I sette peccati capitali e il peccato della Superbia #monasteroWiFi

Per questo anno di incontri dopo il Capitolo generale sulla confessione noi al capitolo romano (scopiazzando i mitici confratelli bolognesi) abbiamo programmato i primi sette incontri sui peccati capitali. Gli incontri si svolgono al battistero di San Giovanni in Laterano, il primo lunedì del mese, con spuntino iniziale per fare due chiacchiere alle 20.15/30, e inizio della catechesi alle 21; a finire adorazione e compieta. 
Qui la trascrizione del primo incontro, tenuto da don Antonio Grappone sulla superbia (cosa che non mi riguarda minimamente, anche se è difficile essere umili quando si è me).
Il prossimo sarà lunedì 7 novembre.
Per questa volta ci sposteremo in sala Tiberiade – stesso cortile del retro del Battistero dal quale entriamo di solito – perché all’ultimo incontro eravamo in troppi per la chiesa, per le prossime si vedrà. Si può parcheggiare.
L’incontro sull’avarizia sarà tenuto da padre Marco Pavan.

CATECHESI del 3 Ottobre di don Antonio Grappone:
I sette peccati capitali e il peccato della Superbia.

Sapete che le pie donne del monastero wi-fi, qui presenti, hanno pensato di fare i vizi capitali, agganciandosi anche un po’ al tema di quest’anno che è stata la confessione. Quindi trattasi di peccati, vizi e cose del genere…quindi c’entra la confessione e a me è toccata la superbia.
Non pensate che sia a caso… già una monaca in particolare del monastero wi-fi sostiene che sia un mio tratto caratteristico…e in effetti la conosco bene “sta’ roba”!

Questo ciclo meritava un incontro introduttivo per entrare nel tema che è non è semplice.
Non è forse chiarissimo che collocazione hanno i sette vizi capitali: se voi prendete il catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1866 trovate un paragrafetto sui vizi ai capitali, dove praticamente li elenca e basta.
(CCC 1866 I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l’esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san Gregorio Magno. Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.)

Come mai?
Perché, se vedete come è fatto il catechismo, il catechismo affronta il problema morale cristiano.
“La vita in Cristo”,
si intitola così tutta la sezione, non si basa su questo settenario dei vizi ma sui 10 comandamenti, che analizza.
Poi c’è una piccola sezione, “Proliferazione del peccato” che parla dei vizi capitali, quindi in primo luogo bisognerebbe vedere di cosa si tratta e che funzione hanno, perché la chiesa fa questa catechesi che ha origine nella chiesa antica.

La prima formulazione diciamo di otto pensieri, li chiamava così, da affrontare nella vita cristiana è di Evagrio Pontico, uno che è morto nel 399, a sua volta ispirato ad Origene, che era del terzo secolo: era gente che rifletteva molto su se stessa.

Il fatto che il catechismo, avendolo inserito nella sezione morale, ne parla poco significa che questo argomento non riguarda tanto la morale cristiana, ma riguarda la spiritualità cristiana.

Il primo ad avere questa idea è stato un monaco e poi, quello che l’ha esportata in occidente è stato Cassiano, un monaco egiziano che si è trasferito in occidente. Poi chi l’ha lanciato con forza nella nostra trazione latina è stato Gregorio Magno, e poi l’elenco esatto come lo conosciamo noi è stato rilanciato da S.Vittore, anche se ce ne sono delle varianti, poi si afferma con S.Tommaso d’Aquino.

Allora questa origine non riguarda tanto la morale, che è importantissima: la morale cristiana è una risultante, un effetto del rapporto con Gesù Cristo.

Un cristiano non parte dalla morale. Era Pelagio che pensava così, erano ii famosi pelagiani.

Un cristiano parte dal rapporto con Cristo e se non matura in questo rapporto, se non cresce nell’amore al Signore, anche quando acquista una virtù, diceva S.Agostino, finirà per essere un’ipocrisia, perché lo fa per gonfiare se stesso.

Se l’uomo è così onesto diventa però orgogliosissimo perché ha raggiunto qualcosa. Lo stesso se quell’uomo è così casto…
Pur se sono vere, se queste virtù non nascono dall’amore, dall’amore a Cristo e quindi al prossimo, diventano delle gabbie invece che degli strumenti di libertà.

Allora, vi dicevo, nella spiritualità cristiana, Evagrio Pontico elenca otto pensieri che affliggono il monaco.

E li racconta uno che ha avuto una vita molto travagliata da giovane: è diventato un diacono, molto intelligente, alla scuola dei padri Cappadoci di Gregorio di Nazzianzio (prima di Basilio, poi di Gregorio di Nazzianzio), è presente al Concilio di Costantinopoli (quello del Credo della Messa, nel 381) e poi però ha un problema abbastanza grave con una donna quando era già diacono. Allora scappa via, si nasconde, arriva a Gerusalemme, entra in un monastero, e poi da lì decide di fare vita eremitica e da solo, solo nel deserto, fa una grande riflessione su cosa c’è nel cuore umano.

