Catechesi sull’EUCARESTIA di don Ricardo Reyes #MonasteroWiFi Roma

Ecco la Catechesi sull’EUCARESTIA di don Ricardo Reyes, del 5 giugno 2023.

Il 3 luglio sarà l’ultimo lunedì del Monastero Wi-Fi Roma prima della pausa estiva. L’ appuntamento alle 20.30 per un Rosario con adorazione e a seguire uno spuntino (questa volta l’ordine è invertito, prima si prega poi si mangia, e non ci sarà nessuna catechesi). Come sempre, appuntamento al Battistero di San Giovanni in Laterano (si entra da dietro, dove si può anche parcheggiare, alla Lateranense). Per l’ultima catechesi dell’anno, abbiamo pensato di cominciare a prepararci al grande capitolo generale del prossimo ottobre, il cui tema sarà l’eucaristia.

Grazie a tutti quelli che sono riusciti a venire quest’anno, e anche a coloro che avrebbero voluto.

Catechesi sull’EUCARESTIA di don Ricardo Reyes

Roma, 5 giugno 2023 Battistero di S.Giovanni in Laterano

Buonasera, benvenuti a tutti e grazie di questo invito.

Io sono don Ricardo e devo parlare della Messa oggi.

Che cos’è la Messa?

Noi pensiamo più o meno di sapere cosa sia la Messa e invece la Messa è qualcosa di molto più grande di quello che noi possiamo anche percepire o comprendere.

Io, alcuni anni fa, ho messo in discussione un po’ tutta la mia vita e, in questo mettere in discussione tutta la mia vita, ho messo anche in discussione il mio essere e continuare a fare il prete.

Però c’era solo una cosa che mi faceva pensare, solo una cosa, ed era quella di perdere ciò che vivo nell’Eucaristia.

Solo per questo mi sono messo veramente in discussione e ho lottato e lotto tantissimo.

E in questo desiderio grande di ritrovare la mia chiamata, ho accettato un suggerimento dei miei superiori.

Io lavoro alla congregazione per il Culto Divino in Vaticano. Anche se sono panamense, sono un sacerdote della diocesi di Roma, ora in prestito alla Santa Sede.

Mi sono preso un aspettativa di sei mesi al lavoro e sono partito per andare in una comunità di tossicodipendenti in Francia.

Solo che, quando ho chiamato chiedendo di fare questa esperienza di vivere con loro, mi hanno detto che lì loro non accettavano operatori esterni.

Quindi l’unico modo di entrare lì era quello di entrare come un tossico e loro non avrebbero dovuto sapere che io fossi un prete.

Ora, siccome io sono incosciente, ho detto va bene e ho fatto questa esperienza meravigliosa!

Non vi nego che è stata tostissima: nove ore di lavoro al giorno, la terra, gli animali, dormire negli stanzoni con tutti, le docce in comune, tre minuti per fare la doccia (ti tiravano fuori), vietato sedersi durante il giorno, e ai pasti dovevi mangiare.

Siccome loro non sono abituati a mangiare molto a causa delle droghe, che ti fanno mangiar poco, lì ti mettono davanti un piatto di una dimensione esagerata. Perché ti devono abituare a mangiare.

Ma io non ce la facevo, ma è vietato lasciare cose, se tu lasciavi cose, dovevi rimanete lì seduto.

Una cosa tremenda!

Perché vi sto raccontando questa cosa?

Perché è stato il mio amore per l’Eucarestia che mi ha permesso di fare questa esperienza .

In sei mesi mi hanno fatto fare un po’ tutti i compiti di questo percorso che da loro dura tre anni: ho fatto tutte le tappe di questo cammino.

Uno di questi compiti era quello di pulire i bagni, le toilette.

Una delle cose che ricordo benissimo e che mi porto nel cuore è che io in realtà ero arrivato lì perché ero pieno di tante ferite: delusioni della Chiesa e di quello che mi aspettavo dalle persone e da me stesso.

Ero come ingessato!

