperta a tutti si offre un minimo di pratica sacramentale e un po’ di catechesi. Le parrocchie rimarranno sempre aperte a tutti, ma devono poter offrire a chi vuole un cammino di santità, un vincolo di comunione trinitaria. San Giovanni Paolo II dice nel documento che ho citato che prima di organizzare l’assistenza ai poveri occorre favorire una mentalità di carità, una vera spiritualità di comunione, e per questo la Chiesa intera deve diventare scuola di comunione.

In una società che rende i vincoli familiari e religiosi sempre più fragili, occorre scoprire nella fede un vincolo di famiglia, che abbraccia le famiglie umane in una rete di famiglie, a sostegno della dimensione sacramentale del matrimonio cristiano. Solo dentro il Regno il matrimonio diventa luogo di santità, di incontro con Cristo e di evangelizzazione.

Su questo siamo molto indietro. Il demonio usa la giustizia e la responsabilità per corrompere la carità. Se il Papa parla di misericordia c’è chi subito aggiunge che c’è anche la giustizia; è vero ma la misericordia di Dio è infinita mentre la giustizia è somma, si esercita sui mezzi. Non è fifty-fifty, ma 1 a 100. Gesù diceva ad una santa mistica, santa Caterina da Genova: se sapessi come amo quella persona non potresti più pensare a nulla per tutta la tua vita. E quella persona sei tu ed è ognuno che ti si avvicina. Siamo molto indietro. San Paolo dice ai Romani: abbiate un solo dovere gli uni verso gli altri: di amarvi. Un solo dovere. E l’amore crea legami, virtù relazionali, comunione trinitaria. Il bello è che il comandamento nuovo non dipende dai nostri sforzi, è opera di grazia; è nuovo rispetto al dovere di “amare il prossimo come se stessi”. Però è verifica della grazia: “da questo sapranno che siete miei discepoli”; se non si vede la comunione trinitaria vuol dire che non lasciamo agire lo Spirito nel nostro cuore, che i nostri desideri vanno altrove, che dobbiamo contemplare il dono e riempirci di desiderio. Tutto il soprannaturale è dono, ma bisogna desiderarlo, perché l’amore non può imporsi La collaborazione alla santità non è nei nostri meriti, nelle nostre opere, che sono frutto della grazia, verifica che la grazia riesce ad operare in noi. La collaborazione è nella libertà: vuoi? Vuoi seguirmi? Vuoi il dono del mio amore? Però bisogna desiderarlo e volerlo più di ogni altra cosa, come vero salvatore.

 

REGOLA

Un cammino che risveglia la fede dei primi cristiani, implica la forza della comunione attraverso una piccola regola comune che garantisca la vita di preghiera, la vita sacramentale, la forza della Parola, momenti di formazione comuni e di festività gioiosa.

Il monastero wi-fi è nato proprio dalla necessità di aiutarsi ad avere vita interiore, con momenti di preghiera personali e qualcuno insieme; con la pratica fondamentale dei sacramenti della confessione e dell’Euccfarestia, con l’approfondimento della Parola. In mezzo al mondo non si vive come in un monastero benedettino dove tutto è scandito: occorre una “regola” agile che si adatti alle circostanze che accompagnano la vita familiare e professionale. Per tutti vale un tempo di meditazione, secondo il comando di Gesù: “quando pregate chiudetevi in camera vostra e rivolgetevi al Padre che è nel segreto”. Gesù pregava in questo modo, da figlio, tutti i giorni, qualche ora e a volte tutta la notte. L’orazione non è un opzional, è, insieme all’eucarestia, nel cuore della fede vissuta, fede nel Risorto, presente a noi, con cui ci si intrattiene.

Non tocca a me indicare i contenuti di questa “regola”, che tra l’altro non può essere uguale per tutti nei contenuti. Chi può andare a messa tutti i giorni e chi no. Chi può recitare il rosario e chi preferisce le Lodi e i Vespri. Una visita al santissimo quotidiana è più che opportuna. Un esame di coscienza, la lettura quotidiana del Nuovo Testamento. Pensate che c’è chi si considera cristiano e non ha mai letto una volta tutto il Nuovo Testamento, mentre ha letto montagne di manuali per laurearsi e tante altre cose. Poi ci si meraviglia che entri il secolarismo nella Chiesa!