Cosa trova?
Trova una miriade di demoni, lui li chiama, così, perché associa ad ogni pensiero cattivo un demonio. C’è quindi un esercito di demoni che lui dice si possono ricondurre ad otto pensieri fondamentali, otto pensieri cattivi fondamentali.
Rispetto al nostro elenco dei sette vizi capitali è sdoppiata la vanagloria-vanità  al posto di superbia, sono quindi due e non c’è l’invidia ma c’è la tristezza, e così sono otto con piccole varianti.
Naturalmente poi l’accidia si sovrappone con la tristezza, insomma ci sono poi dei cambiamenti in occidente, specie con Gregorio Magno e diventano sette.
Anche questo è significativo perché sette è un numero di completezza nella Bibbia: il mondo è stato creato in sette giorni, sette sono le richieste del Padre Nostro, per chiedere tutto a Dio e così via; l’Apocalisse è piena di settenari e sette sono i popoli nei dieci che occupano la Terra promessa; quando Israele passa il Giordano, entra nella Terra promessa ma non è subito a portata di mano, deve affrontare sette popoli nemici, allora il cristiano riceve il battesimo, passa il Giordano ma non avrà vita facile perché deve affrontare questi sette nemici, questi sette popoli; allora questa è la collocazione.

Finisco e poi subito parliamo della Superbia, ma questa è la collocazione di questi vizi capitali.
Allora, la spiritualità è il combattimento spirituale, da cui nessuno è esente se è cristiano.

Vizio significa debolezza; se ho un braccio viziato non lo posso usare neanche per sollevare un piccolo peso; mentre Virtù, “Virtus”, significa forza ed è quella che anima la nostra interiorità; più uno è debole meno è padrone della sua virtù; più vizi ha, meno vive ma si fa vivere da altro, questo significa.
È una sofferenza forte avere veramente dei vizi; questi pensieri, questi vizi, ci inclinano verso i peccati, però a noi interessa soprattutto il combattimento spirituale perché questi pensieri, queste tentazioni, non passino, non ci vincano; oppure, qualora ci abbiano vinto ci interessa potercene liberare con il combattimento necessario; questa è la loro collocazione.

Vizi Capitali, non perché siano gravissimi, ci sono altre cose gravi, ma perché stanno all’origine di tante cose; oggi vediamo un po’ a quanti atteggiamenti sbagliati da origine la superbia, quanto produce… questo è il senso, inquadriamolo così.
Allora, il combattimento spirituale suppone, cosa che oggi non si dice mai, il discernimento; altra parola inflazionata, dentro e fuori della chiesa, con risultati diciamo non sempre così precisi.
Oggi si parla di discernimento, certamente quando uno deve discernere la propria vocazione; si parla persino di discernimento comunitario. Quando c’è una decisione da prendere si parla di discernimento ma in realtà è quella una fase successiva.

Il discernimento, è capire, quello che stai pensando adesso, il tuo stato d’animo, l’immagine che ti porti dentro, le tue emozioni, da dove vengono? Vengono da Dio o vengono dall’altra parte, dal nostro nemico?

Se non abbiamo questa luce, non possiamo decidere nulla veramente.
Infatti si chiama discernimento degli spiriti. Non date ascolto ad ogni spirito” dice Giovanni: spirito significa “ispirazione” in quel caso.
Allora con questa realtà delle tentazioni ci dobbiamo confrontare continuamente; adesso per esempio stai pensando… “ma guarda questo cretino, quando parlerà della superbia?”
Questa cosa viene da Dio? O è qualcosa che devi combattere per poter sentire cosa ti dice lo Spirito Santo?

Allora, è una cosa con cui ci dobbiamo confrontare sempre e di questo marasma interiore, che non tace mai e con cui dobbiamo per tutta la vita fare i conti, di questo parlano i sette vizi capitali; sono riconducibili a questi sette atteggiamenti ed è il combattimento, conquistare la Terra promessa, che il Signore ci dà come una Grazia.

Il Signore, che ti ha creato senza di te“, dice Sant’Agostino, “non ti giustificherà, non ti salverà, senza di te

Autore della nostra Salvezza è Gesù Cristo, senza il quale, nessuno si salva, ma Gesù Cristo vuole renderci partecipi di questa salvezza con la nostra libertà e allora è necessario il combattimento cristiano.

Per parlare della Superbia e non dire sempre le stesse cose, ho pensato di far riferimento ad un autore classico, S.Bernardo di Chiaravalle. Lui ha scritto un libro: “I dodici gradi dell’umiltà e della superbia”, ed io parlo della superbia.

Collochiamolo un attimo nel suo posto.
Siamo nel dodicesimo secolo e il monachesimo è in piena esplosione con tutta la sua forza. Ora è in crisi nera ma all’epoca era fortissimo.
Migliaia e migliaia di monaci riempivano l’Europa, decine di migliaia, erano i monaci neri (abito nero ndr), i monaci benedettini; c’era un centro ispiratore, che già dal X secolo è stato un propulsore formidabile della riforma della chiesa: Cluny in Borgogna (tra l’altro lì hanno inventato dei vini buonissimi). Era un faro di civiltà: monaci che pregavano tantissimo, e studiavano e copiavano codici e che hanno elevato il livello culturale in maniera impressionante.
In questo contesto, qualche monaco è sempre stato un po’ ribelle, un po’ di monaci si staccano e vogliono vivere con più semplicità la regola di san Benedetto: nascono i cistercensi ; quindi un gruppetto di monaci fonda questo monastero nuovo, staccandosi dai monaci di Cluny che riempivano l’Europa, lavorando molto di più con le proprie mani e meno di penna e intellettualmente; costruiscono i loro monasteri in zone paludose proprio per lavorare di più, per bonificarle.
Se andate a Fossanova per esempio, questi posti così.
San Bernardo non è il fondatore di questo movimento monastico, ma è il più grande, diciamo, della prima generazione. Lui entra giovanissimo, si sente attirato. Era un nobile, si sente attirato da questa vita povera, difficile, una sfida.
Lui ha un grande carisma, è un trascinatore e si porta dietro più di trenta parenti, tra cui cugini, fratelli, zii, dentro il monastero; ha delle doti fortissime, grandissime, e quindi c’è grande sviluppo del monachesimo cistercense: i monaci bianchi si chiamano, perché hanno questo saio bianco, diverso dai monaci neri..
Perché dico questo?
Perché lui affronta nella predicazione questo tema; questo tema , capitolo 7 della regola di san Benedetto, ci sono i 12 gradi dell’umiltà, la scala dell’umiltà , i 12 gradini dell’umiltà.  Ma per commentarli Bernardo parla si dell’umiltà, ma poi soprattutto della superbia.

