Padre Nostro

Monastero Wi-Fi

6 Giugno 2022, Battistero di S.Giovanni in Laterano

Catechesi di don Pierangelo Pedretti 

 

Volevo iniziare chiedendovi una riflessione veloce sul cammino di quest’anno sulla preghiera. È passato un po’ in quest’anno il senso profondo con cui abbiamo cominciato con il catechismo? Che poi è la tradizione cattolica, che quando si parla di preghiera non è una riflessione su Dio ma è un entrare dentro la Sacra scrittura e, conoscendo la storia del popolo di Israele e di nostro Signore Gesù Cristo, si comincia a pregare perché uno si specchia in questa storia e da lì nasce quella che è anche preghiera. Non lo dico in senso negativo, sentimentale, ossia la preghiera con cui ti relazioni con Dio e ti relazioni pensando ad Abramo, a Giacobbe, al sacrificio di Isacco, cioè ad alcuni passaggi (penso che avete visto in questo anno alcuni si altri no) in cui avete potuto vedere la vostra storia riflessa, rispecchiata.

Perché questo è importante, perché in genere moltissime persone, anche che pregano molto, e vale comunque, non lo sto disprezzando, ma lo fanno senza avere il contatto con la Parola, che è come dire: mi accontento di fare così sul fondo del tegame, mi accontento dei residui del sugo della pasta ma non addento mai una bella forchettata di spaghetti all’amatriciana, non so come dire…

Perché l’ignoranza della Sacra scrittura, come dice San Girolamo, è ignoranza di Gesù Cristo, ma ignorare Gesù Cristo significa non avere le chiavi per parlare con Lui, pregare è parlare con Lui, quindi questo è importante.

Pregare è mettersi in relazione con una persona. Anche nel linguaggio di tutti i giorni no, a volte diciamo ti prego ed è qualcosa che attiene alla relazione. Stasera io mi trovo in un certo imbarazzo a dover parlare della preghiera del Padre Nostro, la preghiera che Gesù ha insegnato. Mi trovo in imbarazzo perché Gesù stesso dice quando vi mettete a pregare non sprecate troppe parole, dice pregate così.

Quindi l’idea di metterci su troppe parole, quando Gesù le ha già insegnate e Lui stesso ha detto non sprecate parole quando pregate, mi provoca un certo imbarazzo, sono sincero.

E allora per preparare un po’ la serata di questa sera ho cercato di rileggere il Padre Nostro, così come ce lo propone il Vangelo di Luca al capitolo 11, cercando di spiegarlo come lo fa lui, con la stessa parola di Dio.

Ricordandoci che nostro Signore Gesù Cristo è l’immagine di Dio Padre, è l’immagine più perfetta di Dio Padre sulla terra. San Paolo stesso dirà se vuoi sapere chi è Dio, devi guadare Cristo crocifisso, la sua impronta, l’impronta del Padre è Cristo Crocifisso.

Come un’impronta sulla neve che ti dà molto bene le coordinate: se il piede è piccolo, se il piede è grande, se la scarpa aveva un carro armato sotto, se è liscia… Scusate l’esempio banale ma anche Dio utilizza delle immagini molto plastiche.

Gesù Cristo, che è l’impronta della sostanza del Padre, ci mostra il volto del Padre compiendo la storia di un popolo.

Il nostro Dio è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe… nei Vangeli, per esempio in Matteo trovate tutta una genealogia che arriva fino a nostro Signore Gesù Cristo, ed una genealogia di persone, cioè di storie e dunque anche questa rivelazione che Gesù fa nella preghiera del Padre Nostro.

Una preghiera che nelle prime comunità veniva nascosta fino ad un certo punto del cammino verso il battesimo, era una preghiera riservata a persone che nella loro vita avevano già maturato un’esperienza di Dio, una esperienza del Padre, prima ancora di iniziare ad accedere ai Sacramenti.

Noi che veniamo molti secoli dopo, noi abbiamo un’idea molto sacramentale anche della relazione con Dio. Questo non vuol dire che i sacramenti non ci vogliano e non servano ….attenzione!

Ma nell’accostarsi ad un sacramento senza avere un’iniziazione anche alla parola, il rischio è che tu vai ad una fonte meravigliosa, purissima, ma un conto è andarci con un cesto di vimini, che una volta che sei arrivato a casa hai già perso tutta l’acqua, un conto è andarci con una bacinella che trattiene tutta l’acqua e di cui puoi continuare a godere. Quindi anche questa preghiera non vale in una forma intellettuale o anche filosofica o spieghiamo tutte le paroline, ma bisogna sempre stare in un approccio storico, scritturistico.

Gesù Cristo sta compiendo la storia di questo popolo Israele, e c’è un luogo concreto dove Gesù ha insegnato questa preghiera: una grotta che sta vicino al luogo dell’Ascensione, per chi di voi è andato in terra Santa; il luogo dell’Ascensione oggi è sotto la custodia dei musulmani, dove c’è una pietra, si va lì , si bacia dove Gesù è asceso al cielo; poi attraversi la strada, ci sono tutta una serie di grotte, dentro le quali c’era la consuetudine, l’uso di andare a pregare, di ritirarsi, e una di queste è quella in cui Nostro Signore ha insegnato questa preghiera del Padre Nostro.

Una preghiera quindi, per ciò che vi sto dicendo, che non nasce dal nulla, non è una poesia che diventa preghiera. Viene da Gesù, ma tutto il trasfondo di questa storia che in Lui si sta compiendo; dunque anche nel Padre Nostro è importante andare a cercare i trascorsi scritturistici che ci parlano del Padre.

La Bibbia di Gerusalemme nel capitolo 11 di Luca, intitolato “Gesù insegna a pregare” recita così: “Gesù si trovava in un luogo a pregare. Quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli “, ed Egli disse loro: “Quando pregate, pregate così: “Padre, sia santificato il Tuo nome ”.

La prima dimensione della preghiera che Gesù dice, parla di sé, rappresenta il Suo mondo interiore, è l’intimità di Nostro Signore Gesù; Lui mostra la sua intimità ai suoi discepoli; è una preghiera profondissima; questa parola Padre, in ebraico, è Abbà, che ha un’accentuazione molto, molto familiare, molto tenera anche, se volete; Abbà, nella lingua ebraica, è un po’ come quando un bambino dice al papà: “paparino”, “papi”; ha una connotazione molto confidenziale, e comincia così: Abbà.