E ci devono essere degli incontri comuni, di ritiro o di catechesi, ma anche di festa, con una certa periodicità.

In mezzo al mondo non è facile vivere sempre con fedeltà la regola; occorre una spirito da figli, desiderosi di essere fedeli ad un vincolo di amore, ma senza farne un impegno moralistico. Pur di desiderare e lottare per un compimento fedele, quando non ci si riesce si rimane sereni, col proposito di continuare senza esitazioni.

L‘importante è che con la “regola” ci si mette in cammino con gli altri. Si crea un legame di comunione dei santi. Chi è fedele sostiene la fedeltà degli altri. È la forza dell’amore che rende capaci di perseverare nei labirinti della vita quotidiana. I momenti della regola sono come gli appuntamenti dei fidanzati: il problema non è la fedeltà personale ad una regola, ma un sentire comune alimentato dal rapporto con Dio e dai momenti di incontro comuni.

La meditazione quotidiana sulla Scrittura, l’orazione nel dialogo amichevole con Gesù o con il Padre, insieme a momenti di ritiro, formano la scuola di preghiera che san Giovanni Paolo II indicava come programma pastorale prioritario, insieme alla scuola di comunione.

 

MISSIONARIETÀ

Gesù chiama e manda: “come il Padre ha mandato me, così io mando voi, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. Nessuno può considerarsi cristiano se non sente il bisogno di dare una mano a Gesù per realizzare il suo Regno. Quando diciamo “venga il tuo Regno” dobbiamo sentirci coinvolti a realizzarlo insieme. Il comandamento nuovo è dono di carità carismatica che si diffonde intorno a noi, dono gratuito per la felicità di tutti. Si incontra con tutti i bisogni, del corpo e dello spirito. Si riempie di opere di misericordia, corporale e spirituale. Aiuta fisicamente chi è nella sofferenza, ma è sempre attento alla più grande miseria: ignorare Cristo.

Occorre testimoniare la bellezza del Vangelo. Tutti pensano di sapere cos’è il Vangelo, ma sono lontanissimi dallo scoprirne la bellezza e anche, lasciatemelo dire, la facilità (se si guarda le croci che affliggono chi non ha un cammino di santità, scoprirà che seguendo Gesù si vive molto più serenamente). Il serpente per ingannare Eva ha abbruttito il volto di Dio. Della Chiesa si ha un’idea piuttosto palliduccia. I giovani la vedono come sorvegliante, severa, che impone sacrifici, preghiere e quaresime. A scuola per tanti professori di matrice marxista è un gioco da ragazzi presentare la Chiesa come oscurantista, che condanna Galileo, che condanna con l’Inquisizione. Basta leggere il libro di Umberto Eco, Il nome della rosa, per vedere una Chiesa brutta e pertanto da non seguire.

Invece il Vangelo è bellissimo: buona novella, apportatore di salvezza. La salvezza non è scansare l’inferno, ma avere il cielo nel cuore, senza più paure. Un amore più grande di ogni croce che viene dalla vita. La croce di Cristo è un amore più grande delle croci che la vita porta a tutti. Solo che bisogno prenderlo sul serio, con tutto il cuore. Come un matrimonio: a metà è un disastro. E come il matrimonio non si può entrarvi da soli, ma in un cammino insieme ai fratelli. La comunione trinitaria è esaltante. La bellezza di volersi bene, senza timore del giudizio, dà la forza della lealtà, supera ogni ostacolo, rende fedeli nel tempo.

Ognuno deve testimoniare la propria fede con semplicità e parresia. Testimoniare non vuol dire insegnare, discutere, voler convincere: ma solo confidare che si affronta la vita con la gioia della fede e con una appartenenza basata sul Vangelo. Ognuno secondo le sue prerogative, ma non solo con l’esempio; occorre una parola di testimonianza.