Per due ragioni : prima di tutto perché, avendo tante doti e tante qualità umane, e tanti carismi da Dio, l’ha combattuta tutta la vita la superbia: per quest’uomo, era la sua tentazione costante. E poi perché non si diventa umili senza combattere la superbia.
Non è che stiamo in un campo neutro, davanti l’umiltà di qua, e di là la superbia, ma noi siamo immersi nella superbia e uscire dalla superbia è l’umiltà.

Nessuno è umile, perché c’è il peccato originale di cui siamo liberi dalla colpa ma la tendenza rimane, la concupiscenza.
Il peccato originale è un peccato di superbia
, il peccato di Lucifero, che ha pensato di attribuire a se stesso tutti i doni straordinari che Dio gli aveva fatto; di Lucifero e dei suoi angeli, per cui è decaduto e ha coinvolto l’umanità in questo atteggiamento.     (sapete il racconto di Genesi).

Alla base di ogni peccato c’è un atto di superbia, anche il più stupido.
C’è sempre un moto dentro di noi che, pur sapendo, pur conoscendo la volontà di Dio , deliberatamente la ignora, preferendo la propria.  Io capisco più di Dio.
C’è anche nel più piccolo peccato: è un meccanismo rapidissimo, a volte inconsapevole, però c’è dentro.

Allora la superbia ha una collocazione particolare. Infatti quando san Tommaso d’Aquino elenca i sette vizi capitali, non dice “superbia” , dice “vanagloria”, perché la superbia-vanagloria è la radice di ogni peccato.
Allora, come lo tratta… c’è anche il salmo… salmo 19, o 18 nella numerazione originale della chiesa :

anche dall’orgoglio salva il tuo servo”,…… “ allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato”.
Nella Scrittura la superbia è il grande peccato.  Allora come S.Bernardo lo affronta  vi dicevo con i 12 gradi, non abbiamo molto tempo… allora se li leggete, leggeteli se vi capita, è interessante.
Però, se uno non ha dimestichezza con queste cose, con questo discorso, si trova un po’ smarrito. Trova delle affermazioni che sembra che non c’entrino niente.  Quando si parla di queste cose bisogna sempre contestualizzarle.

San Bernardo è un monaco del XII secolo. Noi siamo monaci al massimo Wi-fi e siamo nel XXI secolo, quindi … però cambiate poche cose, ci stanno tutti questi 12 gradini.  Allora ecco lui cosa dice:

 

1) ———————————————————-

I GRADO: la “Curiositas, la CURIOSITÀ

Allora, al primo posto mette quella che chiama la “ Curiositas”, la curiosità.
Primo sintomo di superbia facile da vedere; non è una qualunque curiosità, e questa parola ha anche una lunga storia.  Sant’Agostino ne ha parlato parecchio, ma lui ne prende un aspetto particolare. Cosa?
È il nostro continuo, stare con le antenne accese, occhi aperti, a confrontarci con gli altri. Come ti senti, chi sei di fronte agli altri.
E questo funziona sempre, ha funzionato pure adesso, in questo momento. Ci coinvolge tutti, invece di preoccuparsi di se stessi, appunto, vi dicevo: “Cosa passa nel tuo cuore in questo momento?”

Ti occupi degli altri: se mi accettano, se si sentono a loro agio con me, se sono simpatico, se non sono simpatico, se appaio molto serio quando ascolto. Abbiamo queste preoccupazioni continue!

Dice S.Bernardo: “Gli occhi si levano verso gli altri legittimamente soltanto per chiedere aiuto o per darlo”. Il resto nasconde forme di confronto, cose di questo genere.
Essenziale del primo punto è che la superbia nasce collocando il proprio baricentro fuori di se stessi.
Questo poi si accentua negli  altri gradi con una certa superficialità verso se stessi e troppa attenzione fuori di noi.
Noi siamo immersi in una cultura così: la cultura dell’immagine e dei social.

Siamo sempre condizionatissimi da questa cosa, dove quello che conta è appunto l’apparenza e l’apparenza è sotto sotto, e neanche troppo sotto, una continua rivalità su chi appare meglio. Questo ci assorbe e bisogna contrastarlo. Non si può vivere così ignorando se stessi!

Questo era un principio già nella Grecia classica “Conosci te stesso”. Dice anche nella Scrittura, nel Deuteronomio: “Bada a te stesso “.

ANTIDOTO: C’è un antidoto, che forse conoscete in molti: come si fa ad uscire dal mondo che ci assorbe? Dice S.Giovanni “dalla concupiscenza degli occhi”, questo desiderio sempre che ci porta fuori di noi si fa aprendo le porte a Cristo nel proprio cuore concretamente attraverso la Sacra Scrittura, la lectio divina, la meditazione della Scrittura. Semplicemente leggere e confrontarsi con la Scrittura necessariamente ci riporta a noi stessi. Se volete un antidoto a questo è la Sacra Scrittura.

