I santi mai nati

foto VaticanNews

di Marco Negri

I santi li ho visti con i miei occhi perché li avevo in casa fino a qualche tempo fa: i miei genitori e mia nonna. La certezza l’ho avuta nell’ultimo anno in cui ho avuto la fortuna di avere fino a 99 anni mia mamma. Ho già avuto modo di raccontare di lei nel tuo blog, ne “La torta di mele “. Chiarissimamente mi ha fatto vedere tra tante distrazioni e un mare di superficialità chi è Dio e chi siamo noi per Lui. L’ho capito anche se non ne ha mai parlato, senza quella modalità, cioè, con la quale spesso si manipola la realtà. Sono santi proprio perché non sapevano di esserlo e si sono fatti condurre nella loro vita, perdutamente innamorati dalle cose che era giusto fare, anche se costose, dolorose, dimenticandosi anche di riposare. Santi perché nella lotta perenne tra bene e il male in questa vita, loro non hanno mai avuto dubbi da che parte stare.

Nell’intelligenza del cuore non sapevano assolutamente che cosa volesse dire virtù, quella che tanti cristiani come me cercano con le proprie forze. Santi perché ricordandoli mi scendono le lacrime, non solo per un moto egoistico di rimpianto, per non averli ancora qui fisicamente, ma perché sento le loro carezze sulla mia testa, come se fosse la mano di Dio, perdutamente innamorato di me come di ogni suo figlio, come di ogni sua figlia. E ciò che mi commuove di più è che non so perché, e forse non c’è un perché per chi ama veramente. Santi perché a sessant’anni mi hanno aiutato a “capire” la messa e a volte, durante la consacrazione, mi sovviene la voce di mia mamma che nella segreteria telefonica del cellulare disperatamente rispondeva alla inesistente “signorina”: < io cerco Marco!>.

Ho capito cioè che nella messa, nell’atto che sto vivendo, Dio liberamente slegato da un tu o da un noi, dal poco o dal tanto, dal prima o al dopo, dal buono o dal cattivo, in quel momento è tutto per ognuno, è tutto per me, e mi cerca disperatamente. In quel momento è come se tutto l’universo lo avesse creato “solamente” per me e avesse fatto le “acrobazie” della creazione perché io finalmente lo potessi riconoscere. E se mi faccio trovare incontra anche tutti i miei cari, mia moglie, i miei figli e con loro tutto l’amore che mi ha consegnato.

Mi accorgo adesso di aver coniugato il verbo vedere all’inizio di questo mio scritto e poco fa il verbo riconoscere. Ecco, ho po’ più di sessant’anni ed è forse ora di cominciare seriamente a pensare di lasciare questo mondo decentemente e in questo cerco l’aiuto di San Giuseppe. Penso proprio che il temutissimo giudizio finale di sicuro ci sarà, ma non come siamo portati a pensarlo con le nostre categorie sbrigative. E saranno proprio questi due verbi ad entrare in campo: vedere e sentire. Saremo solo noi giudici di noi stessi, di fronte a un anziano “Genitore” e sarà ciò che riuscirà a “vedere” con gli occhiali graffiati sul naso ciò che conta. Cercherà, con inguaribile ottimismo, di scorgere, guardando i suoi figli e le sue figlie, se alla fine sia rimasto in noi qualche tratto che gli ricordi il suo Gesù, riconoscerne, anche confusamente, il tono della Sua Voce, ma anche i suoi silenzi. Perché per restituirci la vita che da sempre ha pensato per noi nel Suo regno dovremo necessariamente somigliare almeno un po’ a Suo Figlio. Tutto questo lungo e noioso prologo per arrivare a ciò che mi sta a cuore, riprendendo il tuo articolo sulla difesa di un sacerdote che ha parlato della Shoah dimenticata dell’aborto.

Questi che stiamo vivendo sono oggettivamente tempi bui, tempi difficili e pericolosi, sfido chiunque ad affermare il contrario, ma nello stesso tempo rimangono straordinariamente carichi di speranza, perché non siamo noi a guidare, come non è Biden con il suo “radioso” incedere a istituire un nuovo ordine mondiale.

Il mio parroco quando gli ho detto che in questo frangente storico vedevo qualcosa di “escatologico “, un qualcosa che a che fare con un non so che, tipo “ultimi tempi”, mi ha sorriso ricordando quando in seminario questa parola la si usava al posto di “che rottura di scatole! “. I tempi però parlano chiaro anche per i più sordi e le intenzioni sono evidenti anche per i più ciechi, quando il presidente degli Stati Uniti spenderà fiumi di denaro considerando un” diritto internazionale” l’aborto fino al 9° mese.

Santi senza sapere di esserlo, ecco chi sono i Bambini Mai Nati. Santi perché avrebbero vissuto la vita dei nostri figli se fossero venuti alla luce, occupando la loro casella di cui il mondo aveva bisogno, ma ciò nonostante vivono comunque nel cuore dell’umanità, perché nulla va disperso, benché il male ci voglia annientare. Santi soprattutto perché somiglianti a Gesù, somiglianti a Suo Figlio.  Santi perché come Gesù sono il sacramento del Dio della vita. Così somiglianti da aver avuto la stessa sorte: rifiutati e traditi dai loro, condannati con un processo farsa, senza diritti, muti come agnelli al macello, innocenti ma caricati di un gigantesco fardello di espiazione. Ecco cosa vedrà Dio quando li avrà a uno a uno di fronte: le sue creature, tanto amate con i tratti precisi di Gesù. Ecco cosa conta alla fine della nostra vita: conservare qualche tratto dell’immagine di Gesù e il suo silenzioso abbandono che ci possa in qualche modo far assomigliare, perché il Padre ci riconosca.

Sarebbe bello favorire in ogni parrocchia almeno una messa alla settimana per i Bambini Mai Nati, Santi perché battezzati nella purezza e nella sofferenza di Gesù, a cui chiedere la loro potentissima intercessione per ogni difficoltà che questo momento storico ci infligge.

Pregare per loro senza mai dimenticarli, con chi li ha concepiti, sarà ritagliare nel nostro cuore il profilo di Gesù. Pregare per questa intenzione sarà pregare per le nostre giovani generazioni nelle cui vicende vive anche un pezzo di vita che i Bambini Mai Nati non hanno potuto vivere. Non dimenticarli, sarà riempire in qualche modo il vuoto che hanno lasciato in questo mondo, consolando anche Chi li ha voluti perché con le nostre preghiere non li avrà persi.