Sono arrivato lì che ero stanco e ingessato.

Io sentivo dentro anche fisicamente, sentivo che ero sulla difensiva perché sentivo che tutti mi potevano ferire.

E mi ricordo uno di quei momenti in cui ho sentito nostalgia della mia casa (a Natale e a Pasqua, anche se ne sono fuori da trent’anni, però mi viene ancora la nostalgia e non le vive tanto bene queste feste).

Invece quel 24 dicembre ero lì davanti alla tazza del water pulendo, potete immaginare, e ho detto a me stesso: “Qui non mi vede nessuno, qui non sono nessuno, anzi la gente pensa che sto proprio male per fare un’esperienza del genere, nessuno mi ringrazierà per questo bagno che sto pulendo, ora sono finalmente contento. Sono contento!

Sono contento di non essere nessuno, di stare qui e soprattutto sono contento di servire Cristo, perché in quei ragazzi io ho visto Cristo Eucarestia e mi hanno insegnato tantissimo.

Adesso non faccio questo incontro su questa cosa perché se no… però ve la dovevo dire perché, questo mi ha spinto anche a scrivere quel libro e, in realtà, mi spinge sempre di più ad amare Cristo Eucaristia.

E allora io vi chiedo, questa è la cosa che mi sono chiesto: cosa è l’Eucaristia?

Io l’ho sempre studiata l’Eucaristia, sono vent’anni che leggo solo sull’ Eucaristia; dopo il dottorato che avevo fatto, sempre sull’Eucaristia in Ratzinger, poi vent’anni di lettura continua su queste cose.

C’è un autore molto importante, che si chiama Von Balthazar, che parla della liturgia cosmica, commentando Massimo il Confessore, e lui dice che la liturgia, la nostra liturgia è una liturgia cosmica.

Che vuol dire questa cosa ?

Lui dice che tutto il Cosmo, lui non dice la Chiesa, dice che tutto il cosmo, la creazione intera, Dio ha creato tutto perché divenisse il luogo d’incontro tra il Creatore e la Sua creatura.

Cioè tutto è stato creato in previsione di questo incontro; cioè l’unica cosa, la cosa che più desidera Dio è che lo vediamo, che noi ci incontriamo con Lui.

C’è stata una frattura si, il peccato, e con questa frattura si è creata una divisione, perciò abbiamo avuto bisogno di un intercessore, Cristo, e Cristo in Lui, ha sanato, diciamo, la Creazione, cioè tutto il Cosmo, ha ricomposto il Cosmo nell’ordine, ha riportato un ordine in Cristo, attraverso la Sua morte e Resurrezione.

Noi diciamo che nell’Eucaristia avviene questo evento, diciamo che l’Eucaristia è il mistero pasquale, cioè l’evento nel quale si manifesta Cristo morto e risorto, e perciò L’Eucaristia, la celebrazione dell’Eucaristia, è, diciamo, il compimento del cosmo intero; diciamo per quello che tutto il cosmo si realizza, trova la sua pienezza, nella celebrazione dell’Eucaristia.

Perciò, è una cosa impressionante quello che noi diciamo, e ci sono alcune cose che noi, nel nostro modo di celebrare oggi, i nostri modi celebrativi sono linguaggi, ricordatevi sempre, la liturgia è sempre un linguaggio, non è una cosa…il linguaggio cambia….

Noi oggi celebriamo secondo il nuovo messale, ma questa è qualcosa che ha un continuo movimento; come le lingue, che vanno cambiando, perché anche la liturgia ha un suo divenire.

Però noi, come diceva Joseph Ratzinger, noi dobbiamo saper recuperare i tesori di tutte le epoche storiche, i modi celebrativi di tutte le epoche storiche, e attualizzarli all’oggi. Allora, se io vi chiedessi, in che cosa della celebrazione noi vediamo questo aspetto cosmico?