 

2) ———————————————————-

II GRADO: Levitas menti, la SUPERFICIALITÀ

Il secondo gradino è “Levitas menti”, la leggerezza della mente, cioè la superficialità.
Se viviamo fuori di noi stessi inevitabilmente incappiamo in questa cosa.
La superficialità, l’esteriorità, comporta un confronto continuo attraverso atteggiamenti verso gli altri di superiorità verso le persone che classifichiamo inferiori a noi e di invidia verso le persone che, per caso, hanno qualche dote che noi non abbiamo.

Sempre nello sfondo c’è l’invidia, che è un peccato che la gente confessa poco perché dire “sono invidioso” vuol dire umiliarsi, perché va contro la nostra superbia.
Eppure funziona continuamente nei rapporti con gli altri. Così le parole che tante volte diciamo, i giudizi che facciamo con leggerezza, con superficialità sono vere coltellate. Se arriva un giudizio, magari una cosa detta con leggerezza in tua assenza, oppure in tua presenza, è una coltellata nella schiena”. Poi.ti dice: “Scusa, non volevo”…dietro c’è questo mostro.

Attenzione non va sottovalutato. Non è un peccato mortale perché uno non lo fa con l’intenzione, ma non è che se uno ha un tumore e non è intenzionale, questo non lo ammazza…capite ci rovina comunque la vita.

Attenzione a dipendere dai “like”, da quanti ne hai ricevuti di “like”. Sapete per quanti giovani e meno giovani è un disastro quanto non si ottiene la dovuta attenzione su whatsapp, istagram, sui social…queste diavolerie…

ANTIDOTO: L’antidoto: suppongo che siamo cristiani e che preghiamo, per cui la preghiera è un po’ l’antidoto di tutto. Ma quale preghiera? La preghiera per le sofferenze degli altri!
Perché quello deve fare il cristiano: alzare le antenne, guardare il prossimo per dare aiuto, per vedere dove il Signore mi chiama a soccorrere il bisogno del fratello.

La preghiera per la croce che c’ha tua moglie, per la croce che c’ha tuo figlio, o quel tuo collega, quello ci salva dalla superficialità. E quella persona che tanto critichi facilmente poi scopri che c’ha una situazione tragica a casa…comincia subito a pregare per lui!

 

3) ———————————————————-

III GRADO: “Inepta Laetitia, ossia l’allegria stupida, o stoltezza nella Scrittura.

Arriviamo al III gradino: l’allegria stupida o stoltezza nella Scrittura
Dice Qoelet “Il cuore degli stolti è in una casa in festa.” Ve lo dico completo, non vi scandalizzate anche perché la Scrittura bisogna capirla. “Il cuore dello stolto è in una casa in festa, il cuore del saggio è in una casa in pianto” ( o in lutto  a seconda della traduzione).

Vi chiederete “Ma che dobbiamo stare a piagne sempre?”

No, si riferisce alla realtà di questo mondo, alla realtà passeggera di questo mondo e al pericolo di attaccarvisi. Allora il saggio sta bene attento a non attaccarsi alla realtà passeggera di questo mondo, perché tutto passa. E’ tutto ingannevole! Noi abbiamo una ricchezza ma non sono le ricchezze di questo mondo, sono le ricchezze di Dio. Invece lo stolto si rallegra tanto di queste cose, anzi le cerca.

Allora siccome quando cadiamo nella superbia, nella superficialità, nel confronto con gli altri, nelle malignità alla fine c’abbiamo un cuore inaridito e bisognoso di consolazione, accade che se siamo superbi, la consolazione cerchiamo di darcela da soli, non la chiediamo al Signore, e questo significa cercare gratificazioni che vanno da quelle del frigorifero a quelle più strane, alla pornografia, a quelle che i possono dare un falso refrigerio. L’allegria stupida cerca sempre di fuggire da se stessa, è una forma di alienazione e cerca compensazioni. Il meccanismo è sempre imputabile alla superbia: la superbia ti ha inaridito, ti ha reso affamato e quindi diventi esposto anche alle dipendenze, da quelle affettive a quelle più grevi.

ANTIDOTO: L’antidoto, dato che si tratta di gratificazione, è molto semplice: è la pratica cristiana del digiuno.

Specialmente quando individuiamo che questa nostra leggerezza ci porta a questi livelli di stoltezza, abbiamo bisogno di rinunciare a qualcosa, di cibo, di gratificazione, di tempo su internet, di televisione, non lo so.. Tra sé e Dio, quello che uno vede a cui c’è bisogno di rinunciare,.

Tutto tra se e Dio: del digiuno cristiano nessuno se ne deve accorgere, non fate gesti clamorosi perché quelli aumentano la vanità, la superbia. No, solo gesti nascosti.

Se leggete le vite dei santi, per esempio S.Teresina faceva una quantità di cose incredibili, poi è diventata dottore della chiesa a 24 anni.

Tante piccole rinunce che ci aiutano ad uscire da questi imbrogli, delle false gratificazioni di questo mondo.