Già l’utilizzo di questo termine rivela la tenerezza con cui Nostro Signore si rivolge a Suo Padre, Dio Padre; loro due che hanno la stessa sostanza, ma sono distinti, e questo ha tutto un passato, come vi dicevo, scritturistico; nell’Antico Testamento, partiamo ancora dall’Antico Testamento, il Padre ha un ruolo centrale, sempre riconosciuto nell’antico Testamento.

A me fa un po’ ridere anche questa tendenza, per fortuna, mi sembra, limitata, che c’è anche in alcuni filoni di esegesi bibliche; che, per una parità che io non capisco, che non si capisce; perché la differenza è da sempre un segno di ricchezza, di bellezza, di “pluriformità” … Che pizza se fossimo tutti uguali, se parlassimo tutti allo stesso modo, se fossimo tutti femmine o tutti maschi… Dio per mostrare l’amore e per farci imparare a vivere nella bellezza, ha creato la diversità. Ma anche nella liturgia c’è una diversità. Anche i sacerdoti stessi, siamo tutti ordinati, cattolici, abbiamo tutti studiato teologia, eppure, ogni sacerdote ha un modo di esprimere la propria relazione con Dio, che è unica, perché è unica la sua relazione con Dio; e dunque c’è un certo filone che dice che non si può più dire Padre, perché papà ti fa pensare che è un uomo.

No, Padre!

Adesso non so che traduzione hanno proposto, comunque, è una traduzione che potrebbe dire tutte e due le cose, che non identifica chiaramente la mascolinità; invece è proprio Padre, “Abbà”, la relazione di un Figlio con il suo papà. E nell’Antico Testamento c’è tutta questa relazione che identifica un ruolo centrale del Padre. Un Padre che è riconosciuto dai figli. Se voi andate nel libro dell’Esodo al capitolo 20 versetto 20 così si esprime la Scrittura: Mosè disse al popolo “Non abbiate timore, Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il Suo timore sia sempre su di voi e non pecchiate”. Il popolo si tenne lontano dunque, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura, dov’era Dio.

Siamo sul monte Sinai, è Dio che si manifesta; il popolo, notate, ha paura della manifestazione di Dio e dice a Mosè: “Vai tu perché questo fuoco ci terrorizza”. Quindi questo è un primo dato scritturistico importante, il timore di Dio nasce da lontano. Avere il timore del Padre è una cosa sana. Non è avere paura, terrore, o che ti riempia di botte; ma è un sentimento molto sano provare il timore, perché ti da la distanza fra te e il Padre.

A me colpisce molto nelle nuove generazioni, che non si da più del lei. Un giorno ero in macchina con un ragazzo di 15 anni, quando ero ancora a Torraccia, ci fermiamo, tiriamo giù il finestrino, e dice: “Ehi, che ci fai 20 euro?”. Gli dico, scusa, lui ha 60 anni, non lo conosci, “Per favore, scusi, ci fa 20 euro di benzina?”. Io non so nelle scuole, ma se fossi un professore mi farei dare del lei. Non è che se un ragazzo ti dà del tu recuperi una relazione e sei immediatamente in contatto con lui. Allora questo è un primo dato scritturistico molto importante, la relazione con il Padre implica una distanza, ma una distanza per vivere la vicinanza; perché se io riconosco nel padre che è più grande di me, che è più vecchio di me, quindi ha più esperienza di me, forse riconoscerò anche, nel Padre, Colui che mi può, che mi può custodire, che mi può consigliare, che mi fa crescere rimanendo al mio  posto di creatura, e dunque una creatura è tale perché sempre deve dipendere da qualcuno ma in una dipendenza sana… ed il popolo riconosce questa distanza , riconosce in Mosè un intermediario.

Gesù Cristo sarà definito dai Padri, il nuovo Mosè, colui che compie il nuovo esodo, che traghetta il popolo dall’Egitto verso la terra promessa. Gesù Cristo ci traghetta e ci sta traghettando verso il Padre. Per questo nelle chiese si mettevano delle grandi cariatidi fuori dalla Chiesa, che non hanno un valore estetico ma anche: “Ricordati al cospetto di chi sti mettendo entrando in chiesa.”

C’è un atteggiamento interiore che è un riflesso: per quello se hai recuperato piano piano un atteggiamento di timore sano verso il Padre, ti senti in imbarazzo. A me ha colpito qui in Vicariato, una volta in ascensore una signora molto carina, una dipendente, lei stava entrando, io arrivo con il Cardinale e la vedo tutta imbarazzata, beh c’è il Cardinale in ascensore, poi il Cardinale esce un piano prima, ed io finisco il piano con lei e lei dice: “non vengo mai vestita così (aveva una maglia con le maniche a giro che copriva solo la spalla), e oggi è venuto il Cardinale.

Io pensavo dentro di me: non so quante donne di vent’anni penserebbero la stessa cosa. Mi ha colpito la Sua reazione, si capiva che è una relazione con Dio che questa donna ha e che non era una cosa posticcia, falsa ipocrita, clericale, ma era una cosa di un atteggiamento, profondo che lei aveva con Dio che è sano.

Il Popolo manda Mosè ed in questo versetto dell’Esodo 20, è Mosè che consola il Popolo e dice: “Non abbiate paura, non abbiate timore, Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore sia sempre su di voi e voi non pecchiate”.

Il Padre ha anche questa funzione, il timore di Dio non è la paura, lo ripeto. Avere timore perché il peccato genera una ferita nella relazione con il Padre. Quando il figlio picchia il padre, chi soffre di più è il figlio. E’ qualcosa che lascia una ferita profonda dentro di lui, nella sua relazione con il padre terreno e con il padre celeste.

Ma andiamo avanti e qui si vede già il ruolo di intermediazione che Mosè ha con il popolo, ma che è lo stesso ruolo che avrà, che compirà Gesù Cristo nella sua vita, compiutamente. Gesù Cristo mostra, ascende al cielo e mostra le piaghe al Padre e proprio perché Gesù Cristo è proprio l’intermediario tra noi ed il Padre, possiamo accostarci perfettamente al trono della grazia per essere esauditi e “trovare misericordia e perdono al momento opportuno”, dirà San Paolo.

La sacra scrittura continua, specificatamente il Vangelo di Luca.

Penso che lo spiega meglio di tutti, sicuramente di me, la sacra scrittura, le parole del Padre Nostro con altri luoghi scritturistici. Abbiate pazienza facendo così (cercando fra le pagine i richiami e i rimandi fra un passo della scrittura e l’altro) è anche un modo per insegnarvi, suggerirvi uno stile, quando vi approcciate alla scrittura.