È abbastanza difficile da comprendere, perché in questo momento storico che noi viviamo, la celebrazione vuole sottolineare molto l’aspetto comunitario e conviviale; per questo il sacerdote celebra per esempio guardando l’assemblea.

Ma se voi fate attenzione, per esempio, nel modo di celebrare precedente, che si davano le spalle – così viene detto in modo dispregiativo ma non è giusto dire così – nel modo precedente in cui tutti pregavano verso la stessa direzione.

Ve lo ricordate?

Non ve lo ricordate perché siete tutti giovani, ma il sacerdote celebrava in questa direzione.

Questo è un aspetto che sottolinea l’aspetto cosmico della celebrazione.

Perché?

Perché nella nostra esperienza di fede (per esempio a Roma non è mai successo, però in tutto… soprattutto nell’area siro-palestinese) le chiese erano perfettamente allineate ad est ed ancora oggi i resti sono tutti perfettamente allineati ad est.

E questo perché? Perché i cristiani – così come gli ebrei pregano guardando alla spianata del tempio, i musulmani guardano la Mecca – noi cristiani fin dai primissimi secoli pregavamo rivolti ad est.

Perciò tutti ci rivolgiamo ad est perché? Perché ad est c’è il sole che sorge dall’alto, cioè noi crediamo che noi siamo nell’eucarestia, nell’attesa della Sua venuta, perciò guardiamo da dove nasce il sole perché stiamo nell’attesa che Lui venga.

Per questo anche era significativo in alcune omelie Sant’Agostino…

È curioso quando lui dice “e ora questa parola che abbiamo ascoltato ci invita a convertirci” e poi con un gesto corporeo si converte, allora il movimento del corpo aiuta alla comprensione di ciò che deve essere il movimento delle anime.

Allora e tu Ricardo ci stai dicendo che dobbiamo tornare a questo tipo di celebrazione? No io sto dicendo che dobbiamo prendere consapevolezza della ricchezza di ogni epoca per poter attuarla oggi.

E questo è stato il mio intento: il mio intento è come faccio io oggi a mostrare l’aspetto cosmico di grande movimento della celebrazione?

Questo cosmo in continua espansione, come faccio a ritrovarlo nel mio modo celebrativo attuale? Cioè questo è il punto.

Noi come possiamo aiutarci a comprendere ciò che avviene veramente nella celebrazione in un modo più grande. E lì mi è venuta questa idea, noi fondamentalmente… mi hanno aiutato come sempre i bambini perché io sono un difensore che il linguaggio più è infantile… oggi un po’ ho spiegato queste cose un po’ più … però normalmente …vedrete nel libro….

Vedrete nel libro, sembra un libro per bambini ma non lo è però.

Perché abbiamo bisogno di un linguaggio sempre più semplice ma non banale.

E io chiedevo ai bambini: “Che cosa è la Trinità?”

Per esempio ieri: “Che cosa è la Trinità?”

“Sono tre persone che sono una sostanza”

Allora fate una cosa: “Come fa una pera e una mela e una banana ad essere uno solo?”.

E i bambini subito rispondono: “Frullato”.

Frullato, frullato! Poi magari è qualche altra cosa, però un bambino risponde frullato.

Allora questo frullato è una cosa molto importante non perché Dio sia un frullato – se no il padre mi manda via – ma perché Dio è movimento.

Cioè Dio è un perfetto e continuo movimento di donazione totale che noi chiamiamo amore, ma è questo continuo darsi dell’uno all’altro, un continuo movimento che porta unità, è il movimento della luce che porta a un’unità, a un’unità unica.

Questo movimento dove c’è?

Questo aspetto cosmico dove c’è?

Questo essere frizzante nella celebrazione dove c’è?

Allora io in questo sono un difensore da anni del fatto che noi abbiamo bisogno [di formazione] e anche nell’ultimo documento del Papa che riguarda la liturgia “Desiderio desideravi” [si] parla dell’importanza della formazione liturgica.

Noi anche nel catechismo riceviamo una formazione su Abramo, ad esempio.