 

4) ———————————————————-

IV GRADO: la “Iactantia”, ossia l’ostentazione di sé, il mettersi in mostra, il narcisismo

Il IV gradino e la “Iactantia”, dice Bernardo, ossia l’ostentazione di sé, il mettersi in mostra.
Sapete che iI narcisismo ha una forma patologica che ha bisogno dello psichiatra, ma c’è anche un atteggiamento, diciamo corrente, un atteggiamento spirituale malato: l’ostentazione di se’, che è una forma di superbia,

Bernardo nel monastero la descrive come una irrefrenabile voglia di chiacchierare. Nei monasteri, cistercensi poi, vigeva la regola del silenzio, e invece c’era chi aveva una irrefrenabile desiderio di chiacchierare. Dice “C’è chi ha fame e sete di ascoltatori delle sue vuote parole. Si mette al centro del discorso e pur interrogando gli altri impedisce agli altri di parlare”.

A me capita spesso: a volte lo faccio, a volte lo subisco.

“Non vuole istruire, vuole mostrare quello che sa”
E’ uno che è innamorato di se stesso, è innamorato dell’immagine di se stesso e cerca conferme da parte degli altri, quindi usa il prossimo per confermare la sua immagine. Sembra molto socievole ma in realtà è un manipolatore e ha questa caratteristica che manca totalmente di empatia, come dicono gli psicologi, ossia di compassione, di simpatia, di sentire l’altro, con i suoi bisogni e con la sua realtà.

Allora come si fa? Guardate internet, i commenti. Pure ne blog di Costanza, spesso compaiono dei commenti tipicamente così, narcisistici, per mettersi in mostra. Quello è un posto dove la tentazione è fortissima, lo è tutto internet da questo punto di vista.

ANTIDOTO: L’antidoto alla superbia e anche al narcisismo e all’essere manipolatore è imparare ad ascoltare.
Per imparare ad ascoltare si devono coltivare dei momenti di silenzio nella propria giornata.
La preghiera è la chiave per distruggere la superbia e la preghiera ha bisogno di momenti di silenzio nella propria giornata.
Silenzio per ascoltare DIO che spesse volte è una presenza. Cosi da uscire da tutte le chiacchiere che ammorbano il nostro cervello e che ci chiedono sempre di accontentare e confermare noi stessi.

 

5) ———————————————————-

V GRADO:Singularitas”, originalità, il culto di sé, infantilismo

Il quinto gradino è “singularitas” cioè originalità, cioè in sostanza il culto di sé, che noi potremmo anche definire infantilismo.
Si verifica quando siamo legati all’esteriorità e al plauso degli altri e quindi abbiamo un atteggiamento infantile, proprio come il bambino che quando nasce si crede al centro del mondo.
In un certo senso ognuno di noi è al centro del mondo perché è al centro di Dio, ma il nostro nemico ci perverte questa visione e ci tenta con questa visione in base alla quale noi pensiamo di essere il centro, nel senso che pensiamo di avere gli altri al nostro servizio.
Il bambino quando nasce piange in un certo modo per ottenere il latte ed in un altro modo quando vuole dormire e così via, si comporta così perché pensa che la mamma è un’estensione di sé stesso, e poi anche il padre deve essere un’estensione di sé stesso e poi anche gli amici e poi anche i professori, quando va a scuola, devono essere un’estensione di sé stesso.
In questa visione è inaccettabile per il bambino che qualcuno non lo capisca o lo contrasti perché il centro è solo lui medesimo.
Questo atteggiamento infantile è il quinto gradino.
Tipici comportamenti:
esempio se uno fa una battuta tu ridi ma non puoi ridere più degli altri, oppure se viene a sapere che qualcuno fa un giorno di digiuno e allora lui ne farà due giorni di digiuno e ci tiene a farlo sapere; si ha un gran bisogno di attrarre l’attenzione su di sé questo è il punto fondamentale.

ANTIDOTO: L’antidoto al volere essere al centro e al primo posto (tipico della superbia) è mettersi al servizio del bisogno dell’altro.
Quando Gesù rimprovera gli apostoli che cercavano il primo posto non dice non dovete desiderare di essere il primo, perché è ovvio che noi lo desideriamo. Essere il primo lo abbiamo scritto dentro di noi, siamo immagine di Dio e figli di Dio che è il primo, ma se uno vuole essere il primo deve fare come Gesù Cristo e cioè deve essere l’ultimo di tutti e il servo di tutti dando la vita per gli altri (cosi è ad immagine di Dio).

 

6) ———————————————————-

VI GRADO: l’arroganza

Veniamo al sesto gradino che è l’arroganza.
Dice San Bernardo che l’arroganza ormai ci porta verso gradi di superbia più evidenti.
L’ARROGANTE è IL SUPERBO TRIONFANTE o il SUPERBO EVIDENTE.
Arrogante viene dal latino “arrogo”, che tradotto in italiano vuol dire pretesa o diritto ad avere l’elogio, diritto ad essere considerato: così ad esempio io ho diritto che gli altri si inchinino quando passo io e, se gli altri non lo fanno, l’arrogante si indigna.
L’indignazione è il tipico sentimento dell’arrogante.
Quindi chi non si sottomette non capisce niente.
L’arrogante ha sinceramente l’idea di essere meglio di tutti. Si è autoconvinto.
Infatti una caratteristica dell’arrogante è che non conosce gratitudine. Non è in grado di avere gratitudine e anche quando uno l’aiuta o gli fa un favore pensa sia sempre un suo diritto.
Pensa che l’aiuto è un diritto ed è una forma di pretesa. Anche se per esempio gli presti dei soldi…è tutto dovuto.
Attenzione che ci passiamo tutti. L’ingratitudine è questa forma di arroganza.
L’ingratitudine è il peccato dei figli.
Siamo tutti figli e quindi è il peccato di tutti noi figli.
Ma poi con la vita ci possiamo correggere.