Nell’antico testamento il ruolo centrale del Padre è riconosciuto dai figli e questo in Esodo è il primo luogo scritturistico. Ma il Padre nella sacra scrittura, nell’Antico Testamento, è uno che istruisce e che corregge. Già Mosè dice: “Non temete, non abbiate timore è venuto per mettervi alla prova”, Sant’Agostino dice che “E’ un cattivo pastore, un sacerdote che promette solo consolazioni”.

Ma la vita stessa ti contraddice, la vita stessa non è fatta di consolazioni. Nella vita ci sono molte prove, molti passaggi difficili, molte volte in cui ti sembra che Dio ti abbia abbandonato e ci vuole sempre qualcuno che sia un intermediario con il Padre, che ci restituisca la dimensione della vita, che la vita è un combattimento. Quest’anno è l’anno della preghiera ma abbiamo concluso l’anno prima, l’anno della lotta. Abbiamo fatto il “ritirone”.

Sant’Agostino è molto chiaro: “I buoni pastori dicono: nella vita avrai molte lotte, molte prove” come dice il Libro dell’Esodo ma: “Non abbiate timore, perché Cristo ha vinto il mondo. Cristo con la prova e la tentazione, ti darà anche la via d’uscita”. L’uomo senza tentazione e senza prove è un’ameba. L’uomo che non è mai corretto dal Padre non ha la spina dorsale. E guardate che questa è sempre una tentazione costante. Noi che siamo molto lontani dall’amore perfetto che ha manifestato il Dio padre in Gesù Cristo, quante volte con i figli nello spirito e nella carne, quante volte abbiamo la tentazione di togliere le croci, di togliere le prove. Quante volte con le persone che amiamo di più, diciamo, meglio che mi succedeva una cosa a me che una prova così a quel figlio, a quella figlia, a quella persona tanto cara della mia famiglia.

Il luogo scritturistico, vetero-testamentario, che fotografa questo atteggiamento, è Siracide 30, che forse in qualche occasione vi avevo già letto. Non ricordo. In cui la preparazione dell’Antico Testamento a questa rivelazione del volto del Padre, riprende l’educazione che un padre ed una madre, ma in particolare un padre, che in Siracide 30 hanno verso i figli. Sentite un po’ cosa dice il capitolo 30 del Siracide:

Chi ama il proprio figlio, usa spesso la frusta per lui, per gioire di lui alla fine. Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti. Chi istruisce il proprio figlio, rende geloso il nemico e davanti agli amici si rallegra. Muore il Padre è come se non morisse, poiché dopo di sé lascia uno che gli è simile, Durante la vita egli gioisce nel contemplarlo. In punto di morte non prova dolore. Per i nemici lascia un vendicatore, il padre, per gli amici uno che sa come ricompensarli. Chi accarezza un figlio, ne fascerà poi le ferite ad ogni grido, il suo cuore sarà sconvolto” Pensate come sono vere nella vita tutte queste cose.

Un cavallo non domato diventa caparbio, un figlio lasciato a se stesso diventa testardo, vezzeggia il figlio ed egli ti riserverà delle sorprese, scherza con lui e ti procurerà dispiacere , non ridere con lui per non doverti rattristare e non debba alla fine digrignare i denti, non concedere libertà in gioventù, non prendere alla leggera i suoi errori, piegagli il collo quando è giovane e battigli i fianchi finchè è fanciullo perché poi intestardito non ti disobbedisca e tu ne abbia un profondo dolore. Educa tuo figlio e prenditi cura di lui, così non dovrai sopportare la sua insolenza”.

Sono molto forti queste parole, non alla moda forse anche molti metodi educativi…non so se la Montessori abbia mai letto queste cose. Non ho niente contro di lei, però a me colpiscono molto anche delle dinamiche della famiglia di mio fratello: mia cognata è più per lasciare esprimere i figli…adesso sono ancora piccoli…ma mio fratello per lui no è no. Ma lei dice non trattarlo così, non essere violento, perché poi si blocca. Allora un giorno che uno prendeva la pasta e la lanciava le cose, perché devono cimentarsi devono sperimentare, ad un certo punto mio fratello dice:” La Montessori avrà avuto tre baby-sitter per ogni figlio”.

Non ho nulla contro la Montessori ma, per dire anche questa lettura, se tu l’assolutizzi che devi fare, devi solo bastonarlo e accarezzare mai il figlio? No ci vuole anche la tenerezza, ci vogliono anche dei momenti di accoglienza profonda, ci vogliono dei momenti che lo correggi e momenti che lasci perdere per fargli vedere che ti stai indignando verso di lui, ci sono dei momenti in cui lo Spirito Santo ti dice hai fatto tanto, poi viene un momento in cui come si dice a Roma “uno deve battere il grugno se si intestardisce”.

Non dipende tutto dai genitori, c’è anche una libertà dei figli, perché poi una delle tentazioni che hanno molti genitori, è di addossarsi tutte le colpe degli errori dei figli. Un attimo! Anche loro hanno la loro libertà, perché altrimenti entreremmo nella tentazione che trovi un bel modello educativo perfetto che proviene dalla Sacra scrittura e quindi non avrai più croci e non vedrai più il volto del padre.

Non l’acchiappi mai la parola di Dio, ma allo stesso tempo, come ci dice la sacra scrittura, il padre attende anche i tempi dei figli. La sacra scrittura nel Nuovo Testamento, se andate alla lettera dei Colossesi al capitolo 3 versetto 21, sentite che cosa dice: “Voi Padri non esasperate i vostri figli perché non si scoraggino”.

È vero tutto questo ma poi la logica dell’amore prevede anche una tenerezza che deve esprimere il Padre. Anche nei modelli educativi troppo rigidi, non sono un pedagogo, ma capisco che Dio sulla sacra scrittura ci da una divisione netta anche di ruoli, di attitudine, di indicazioni ma niente va preso e assolutizzato, perché se uno assolutizza anche tutta questa cosa del Siracide… certo ci dà delle indicazioni molto chiare, scherzare molto e sempre solo con i figli, c’è tutta una serie di conseguenze dice la sacra scrittura.