 

ATTO GENERATIVO

Il problema più acuto della nuova evangelizzazione consiste nel fatto che a dirci queste cose non cambia nulla. La catechesi non cambia la vita, aiuta solo chi già si è convertito ad un cammino reale e concreto. Se parlo di come educare i bambini a chi non ne ha, semino aria fritta. Prima occorre l’atto generativo. Se parlo di carità a chi non vive in un cammino di comunione trinitaria, rimangono parole al vento. È un po’ la tragedia di documenti del Magistero, magari stupendi come la Novo millennio ineanute o la Evangelii gaudium, dove non è segnalata con chiarezza la necessità di una proposta vocazionale per una sequela di Cristo insieme ai fratelli. Per questo occorre che ovunque si ritrovano tre cattolici nasca una cammino di comunione. E il problema della generatività, propria di una relazionalità familiare e sociale. La Trinità comprende la genetorialità del Padre. La Chiesa deve trovare il modo di coinvolgere in nuova vita i battezzati svuotati da tradizioni insufficienti e in via di decomposizione. Il secolarismo ha preso la grande maggioranza dei cristiani. È urgente una nuova evangelizzazione attraverso spazi di vita cattolica coerente con il Vangelo, dove può esprimersi la comunione trinitaria.  Non c’è altro modo di riportare il Vangelo nel vecchio Occidente.  I fondatori di realtà carismatiche hanno trovato di fatto il modo di coinvolgere numerosissimi fedeli in cammini di santità. Ma è nella Chiesa istituzionale che tutto deve essere proiettato a costituire cammini con carisma di Pentecoste.

Si propone un cammino concreto, con tanto di “regola”. Si propone di scoprire un mondo nuovo, ma occorre imbarcarsi per raggiungerlo. Troppi cristiani vivono nella foresta; qualcuno scende in riva al mare la domenica, e sente parlare di un viaggio nel mondo nuovo, ma poi torna nella foresta. Non è difficile proporre la scelta, occorre solo farlo con decisione, nel rispetto pieno della libertà.

Oggi può essere l’occasione per molti di voi di scegliere di vivere secondo il Vangelo, senza sconti, decidendosi a partire con chiarezza e concretezza nel Monastero wi-fi. Ricordate: il Vangelo è bellissimo, è la grande avventura, se lo si sposa senza remore, senza chiedere sconti. Non si tratta di essere santi, ma di desiderare l’azione dello Spirito Santo: il Vangelo è per i peccatori, per te e per me. Ma non da soli.

 

Il monastero nasce dal bisogno di aiutarsi ad avere vita interiore. Ma potrebbe sfuggire l’elemento decisivo: l’aiutarsi. Che non può essere un semplice organizzarsi per vedersi ogni tanto o una serie di catechesi che spronano alla vita di fede. L’aiutarsi del Vangelo è la condivisione di fede, nella carità

Occorre che la Chiesa sia sempre più carismatica, in ogni sua espressione locale. Il fondatore è Gesù, presente nel Vescovo, nell’eucarestia, nella Parola e nel comandamento nuovo.

Con la parola carismatico non intendo il movimento carismatico (che pur rientra nella nuova evangelizzazione), ma il fatto che si possa vivere il Vangelo a misura alta, come diceva san Giovanni Paolo II, con l’afflato di Pentecoste, presente negli ordini religiosi, ma sempre più deve essere proprio di ogni cristiano. Tante realtà carismatiche sorte nel secolo scorso dimostrano che ciò è possibile a tutti i battezzati, in qualunque circostanza si trovino a vivere, pur che si uniscano ad altri che percorrono un cammino compatibile con le loro circostanze.

Dato che non penso che Costanza voglia essere fondatrice di un cammino carismatico, tocca a ciascuno il volersi unire nel Monastero wi-fi con tutto il cuore, Con lo spessore della scelta di vita, di destino: sentirsi uniti a vivere il Vangelo nella quotidianità, pregando gli uni per gli altri. Avendo un camino tracciato dalla Regola, sui generis, certo, ma necessaria per un monastero.

Posso terminare con il racconto della Leggenda Aurea, che raccoglie episodi dei primi cristiani. Si racconta che san Giovanni era ormai vecchio e non riusciva a parlare. Ripeteva sempre: amatevi gli uni gli altri. Qualche giovani si stancò e glielo fece notare: maestro, ci dici sempre lo stesso. E lui, raccogliendo le forze, “come sempre lo stesso. È il comandamento del Maestro, chi lo osserva compie tutta la legge. Colui che ha fatto l’esperienza più profonda di Gesù e della Chiesa, potendo dire una sola cosa di tutta la vita cristiana, non dice pregate, mortificatevi, fate opere di misericordia, ma “amatevi”.

Ugo Borghello

 

Bologna, 29 febbraio 2020