“Onora il padre e la madre” vuol dire proprio avere gratitudine verso i genitori.
L’esegesi di “Onora il Padre e la Madre” è proprio questa: se vuoi essere felice nella vita devi avere gratitudine verso chi ti ha dato la vita.
“Onora il padre e la madre” vuol dire esattamente abbi gratitudine verso i genitori se vuoi essere felice.
E’ pazzesco avere pretese verso chi mi ha dato (come minimo) la vita e poi anche tante altre cose, tra cui forse anche la fede e l’accesso alla vita eterna; infatti la superbia è una pazzia perché vuol dire non avere gratitudine (essere duri) verso chi mi ha dato la vita e forse mi ha dato anche la fede e l’accesso alla vita eterna.
L’arroganza è una follia.
Attenzione perché chi ha questa ingratitudine e arroganza spesso non se ne accorge e pensa che sia normale essere così e non se ne accorge, ma non è normale.

La ragione della tristezza e di tanta rabbia e disperazione è proprio la superbia.
La superbia è tanto legata alla tristezza.
Nessuno è disperato se è umile.

ANTIDOTO: L’antidoto all’arroganza è la preghiera di lode.
Abbiamo bisogno a volte di una preghiera di lode e di recitare alcune formule.
Inizia con il fare un elenco dei doni che Dio ti ha fatto e che non hai mai guadagnato e che non hai affatto meritato, eppure ne sei pieno.
La preghiera di lode ci sblocca da questa paralisi e anzi, a volte, conviene farla insieme a chi ci ha aiutato e prima di tutto con i genitori.
Questo distruggere i genitori è tipico di questa cultura moderna.

 

7) ———————————————————-

VII GRADO: “praesuntio”, la presunzione, l’alterigia.

Ci piglia questo atteggiamento, come diceva San Bernardo che viveva in un Monastero e quindi era tenuto all’obbedienza, è quando non accettiamo la correzione.
La prima reazione dinanzi a chi ti corregge (a torto o a ragione) è chiudersi in sé stesso, criticare, rispondere male, mandare a quel paese, chiudersi in se stesso, arrabbiarsi.
La presunzione è il rifiuto della correzione.

Dice, mi sembra il Siracide: “correggi il saggio e ti amerà ma non correggere lo stolto perché ti farai un nemico”.
Allora questa stoltezza, io ci sono passato, spero di non passarci ma ogni tanto ci passo!
Attenzione, la correzione è una grazia, noi ne abbiamo bisogno.
Io, come padre, quale è la funzione di un padre? E’ di incoraggiare, è di aprire i figli alla vita, di mostrare ai figli che la vita è una cosa buona, che vale la pena affrontarla ed è anche di corregge i figli quando vanno fuori strada.
E la funzione della madre è un’altra: l’accoglienza, la sicurezza, anche dopo uno sbaglio la possibilità di rialzarsi, questa generatrice di vita.
Il padre ha questa altra funzione.
Oggi l’ha un po’ persa….. infatti siamo nella stupidità più totale ma quella è la funzione…

Anche Dio Padre, necessariamente.
Persino Gesù Cristo imparò l’obbedienza dalle cose che patì.
Aveva bisogno di correzione Gesù Cristo?
Certamente NO , ma nella sua umanità doveva crescere, fino alla statura di poter andare in croce per noi.
E quindi anche Lui ha accettato, nella sofferenza, questa obbedienza, che corregge la tendenza della natura umana alla comodità, a farsi gli affari propri.
Quella natura ha assunto Cristo, la nostra, la nostra …e ha corretto la nostra natura, facendo la volontà del Padre.

ANTIDOTO: Allora l’antidoto è chiedere a Dio di comprendere sempre le ragioni degli altri, anche quando sbagliano.
Sempre nella preghiera.
Non so se conoscete un po’ il metodo di San Tommaso: tutti i teologi veri, Sant’Agostino, San Tommaso, San Bernardo hanno un metodo, ma in San Tommaso d’Aquino è schematico, quindi si vede con chiarezza: lui quando deve affrontare un avversario, in teologia, prima di demolire le tesi sbagliate, sottolinea gli aspetti di verità contenuti nella tesi dell’avversario e li valorizza.
Così fanno i cristiani: “considerate ogni cosa, trattenete ciò che è buono”
Allora, questo atteggiamento ricordatelo quando litighi con tua moglie.
Te fermi” – certo che devi pure riconciliarti subito ma pensaci: ha sbagliato ma… considera il bene che c’era dietro lo sbaglio, e viceversa…(forse dovevo fare l’esempio al contrario.. .)

 

8) ———————————————————-

VIII GRADO: “Defensio peccatorum“, difendersi dopo il peccato, l’autogiustificazione

Questo atteggiamento, specialmente nella nostra cultura, ha sempre questo profilo particolarmente fastidioso che è il vittimismo. Quando ci scoprono con le mani nella marmellata e noi diciamo: “…e no, però non è colpa mia! Io sono una vittima della società!”
“Mi hai educato male!” dirà il figlio alla madre “
”No! È che tu non mi capisci!” dirà il marito alla moglie.
“Ma perché? Hai l’amante! Hai tre amanti!” “No no! È che tu non mi parlavi così!”.
Vittimismo: la colpa è dell’altro.

Con questa cosa sta uscendo fuori di tutto nella nostra società. Insomma i peggio sono sempre vittime. Sempre vittime e però riescono ad affermarsi.
UNA VITTIMA solo io conosco: è Quello lì sulla Croce! Gli altri sono tutti carnefici.
Ci ho messo io i chiodi, oltre a te, a quel Signore sulla Croce!