Pensate sempre a Dio Padre, come ha trattato Nostro Signore Gesù Cristo, non è sempre stato tenero con lui, non gli ha tolto la croce, Gesù Cristo imparò l’obbedienza dalle cose che patì e reso perfetto divenne causa di giustificazione per molti fratelli. Offrii a Dio preghiere e suppliche. Pensate a tutto quello che ci riferisce San Paolo. Gesù stesso durante il suo cammino, il suo esodo pasquale, prima di arrivare alla croce, è Cristo stesso che chiede al Padre “Padre passi da me questo calice” e il Padre non glielo toglie non lo accarezza, non sottrae la sofferenza, perché il Padre è una luce, c’è una luce in questo papino.

Ci sono alcune cose che non le capisci ora ma le capirai più tardi e ci sono alcune cose che anche un figlio non capisce. Ora noi siamo chiamati ad accompagnarci gli uni agli altri ma è sempre una tentazione micidiale, è un atto violento, è un atto egoistico togliere la croce. Se ci pensate anche tanti atteggiamenti che spesso abbiamo, che noi etichettiamo con amore sono atteggiamenti perché spesso, come me, anche voi a volte soffrite più voi nel vedere soffrire delle persone che volete bene che se dovessimo soffrire noi nella nostra carne. Ci sono passaggi molto duri nell’amore per arrivare a questo vertice dell’amore, che Dio Padre ha manifestato in nostro Signore Gesù Cristo, e ci sono passaggi che sono impossibili senza lo Spirito Santo. Sono impossibili con le nostre forze. Sono passaggi che devono ricevere delle grazie speciali, che ci provengono dal cielo, non basta capire bene la teoria.

Tra noi ci sono molti perfettini, secchioni, studiosi, anche Costanza lo dice spesso, ma non basta, soprattutto nel Cristianesimo, non basta capire la teoria per poi saperla mettere in pratica. Ci sono dei passaggi in cui è il Padre stesso che aspetta a farci grazia, affinché noi capiamo che tutto viene da Dio; che la sublimità dell’amore di Cristo, che può passare e vorrebbe passare, è passata e passerà, anche attraverso la nostra vita.

Non è frutto della nostra comprensione ma è frutto di una grazia. È già una grazia comprendere questo! È frutto di una grazia che ti dà il Signore e quindi nel piano di Dio ci stanno anche gli errori.

Per quello S.Paolo dirà che “Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia “. È qualcosa di molto misterioso, è una scienza molto alta, è qualcosa che è un dono che ci deve fare lo Spirito: entrare dentro, continuamente, nella dinamica Pasquale dell’amore, per la nostra vita e per le persone che abbiamo vicino.  A volte Dio non risolve per nulla alcune questioni, anche alcune ingiustizie gravi, perché offrire a Dio la sofferenza per un’ingiustizia grave è più fecondo rispetto a che le cose vadano bene, rispetto a che l’ingiustizia sia risolta.

Io spesso nella mia vita ho questo problema, come credo anche voi, e dico al Signore: ”Oh ma che fai?” E poi penso a quanto questa mentalità pagana del mondo mi ha influenzato! Pensate anche la fregatura di tutti i film che abbiamo visto nella vita che hanno sempre il lieto fine! Poi tu vivi e vedi tante situazioni dove non c’è alcun finale a lieto fine. Ci sarà quando moriremo. Ci sono degli antipasti di questo lieto fine a volte nella nostra vita ma non è sempre così. Provate a pensare anche ai sentimenti: guardate che questo fotografa l’atteggiamento profondo della preghiera che abbiamo anche vedendo cose stupide. Tu dici io sto lì ma poi l’eroe vince, poi il dramma si compone, poi il malvagio viene condannato.

Non è così, non è stato così nella vita di nostro Signore Gesù Cristo!

Gesù sta portando i suoi discepoli in un’intimità profondissima che ha con il Padre. Lui è nei cieli, “papino” che sei anche nostro. Sta dicendo agli apostoli: “voi mi state ancora identificando come un leader politico che vi risolverà i problemi in Palestina, a Gerusalemme, con questi terribili romani, con questo sistema esattoriale terribile, con questi fratelli ebrei venduti che per denaro si sono asserviti ai romani”. Guardate anche oggi.

C’è stato un tempo della mia vita in cui ero appassionato di politica, vedete che chiavi profonde muove anche la politica. C’è dentro questo senso di giustizia profondo. Per alcuni la politica è una vera preghiera, è un vero Dio, è qualcosa per cui dai veramente la vita come la dà una suora di clausura a nostro Signore Gesù Cristo. Pensate anche a quanto accade nelle famiglie: puoi parlare di tutto ma alcuni temi non li puoi toccare, come quando parli di politica, perché stai parlando di religione, di preghiera. Perché anche chi è contro, che non ha una relazione con Cristo, che ha fatto di Dio una fede politica fa’ preghiera continuamente. Tutta la sua vita è impostata a dare la vita per quell’ideale. È qualcosa di molto profondo.

Gesù Cristo sta dicendo che il Padre è nei cieli, cioè che la nostra relazione con Dio è per arrivare a una patria che non è terrena, in cui tutto si risolverà. Gesù Cristo stesso dice che i poveri li avrete sempre con voi, le ingiustizie ci saranno sempre: carestie, pestilenze, terremoti, guerre. Questo non è un invito a non fare nulla ed a non spenderci, ma è un invito a stare nella vita con sapienza!

È molto profondo: siamo alle prime tre battute del Padre Nostro. “Padre nostro che sei nei cieli”. Ma il padre nell’Antico Testamento non è solamente uno che è riconosciuto dai figli che istruisce, che corregge, che attende i tempi dei figli. Il padre è anche uno che benedice. Se andiamo al capitolo 27, versetto 27, della Genesi ci immergiamo nella storia di quel furbone di Giacobbe, che carpisce la primogenitura a suo fratello e a suo padre che era cieco. Questo furbo si mette dei peli finti, perché suo fratello era peloso a differenza sua, e va vicino al padre per carpire la benedizione della primogenitura che spettava ad Esaù e non a lui. Sentite questo dialogo: “Gli si avvicinò e lo baciò

Giacobbe a suo padre Isacco, che è cieco ed è alla fine della sua vita. Nella cultura ebraica non c’era il problema dell’eredità, perché il primogenito si beccava tutto! Esaù è un guerriero, più superficiale, meno speculativo, per niente furbo come suo fratello Giacobbe e, per un piatto di lenticchie, baratta per stare meglio in questa vita e non avere il peso della croce, il fastidio di una vita che non va mai esattamente come vuoi tu. In realtà cede il dono più prezioso che aveva in quanto primogenito… Giacobbe capisce perfettamente la debolezza di suo fratello e conosce la debolezza fisica di suo padre e quindi si avvicina, guardate, sta facendo un furto, e si avvicina facendo che cosa?