Se io vi chiedo di Abramo, Isacco, Giacobbe magari sapete a grandi linee un po’ tutto della storia della salvezza: della vita di Gesù, dei miracoli, di Tiberiade, che cammina sulle acque e la pesca miracolosa… sapete tanto… In realtà tutte queste cose sono importanti, per carità, però ciò che noi celebriamo nella fede, ciò che viviamo, cioè il nostro celebrare, è un qualcosa che è il nostro insito, che viviamo tutti i giorni.

Noi abbiamo proprio bisogno di comprendere ciò che noi diciamo e ciò che noi facciamo, altrimenti non ti dico che non abbia lo stesso valore, però se di una lingua tu capisci qualche parola, puoi capire il discorso in generale, ma se la comprendi bene è un’altra cosa, non c’è niente da fare.

E’ per questo che noi abbiamo bisogno di essere rieducati nella gestualità, nel significato profondo dei gesti e delle formule che noi diciamo. E questo per comprenderlo anche nel tutto, non nella separazione di ogni parte, ma dentro di un unico corpo; allora proprio per questo io ho individuato dei punti (individuato quello che dice la chiesa, non è che mi sono inventato niente: io quello che faccio lo rendo più semplice, nella mia capacità di bambino, tiro fuori il mio “io” bambino, come si direbbe in psicologia, e gli do libero sfogo…)

Ho detto: guardate che ci sono tre domande che per me sono fondamentali, ma prima faccio un passo indietro.

La celebrazione, con tutto quello che vi ho già detto (il cosmo, eccetera), tutto quello che desidera è l’incontro tra il Creatore e la creatura.

Questo vuole Dio: che noi lo vediamo.

Dio vuole una cosa: che tu e io lo vediamo.

E lo vuole non una volta, lo vuole in ogni momento.

Dio ci ha creato per Lui – dice S.Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non trova Lui”.

Noi abbiamo bisogno di vederlo, ma non una volta, due volte, noi abbiamo continuamente bisogno di vederlo, di toccarlo (e per questo si è fatto carne), di ascoltarlo: abbiamo bisogno di star con Lui (questo è un bisogno), la nostra vita è se sta con Lui.

Questo è il desiderio di Dio, però Dio cerca l’uomo, come vedete nella scrittura: Dio cerca Adamo per mostrargli chi è.

Dopo che Adamo ha peccato, dice:

“Adamo, dove sei?

Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?

Hai forse mangiato dell’albero che ti ho detto di non mangiare?”

Gli fa tre domande che io ritengo che sono le tre domande della misericordia, perché Dio non vuole altro che cercare Adamo per mostrargli il suo volto d’amore.

Invece Adamo, come molte volte anche noi, ha timore dei suoi peccati, delle sue mancanze e si difende, cioè non si rende conto che la grandezza sta nel denudarsi, cioè che la grandezza della nostra esperienza di fede sta nel poter riconoscere chi sono per poter conoscere chi è Lui.

Cioè, io più riconosco il mio non essere, più posso sperimentare il suo essere.

E Dio, quando cerca Adamo, lo cerca perché lui possa riconoscersi.

Invece Adamo non fa altro che accusare Dio ed Eva (la donna che “tu” mi hai dato): cioè è sempre colpa dell’altro, come se la colpa delle nostre sofferenze fossero gli altri, e non molte volte come le viviamo noi.

E Eva?

Anche a Eva Dio dà questa possibilità ed Eva non l’accetta, dice: “il serpente”.

E proprio queste tre domande che appaiono in tutta la scrittura, ma non è che abbiamo tanto tempo, non è che vi posso fare un discorso infinito, queste tre domande appaiono continuamente nella Scrittura.

Allora io ho messo insieme le tre domande, ho messo insieme il movimento e l’aspetto cosmico della celebrazione e ho cercato di mostrare come, nella celebrazione, avviene questo incontro. Cioè quello che Dio vuole è che tu lo incontri e non ti dà una possibilità, ti dà più possibilità.