Questa è una cosa di superbia. È micidiale! Tutti gli assassini sono prima vittime.
Hanno prima subito del male.
Quando si dice: “Ha violentato i bambini!” “…e ma pure lui da piccolo era stato violentato!”
Allora? Allora, non è deterministico. Quando uno si sente vittima si sente giustificato! Ha diritto alle cose più ignobili. È superbia non voler riconoscere che hai sbagliato. Punto.
Va bene! Antidoto.
Questa è un’altra malattia su cui rischiamo tutti.

ANTIDOTO: Io questo ho imparato a fare. Nelle mia vita (che ormai comincia ad essere lunghetta!) io ho fatto del male ad un sacco di gente, verso le quali io ormai non è che posso fare più niente. Il male che ho fatto, ho fatto. Che posso fare?  È pregare per loro.
L’antidoto è riconoscere le persone che hai ferito. Forse ce l’hai accanto a casa, ma lì forse puoi fare qualcosa. Riconosci le persone che hai ferito. Prega per loro. Umilmente, se non hai la possibilità di rimediare, mettile nelle mani di Dio. È un atto umile. Riconoscere il proprio peccato, la propria miseria e fare qualcosa di efficace, che frutta.

 

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IX GRADO: “Simulata confessio”, La falsa umiltà

La falsa umiltà è sempre legata all’autodisprezzo, generatore della bassa stima di sé, che è pura superbia.
L’arrogante è un superbo trionfante. Quello che si disprezza è un superbo triste. Quasi quasi è meglio essere arroganti, però questo è molto più diffuso: l’orgoglio triste.
In che consiste?
Allora, San Bernardo lo descrive come un monaco colto in fallo che non solo riconosce la sua colpa ma, più che chiedere perdono, la accentua: “Ma sono proprio un disgraziato! Per me non c’è speranza! Finirò all’inferno!” Tutte queste cose così… Simula. È simulata questa umiltà.
Un po’ per ricevere approvazione un po’ perché il suo orgoglio è ferito.

Cioè certi peccati noi non vorremo mai vederli, per cui se cadi in un peccato vergognoso (due sono: lussuria e invidia) ecco poi ti senti così cretino così stupido… Pensavi che fosse impossibile per te.  Una persona magnifica come te che fa ‘sta cosa! Allora l’autodisprezzo!

Il Signore è misericordioso. Noi siamo deboli. Che cosa vuoi fare insomma? Non è che chi si autodisprezza….questa maschera triste di remissività… per carità! I Cristiani in pace!
Il Cristiano si sente perdonato. Se cade si rialza. Punto

E questo l’aiuta tanto a non cadere perché tutto il resto…

L’orgoglio ferito sapete cosa fa? I peccati di gratificazione: il  frigorifero… quello che non dovresti mangiare perché quello ti fa male…Mangi, quello che non dovresti mangiare…

C’hai un attimo di debolezza e per esempio inizi a mangiare un maritozzo con la panna. Te lo mangi, sei tutto contento e poi inizi a lamentarti: “Che ho mangiato?..Ho tradito tutti, la loro fiducia, sono un disgraziato….” A  quel punto ti senti pure male ma non è che ti penti. E quindi in questa condizione di malessere ti viene un magone e alla fine….”Io me ne mangio un altro!”

 

ANTIDOTO: l’antidoto è chiedere al Signore la grazia di conoscere ed elencare contento davanti a Dio tutti i tuoi limiti. Si, i tuoi limiti! I tuoi difetti, quelli con cui ti devi confrontare tutti i santi giorni.
Affrontare le tentazioni che hai, sapendo che senza tentazioni nessuno si salva.

Vi dicevo, è in questo combattimento che noi ci salviamo. Gesù Cristo è stato tentato più di noi. Perché aveva una missione più grande. Ma pure con il sesso? Sì pure col sesso. Con tutto. Con l’invidia, con la rabbia, con tutto e più di noi, per insegnarci a combattere.
Riconoscere i propri limiti.

 

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X GRADO: “Rebellio in magistrum et fratres”, la ribellione contro i maestri e contro i fratelli.

La ribellione contro i maestri, quelli che ti devono guidare, e contro i fratelli.
Perché nel monastero ogni fratello ha responsabilità verso il fratello. Ogni cristiano è così: la correzione fraterna. In una famiglia è così, dovrebbe essere così.
Allora colui che si ribella è colui che non accetta le conseguenze dei propri peccati.
E’ il pubblico fallimento.
Quando una persona viene scoperta apertamente in peccato, non fa la vittima, si arroga un diritto, disprezza chi cerca di parlargli, anche quando ha evidentemente ragione, e questo in lui aumenta l’odio verso il prossimo e anche verso Dio.
L’immagine di questo tipo di personaggio ce la rende Dante: il famoso Capaneo nell’inferno.
Questo tizio sta su un sabbione infuocato con il fuoco che gli piove in testa e non gli importa niente, la sua tortura è l’odio che ha verso Dio. Sta lì bestemmia, continua bestemmiare, inveisce contro Dio per la vita che gli ha dato, che lui non aveva chiesto, ha tutta questa cosa dentro che viene fuori a questo livello della superbia.
Al decimo gradino si passa dalla superbia contro gli uomini alla superbia contro Dio, anche se si manifesta nei rapporti con gli uomini.
Allora quando ci troviamo in questa strettoia, che la vita ci fa rabbia e ci chiediamo davanti a Dio: cosa mi hai creato a fare? E diventiamo feroci con il prossimo, almeno abbiamo la tentazione e speriamo di non caderci, il rimedio qual è?