Lo bacia. Giacobbe bacia Isacco.

Vi ricorda qualcosa il bacio che carpisce…?

Anche Giuda farà la stessa cosa con nostro Signore Gesù Cristo. Lui stesso gli dice: “Con un bacio mi tradisci?”.

Aveva un altro padre Giuda, non era Dio Padre. Non stava, almeno in quel momento, riconoscendo in Gesù Cristo il volto di Dio Padre. E, dopo averlo baciato, dice Isacco, “aspirò l’odore degli abiti di lui e lo benedisse”. Guardate anche la confidenza che c’è fra un padre ed un figlio, cioè noi di un genitore riconosciamo anche l’odore, è un’intimità profondissima, è una comunione di una vita e disse: “Ecco l’odore del mio figlio, come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto! Dio ti conceda rugiada dal cielo” E qui il padre lo benedice, gli dà tutta la benedizione, “terre grasse, frumento e mosto in abbondanza! Popoli ti serviranno e genti si prostrino davanti a te! Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre”. Quindi anche tutti i tuoi fratelli, ovviamente. “Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!

Quindi il Padre, nell’antico testamento, non è solo uno che corregge, il Padre è anche uno che benedice e benedire vuol dire: dire bene del figlio. Guardate che anche le persone che amiamo molto, in alcuni momenti della vita è difficile dire bene di un figlio di cui conosci tutti i difetti e tutti i limiti e soprattutto il diavolo quanto ci tenta in queste relazioni così profonde… Di tuo padre ti fa venire in mente tutte le cose in cui non era presente, in cui non ti ha aiutato, in cui ci doveva essere! Guardate che è qualcosa di profondo, al demonio non interessa che tu detesti tuo padre, gli interessa rovinare la tua relazione col padre terreno per non farti arrivare alla relazione col Padre Celeste.

Il padre terreno ha fatto anche lui quello che poteva con te, non è Dio, anche lui è portatore delle sue ferite, tante cose, tante dinamiche familiari si capiscono anche allargando un po’ il focus della vita familiare, andando indietro, anche di qualche generazione. E’ qualcosa di profondissimo l’atteggiamento del padre “benedicente” perché è un padre che ha fatto dei passaggi…

Io poi mi son sempre chiesto: chissà se veramente Isacco ha capito davvero… Pensava davvero che fosse Esaù e non ha fatto il finto tonto apposta, come fa un padre con i figli tante volte, che fa finta di non vedere. Chissà la verità di quello che ha vissuto davvero questo padre nel cuore?

Certamente è un padre che ha imparato ad assolvere il suo ruolo, finale: dire bene del figlio, dare fiducia al figlio. Un figlio che sente che il padre gli dà fiducia può esplorare il mondo, perché nella sua testa c’è sempre un luogo caldo, accogliente, un porto in cui tu ti puoi rifugiare, per cui tu puoi fare anche l’American Cup perché, anche quando sei in mezzo alle onde, puoi sempre ritornare in quel luogo.

Ma questo è ciò che Gesù sta cercando di dire ai suoi discepoli, ai suoi figli, con Dio Padre. Pensate quante volte il demonio ci tenta leggendo la nostra storia come una maledizione, isolando un fatto, una cosa avvenuta o che pensavi avvenisse, o che avresti voluto accadesse e non è accaduta, e ti legge tutta la tua vita da lì e dunque fa tremare la tua relazione con il Padre.

Quindi pensi: Dio ascolta le preghiere… degli altri, Dio aiuta i figli…degli altri, Dio aiuta il matrimonio… degli altri, Dio sana le ferite col proprio padre nella carne… degli altri.

Guardate che questa è una tentazione molto, molto, molto profonda: il demonio utilizza sempre sofismi, non te la esplicita mai, non ti dice il perché te la fa e in vista di che cosa te la fa. Il demonio viene, soffia su una cosa che ti fa soffrire e se ne va, poi sei tu che vai avanti a parlare dentro di te, lui ha già fatto il suo compito.

E’ questo il combattimento spirituale nella preghiera, non è solamente… tentazioni base: ti metti a pregare e pensi se ti sei ricordato di mettere in freezer la lasagna, oppure immagini sporche, oppure bestemmie che ti vengono, queste sono tentazioni piccoline, base, non sono neanche peccati perché sono come dardi infuocati che arrivano e, come arrivano, se tu non li segui se ne vanno. Ma le tentazioni più profonde sono quelle in cui il demonio ti si avvicina, ti fa sulla storia, se ne va e poi lì si che cominci…

Se non hai la coscienza che sei in un combattimento spirituale con il principe della menzogna, la tua vita può prendere una tangente e non tornare più indietro.

Io ho rispetto per tutte le scienze ma a questo livello non ci arriva neanche la psicologia, è un livello che ci arriva solo la preghiera. La psicologia ti può aiutare a mettere in fila alcune cose, se trovi quello bravo, perché alcune volte io trovo settantenni che ancora dicono: “la mia mamma non mi ha accarezzato…” e io dico: “oh, hai settant’anni, e basta! Non ti ha accarezzato, diventa grande!”

Ma c’è una dimensione che è molto più profonda, che è una dimensione intima, mistica e, guardate, non pensate che i mistici sono quelli che volano in aria… tutti siamo chiamati ad essere mistici, perché tutti coloro che, con tutti i nostri limiti, vogliamo una relazione con Dio, saremo trascinati dentro questo combattimento, da mistici.

Tutti noi che vogliamo una relazione con Dio saremo trascinati in questo combattimento, da mistici. E’ qualcosa che ha a che fare con le corde più profonde dell’anima.

Il padre è anche e soprattutto uno che ama. Pensate solamente al capitolo 15 del Vangelo di Luca, del padre che ancora vede da lontano il figlio, che era scappato di casa e aveva dilapidato i soldi, pensate anche cosa ci produce quando uno con fatica e sudore, mette da parte soldi così, e un figlio che te li scialacqua tutti o che semplicemente non ha riconoscenza, no… anche della generosità che una famiglia ha avuto con i beni, con una casa, con dei soldi che sono stati donati. Voi pensate: non è qualcosa di istintivo l’atteggiamento del padre quando vede il figlio ritornare, che ancora a vederlo da lontano si commuove nelle viscere: è un padre che ha accettato che i figli possano sbagliare. E’ un padre che ha maturato un distacco dai beni. E’ un padre che ha capito che ciò che struttura veramente un figlio è l’amore che può ritrovare ritornando al porto sicuro della paternità– è una frase profondissima questa, è un passaggio profondissimo del Vangelo di Luca.

Ma noi sappiamo che nella Sacra Scrittura i nostri padri sono anche Abramo e tutti i patriarchi- ricordatevi le prime catechesi che abbiamo fatto sulla preghiera, siamo partiti dai patriarchi. Pensate quindi alla relazione di Abramo con Isacco, e poi di Isacco con i suoi figli, poi Giacobbe e via dicendo. Pensate a tutte le storie dei patriarchi, che storie di tenerezza che sono, come padri dei propri figli e come padri di un popolo, anche del loro ruolo, pensate alla paternità poi che si è manifestata nella Sacra Scrittura attraverso i profeti, che è un altro volto del Padre che si manifesta nella storia.

Pensate anche, non so, a tutto il dramma esistenziale di Geremia, quando Geremia si lamenta, quando sia Geremia che Giobbe maledicono il giorno in cui sono stati concepiti nel grembo della loro madre: meglio che io non avessi visto mai la luce piuttosto che entrare in questo inferno di questa vita!

E pensate a tutto il combattimento spirituale di Geremia in cui lui dice: ”Tu Signore mi hai fatto la corte, mi hai sedotto, mi hai fatto sbilanciare completamente con Te, ti ho dato tutta la mia vita e poi mi hai mollato in una vasca di pescecani. Mi hai fatto un corteggiamento meraviglioso, ci ho creduto, sono caduto, ti ho consegnato il mio cuore”, e poi – pensate quante volte in modo più o meno forte o drammatico viviamo anche queste cose nelle relazioni le più profonde, mi sono fidato, anche semplicemente di un amico,- e Geremia porta tutta questa lotta, anche dover dire cose scomode, non consolatorie, al popolo che vive l’esilio. Geremia ha il compito ingratissimo di dire al popolo, c’erano tantissimi falsi profeti all’epoca che dicevano “L’esilio finirà”, e lui diceva: ”non solo non finirà ma ci sarà la seconda ondata di deportazione”, e così succederà; “Dio non ci abbandonerà, ci darà ancora un tempio”- e vedranno il tempio dato alle fiamme, siamo nel VI sec A.C.,” noi avremo sempre un re perché è Dio che ci ha promesso un re”….e verranno il re Sedecia, gli uccidono davanti i sei figli, poi gli cavano gli occhi e poi lo uccidono perché l’ultima cosa che doveva vedere prima di morire era l’uccisione dei suoi figli. Dio si è contraddetto nella storia. Tutto ciò che ha promesso non è stato capace di mantenerlo. Pensate il dramma di un profeta che deve condurre il popolo e dovrà dire al popolo: “Questa è una purificazione. Abbiamo abbandonato Dio”! E finirà male questa storia, a Babilonia, durerà tanti anni. Tantissimi non vedranno la storia a lieto fine che ci sarà, dopo che queste generazioni, almeno le più vecchie sono morte, i più giovani ritorneranno a Gerusalemme, ma solo dopo la lettura sapienziale di Israele capirà il perché di quell’ evento, perché il culto sinagogale nascerà proprio sui fiumi di Babilonia, in esilio.

Tante cose si capiscono dopo tanti anni. Non bisogna avere fretta di tirare la riga sulla nostra vita, su quella del mondo, su quella della Chiesa, su quella del destino dei popoli. C’è un piano del Padre sul mondo.

Allora, pensate nell’Antico Testamento come tutto è stato preparato, pensate poi ai re, pensate a tutto il tempo dei Giudici. Dio stesso è detto Padre in senso ampio. Dio non è solo e prima il Padre di Gesù Cristo, ma è prima ancora il Dio Creatore, che ha creato la terra, un luogo spazioso e grande in cui fare abitare l’uomo e farlo vivere. Paolo VI, che prima di essere un fine teologo era un grande umanista, diceva che il primo modo che Dio Padre ha di dirti che ti ama e che ti ha messo in un posto bellissimo che è la terra, grande, piena di colori, di odori, di stagioni, di diversità. Pensate solamente che Dio ha inventato per noi l’acqua. Pensate solamente la varietà di fiori. Pensate nel mistero il miracolo della vita, della riproduzione umana e degli animali. Pensate la meraviglia della creazione, il primo modo che Dio Padre ha per raccontarti la bellezza e che ha messo te e me a vivere in questa bellezza. Poi noi ci mettiamo del nostro per rovinare questo ma il primo modo, il primo moto paterno che ha avuto Dio uscendo è stato quello di creare il mondo. Poi la paternità si è compiuta nella redenzione operata attraverso nostro Signore Gesù Cristo. Lì vediamo più compiutamente l’amore del Padre, l’amore che ti ama quando sbagli, l’unico. E’ un amore che non ti dice “adesso mettiti a posto su quello, poi ti do la caramella o ti regalo quella cosa” oppure “prega tutte le novene così vinci il concorso”; “non tradire e sarai sempre amato”; “educa bene avrai figli modello”; “Sii un prete tutto d’un pezzo e ti apprezzeranno tutti”; “non rubare e avrai la stima di chi ti sta vicino”. Poi vedi tante volte che succedono cose completamente diverse. Questo “do ut des” non funziona.