ANTIDOTO: Distruggere l’idolo di noi stessi.
Si fa così: prendi un libretto d’assegni o fai un bonifico e fai una bella elemosina di quelle che fanno male, che ti fanno pensare: “ma poi come faccio?”
Schiacciare l’idolo di sé stessi.
Il denaro è la sintesi dell’idolo che abbiamo in noi stessi.
Il nostro potere è il nostro denaro. “Homo sine pecunia est imago mortis” dice il mondo. L’uomo senza soldi è l’immagine della morte, secondo il mondo, secondo noi è San Francesco e tanti altri grandi Santi.

Poi c’è

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GRADO XI: “libertas peccandi”, la libertà di peccare, che è una falsa libertà

E’ la fotografia del nostro tempo: Il peccato è una schiavitù, è un’illusione con sé stessi. Allora chi sta così abbandona la Chiesa, ha la tentazione di abbandonare la Chiesa “ma qui sono solo norme, ma qui mi tolgono…” è un uomo che, capita spesso, vive per esempio la fede come una serie di norme a cui si deve attenere.
Finché vive in un certo modo funziona, quando la vita gli si presenta diversa non funziona più è come un cappotto esterno. E’ superbo, non ha un rapporto interiore con Gesù Cristo.
Allora amare il prossimo
come sé stessi diventa una maledizione invece che una liberazione.
Amare Dio con tutte le forze manco a parlarne e quindi sceglie di peccare.

Ci sono quelli che lasciano la chiesa e quelli che pure dentro la Chiesa fanno così, perché la Chiesa è arretrata, tra un poco farà… quale altre libertà ci si può inventare oggi. Queste cose passano, non sono aggiornate…sono piene le nostre Chiese anche di preti così… lasciamo perdere.
Chi è così è solo, in realtà: non ha Dio ed è contento di esserlo, non lo cerca più.

ANTIDOTO: Più è grave, più è facile la soluzione: un atto di umiltà, quale è confessarsi e comunicarsi spesso.
Quando abbiamo questa presa di posizione, ci sembra che il demonio ci faccia apparire come vita vera quella del mondo…questo è!  Non credergli, confessati e fai la comunione. Confessati e fai la comunione!

Siamo arrivati all‘ultimo gradino:

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GRADO XII: “consuetudo peccandi”, il vizio accettato

La consuetudine è l’habitus dei peccati.
Nel cristianesimo la virtù è una consuetudine buona. Non è che l’abitudine sia sempre sbagliata. Se hai l’abitudine di andare a messa la domenica, conservala per favore, magari ce l’avesse la gente anche in estate, magari confesseremmo di più (vabbè che non si confessano più, però!!))
Insomma c’è una consuetudine sbagliata, il nostro essere si imprime in una distorsione, perché qui si vede benissimo quando la ricerca del piacere di questo mondo in tutte le sue forme diventa un circolo vizioso.
Qui evidentemente si tratta dell’inseguirsi della frustrazione e della sua falsa soddisfazione.
È un po’ l’anticamera dell’infermo, quando uno dice si a questo tipo di vita: vive l’inquietudine dentro, la rabbia, l’angoscia, la paura, la disperazione..
Non so cosa pensate dell’inferno.
Una volta ho fatto un video sull’inferno qualche anno fa. Un video di pochi minuti che è stato uno dei più gettonati. E sotto c’è scritto: non è vero che l’inferno esiste, Dio è buono, Dio perdona tutti, Dio ci libera….
Non so che pensi tu.
L’ inferno non lo ha creato Dio, lo creiamo noi. Non c’è scritto nella scrittura che Dio ha creato l’inferno. C’è scritto che c’è, Gesù ne parla, ma non che l’ha creato Dio.
È il nostro spazio di libertà perduta.

Vuoi un esempio di inferno?
Pensa a come sei adesso, se hai un rancore, se hai una tristezza, una ribellione. Perché puoi andare avanti? Perché pensi che ci sia un domani, in cui questo si risolverà, e pensi bene, si chiama speranza cristiana.
Ora pensa questo stato però senza domani, eterno, quello è l’inferno.
Cosa avevi pensato? In eterno questa tua condizione.
L’inferno è questa tua scontentezza, in eterno perché l’hai voluta, l’hai difesa.
La misericordia di Dio, la carità negli altri, te la sei trattenuta, sei trattenuto. La vuoi, ma…. se arrivi così fino alla fine Dio te la dà!.. Quello è.
C’è la vita eterna, c’è l’inferno.
È una possibilità. E il superbo la sperimenta seriamente, seriamente.

ANTIDOTO: Il rimedio è chiedere aiuto a Dio ma soprattutto ai fratelli, andare a parlare.
Cercati un padre spirituale, cercati dei fratelli cristiani che ti sappiamo aiutare che ti possano indirizzare. Chiedere aiuto è l’inizio dell’umiltà,
proprio l’inizio dell’umiltà

Pensate ai tantissimi problemi dei genitori e delle tragedie che riguardano i figli. Ma finché i figli non chiedono aiuto, neanche i genitori possono fare nulla !
E quella è superbia, si chiama così.

Che Dio ce ne liberi sempre da questa superbia.

Questa è la superbia vista da San Bernardo, quindi un combattimento spirituale che ci accompagna tutti i giorni della nostra vita.
Chiediamo al Signore che sempre ci doni l’umiltà.