Dio Padre manifesta nella redenzione di suo figlio Gesù Cristo un amore che è totalmente altro rispetto all’amore umano che possiamo conoscere. E’ l’unico che, in Gesù Cristo, ci ha amati incapaci, insufficienti, incontinenti, inadempienti, recidivi. E’ qualcosa di profondissimo. Gesù Cristo sta dicendo questo ai suoi Apostoli quando dice “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Nella traduzione italiana l’abbiamo recentemente cambiata, in latino già era così. Come dire, sta mostrando questo volto di misericordia ai suoi Discepoli. “Rimettili” siccome noi facciamo l’esperienza che c’è qualcuno ci vuole davvero bene quando sbagliamo, è solo questo tipo di esperienza che mi potrà far diventare indulgente, misericordioso verso i peccati degli altri. La misura del nostro giudizio, pensate sempre questo come criterio spirituale verso gli altri, verso tante situazioni, è la misura dell’ignoranza (nel senso d’ignorare), della non conoscenza di noi stessi. Tutti i Santi hanno fatto un cammino profondissimo dentro la propria anima, sapendo che non possono giudicare perché alcuni peccati li hanno fatti loro stessi. Altri non li hanno fatti ma in loro, i Santi, hanno sperimentato una profondità, una forza di peccato così forte e la consapevolezza che se non hanno fatto alcune cose è perché Dio non l’ha permesso, non gli ha dato le occasioni, gli ha fatto delle grazie speciali. Dunque l’atteggiamento benevolente, misericordioso di noi, peccatori fra i peccatori, viene dalla conoscenza di noi stessi, non viene da un impegno su noi stessi. “Sono così bravo che m’impegno e non giudico nessuno”. Non è così. Spesso in questo tempo mi viene una preghiera e dico: “pensa Signore se per un attimo Putin si sentisse voluto bene da qualcuno. Se qualcuno gli toccasse il cuore e gli dicesse: ti voglio bene. Sentisse quest’esperienza profonda dell’amore. Sarebbe finito tutto. Dico Putin perché adesso stiamo vivendo questa situazione ma potremmo dire chiunque. E’ l’amore che ha cambiato il registro del mondo. Anche San Paolo era un assassino, ha ucciso dei cristiani. Ma il tocco del perdono che San Paolo ha avuto su di sé, si definirà un aborto San Paolo, gli ha permesso di avere misericordia per il mondo intero. Gli ha permesso di amare chiunque. Ha capito che il tocco dell’amore che ha avuto in lui è l’unica cosa che accende l’amore di Dio e la presenza di Cristo sulla terra. Da questo nasce lo zelo apostolico, la Caritas Christi, il desiderio di evangelizzare, di manifestare al mondo questo amore.

Per Gesù, Dio Padre è padre in senso proprio, lo dice come lo chiama all’inizio del Padre Nostro, Abbà-Babbo, mostrandoci la sua intimità, ma mostrandoci anche un’altra cosa, che dunque Gesù Cristo è il vero e l’unico mediatore tra noi e il Padre. Non c’è un’altra possibilità, è l’unico canale per arrivare ad una relazione profonda. Per quello Santa Teresa d’Avila dirà che bisogna passare per l’umanità di Cristo per arrivare a toccare questo amore sublime del Padre. Per questo è importante conoscere non solo dico la Sacra Scrittura ma anche le tradizioni del suo popolo ebreo, le liturgie che lui viveva anche da bambino e che lui ha compiuto poi in tutta la sua vita.  Con la sua missione Gesù rende gli uomini capaci, dà la possibilità di entrare in questa filiazione divina attraverso chiaramente i sacramenti del battesimo e lo Spirito Santo. Abbiamo celebrato ieri la Pentecoste. Voi pensate che il mistero pasquale senza la Pentecoste sarebbe rimasto lettera morta. Gli Apostoli dopo che Gesù è morto sono ancora delusi. Sono rinchiusi in una stanza e sono spaventati. Lo scambiano per un giardiniere, lo scambiano per un viandante poi però lui si fa riconoscere e quindi Maria dirà “Rabbunì”, i discepoli di Emmaus allo spezzare del pane lo riconoscono ma non si ferma qui nonostante sia risorto, si siano ingannati, si sia fatto riconoscere ancora Gesù dirà: non andate da nessuna parte, non siete capaci di fare niente. Perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo. La Pasqua sarebbe lettera morta, anche se tu lo riconosci dopo non averlo riconosciuto. Allora dopo cinquanta giorni esatti in cui popolo d’Israele festeggia la festa di Shavuot, che è la festa delle settimane, la festa delle primizie, è la festa del dono della Legge, ma Israele festeggia il dono della Legge data a Mosè come un nuovo dono che si attualizza in quel momento e Gesù Cristo lo attualizza con la Pentecoste. E’ lo Spirito Santo che ci fa diventare capaci di accogliere questo amore e di dare questo amore. Ma Gesù fin da bambino sapeva bene cosa voleva dire questo dono, perché viveva lo Shavuot, viveva questa festa in cui il popolo ebraico non doveva solo contemplare e leggere le parole di vita e la Legge come era stata data da Mosè sul monte Sinai, ma doveva chiedere a Dio di rientrare in una relazione viva in cui lui si sentiva di nuovo oggetto di questa alleanza, di questo giuramento e abilitato da Dio a vivere e mettere in pratica le parole di vita che sono state donate sul monte Sinai.

Allora si capisce che la finale del Padre Nostro è legata alla comunità. Una comunità che vivendo di questo amore può vivere dell’amore fraterno. Vivendo l’amore fraterno può manifestare la qualità di questo amore. Perché i cristiani si perdonano tra loro e agli altri delle cose che sono assurdità, che sono scandalose per il mondo. A me colpì molto il commento dell’allora direttore dell’Unità quando uscì il film di Mel Gibson “La passione” che penso tutti avete visto. Molto forte. Mi colpì molto il suo commento, al di là della visione politica. Disse: questo è un film pornografico.

Ma pensa che corda profonda questo film deve avere toccato in quest’uomo. Perché è vero, è così ingiusto l’amore che ha manifestato Dio Padre in Gesù Cristo rispetto ai canoni del mondo, che è veramente robaccia. Io pensavo che magari questo uomo è molto più coerente di me, di tantissimi cristiani. E’ un amore che non è giusto nelle categorie umane ma quando un cristiano si conosce e conosce la potenza di male trattenuta che abbiamo dentro, capisce che senza lo scandalo di questo amore, lui per primo non può reggere davanti al suo giudizio particolare quando morirà. Per questo nella nuova traduzione si dice: non abbandonarci alla tentazione, non lasciare che il maligno mi trascini in questo abisso.

Guardate anche la dinamica del male, chi più chi meno, tutti abbiamo sperimentato in alcune cose, che abbiamo cominciato con un peccato e poi scivoli dentro e sei arrivato a dire e a fare cose che non avresti mai pensato di dire e di fare nella tua vita, perché c’è una vigilanza. Gesù Cristo in questa battuta finale del Padre Nostro sta dicendo ai discepoli “attenti che avete bisogno della relazione che io ho col Padre per vincere questa lotta contro il maligno e vi sto manifestando questa relazione intima, che io ho con Lui, perché è l’unica cosa che vi serve e che è efficace contro le tentazioni che vivrete nel mondo. E le vivranno i discepoli nel mondo.

Voi pensate a San Giacomo, la prima apparizione della Vergine Maria, ancora viva a Gerusalemme, sarà a Santiago de Compostela. La Virgen (una piccola Vergine che c’è lì). Mentre Giacomo era così scoraggiato nell’evangelizzazione, che era tutto un fallimento, che la Vergine Maria, lei ancora viva a Gerusalemme, gli appare e gli dice di non scoraggiarsi e di continuare la sua opera di evangelizzatore. La prima apparizione che ha avuto la Vergine Maria, penso l’unica in cui lei era ancora viva fisicamente prima di essere assunta in cielo. Ma pensate Pietro stesso che viene a Roma e davanti alla persecuzione scapperà ancora una volta. E’ una leggenda quella del Quo Vadis non è un fatto storico attestato ma è certo che Pietro stava ancora scappando. E sarà Pietro a dire quo vadis -dove vai- a nostro Signore Gesù Cristo e Gesù ancora che farà? Non lo giudicherà. Gli dirà “vado io a soffrire, a farmi martirizzare al posto tuo”. E questo tocco di nuovo, di questo amore che non giudica un Pietro che ha vissuto tutto quello che si poteva vivere di bello vicino a nostro Signore Gesù Cristo, l’ha vissuto lui.

Addirittura lui non era il discepolo amato come Giovanni, ma Giovanni sapeva che lui era il primo tra tutti i discepoli e quando corrono verso la resurrezione, Giovanni si ferma sulla porta perché è Pietro che deve vedere per primo la tomba vuota. Questo Pietro, l’ultimo atto che fa nella sua relazione con Gesù è tradirlo ancora qua a Roma. Sentirà per l’ultima volta il tocco di questo amore di Dio Padre manifestato in Gesù Cristo, che ancora non lo giudicherà ed è per questo che andrà a farsi martirizzare a testa in giù, perché non era degno di essere crocifisso come nostro Signore Gesù Cristo.

Era questo il sentimento, il motivo per cui i martiri andavano lieti al martirio perché era un’altra persona che li stava amando, che li stava portando…

Don Alfonso (il precedente parroco del Battistero, morto per aver contratto il Covid portando la comunione a casa ad un’anziana signora n.d.r) prima che morisse mi ha detto, lui era un grande conoscitore di archeologia, e mi ha detto che l’altare appena dentro a destra è stato portato via dal Circo Massimo che era dove scorreva, ci sono dei canaletti, il sangue dei martiri dei primi cristiani che venivano martirizzati qui a Roma.

Allora chiudo davvero…

Padre Nostro, che sei nei cieli

sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno

che è questo Amore

sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.

Questo Amore che si visibilizza in una comunità cristiana, in un matrimonio.

Il matrimonio cristiano non è indissolubile perché i cristiani sono più bravi degli altri, è indissolubile perché i cristiani si nutrono di un amore che perdona chi sbaglia.

Ed è chiaro che se questo amore non viene nutrito nella vita, anche se ti sposi in chiesa, come fai a perdonare un marito o una moglie che ti tradisce? Come fai a perdonare un uomo che prima o pi speravi che divorziasse da sua mamma ed è stato per 40 anni più sposato a lei che a te? Come si fa ad amare tutta la vita un uomo così?

Come si fa a dire che il matrimonio è bello quando non dormi per un anno intero perché hai un figlio che non ti fa più dormire? Come si fa a fare ancora un figlio o ad avere il coraggio di mettere ancora al mondo un figlio?

L’indissolubilità nasce dalla fonte e non è una cosa magica. Abbiamo continuamente bisogno di venire alla Parola, di ricevere catechesi, di accostarci ai sacramenti, di farci perdonare nella confessione, di nutrirci del farmaco dell’immortalità che è l’Eucarestia, di ricevere lo Spirito Santo in tutti questi sacramenti.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori e non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male.

Non abbandonarci Signore a tutti i sofismi del demonio, ai buchi neri dentro i quali ci vuole trascinare fin da bambini, ma dacci sempre la tua grazia, che è poi il motivo per cui ci ha portati qui stasera tutti insieme il Signore, per farti capire la profondità della tua vita e darti una grazia in più, una dose in più di Spirito Santo, un incoraggiamento. Che forse tutto ciò che ti sembra sbagliato è dentro ad una perfezione divina, soprannaturale. Anche noi siamo…un po’ più grandi di una grotta… ma lo stesso spirito, lo stesso amore, la stessa tenerezza che ha voluto manifestare Cristo, svelando l’intimità della sua relazione con Dio Padre ai suoi discepoli, e che nonostante questo non li preserverà dal continuare a tradirlo. Ma hai dentro come un antidoto: un conto è tradire pensando di avere ragione, un conto è uccidere un innocente sapendo che quell’innocente è meraviglioso, stai facendo del male alla persona più buona di questa terra, stai rovinando l’unica relazione che ti ha sostenuto e che ti potrà sostenere per la vita eterna. Nel momento stesso che tu tradisci c’è già lo Spirito Santo che ti mette dentro una sofferenza, un dispiacere che è già un ritorno verso il Padre. Per questo, non manifestare alle nuove generazioni tutto ciò che offende Dio è ingannarle, perché non hanno più la dimensione che stanno uccidendo Dio dentro di loro. Allevarli a carezze è ingannarli, illuderli che la loro vita finirà senza la visione faccia a faccia con Dio e senza un giudizio e senza un tribunale, in cui saranno passate in rassegna tutte le nostre azioni nel bene e nel male, è un inganno profondissimo.

È un inganno profondissimo pensare che parlare così è spaventare le persone che poi non vengono più in chiesa…. non verrebbero lo stesso.

La mia esperienza è tutta al contrario, che predicando così le cose, i novissimi – S.Giovanni Paolo II diceva che si predicano poco i novissimi, le realtà ultime – l’effetto che vedevo nelle anime era tutto il contrario: invece che sentirsi giudicate iniziavano u cammino profondo di conversione.

Allora adesso ci mettiamo davanti al Santissimo Sacramento.

Io non so come è la vostra relazione con Dio Padre, non conosco la relazione con il vostro padre terreno, non conosco i sofismi profondi con cui tutti combattiamo, ma tu si e soprattutto li conosce Dio.

Allora vi invito stasera a mettervi davanti al Signore, recitando lentamente nel vostro cuore il Padre Nostro. Supplicando come persone piccole, bisognose di aiuto, che lo Spirito Santo ci aiuti nel combattimento, ci illumini profondamente sul senso della nostra vita, senza pretendere niente da Dio, perché questo atteggiamento di umiltà dicono i padri attira immediatamente lo Spirito Santo.

Al superbo che crede di aver capito tutto, che fa prevalere l’irritazione che a volte crea la rivelazione della Parola dentro all’anima, lo Spirito Santo può fare poco, si ferma. Lui che è un ospite dolce dell’anima. È Lui l’unico consolatore perfetto.