Allora la celebrazione eucaristica è, prima di tutto, un incontro d’amore con Colui che è relazione, perché Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Abbiamo detto “movimento perfetto e continuo di amore”: Dio è, anzitutto, relazione.

E se Dio si manifesta, si manifesta perché sa che ci ha creato a immagine e somiglianza sua, ci ha creato per essere in relazione, ma noi, per paura della sofferenza e della morte, non riusciamo. Perciò abbiamo bisogno di incontrarci con la “relazione” per poter sperimentare quella relazione vera che mi permette di aprirmi all’aiuto e vivere in fondo bene la mia vita. Ok?

Allora, se la celebrazione è relazione, la cosa si vede, ad esempio, che la celebrazione della messa è relazione, che aspetto, che gesto particolare si fa nella messa che mostra la celebrazione eucaristica come relazionalità?

Molto semplice, il primo e l’ultimo gesto della messa! Qual è? Il bacio dell’altare, il primo e l’ultimo gesto della messa: il bacio, sto entrando in una relazione d’amore!

Un incontro d’amore, il primo e ultimo gesto della celebrazione!

Se non lo sappiamo, neanche lo vediamo!

La relazione con chi? Con Dio, Padre Figlio e Spirito Santo.

Adesso signori io vi potrei chiedere, visto che voi siete praticanti, a differenza mia …no scherzo.. vi potrei chiedere perché fate il segno della croce?

Quando dite “identità di Dio”, è vero, stiamo entrando in relazione; è vero, il bacio dell’altare, sto entrando in relazione con Colui che è Dio, dico la sua identità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Ma perché il segno della croce? Perché proprio noi, attraverso la morte del Figlio in croce, abbiamo sperimentato che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, cioè noi abbiamo sperimentato la Trinità, cioè l’unità della Trinità, attraverso il volto del Figlio che, morendo in croce, ci ha mostrato il volto del Padre che è donazione totale.

E per questo noi cristiani, quando diciamo “l’identità di Dio”, che è donazione totale, facciamo il segno della croce per dire che noi, attraverso la croce, abbiamo sperimentato quell’ ”essere” di Dio.

E qui inizia la celebrazione.

Il sacerdote dice: “il Signore sia con voi” e voi rispondete: “e con il tuo spirito”, no? Questo è molto bello e io potrei chiedervi perché dite “con il tuo spirito”?

Verissimo, perché non dite “con te, don Ricardo”? No? Perché con il tuo spirito? Vedete, queste cose sembrano stupidaggini, ma non sono stupidaggini perché ci aiutano a vivere la celebrazione, vero?

Con lo spirito che quella persona ha ricevuto attraverso il sacramento dell’ordine, quello spirito che Dio ti ha dato attraverso il tuo ordine per servire noi tutti!

Il Signore con quello Spirito infiamma il tuo cuore perché tu possa essere al servizio nostro. No? E poi inizia il primo… la prima grande discesa: allora, la celebrazione ha tre grandi discese e tre grandi salite

Allora la celebrazione ha tre grandi discese e tre grandi salite o ascese.

La prima grande discesa è l’atto penitenziale. Sono tre grandi discese: atto penitenziale, liturgia della Parola (prima lettura, Salmo, seconda lettura), e poi la liturgia dei doni, quella delle offerte, sapete quando si fa la processione delle offerte che ora non si fa più però una volta si faceva molto vivace.

Questi tre momenti, soprattutto per me, soprattutto la liturgia penitenziale all’inizio e la liturgia dei doni, queste sono le due parti che più soffrono nella celebrazione, che sono le due parti fondamentali perché sono parti necessarie perché tu ed io ci riconosciamo.

Cioè, dovete capire, ritorniamo al punto centrale, la celebrazione è l’incontro tra me e Dio. Dio vuole che tu l’incontri e Dio dove si manifesta? Nella tua incapacità!

Cioè noi vogliamo pensare che Dio si manifesta quando siamo capaci e invece no.

Dio si manifesta quando noi non possiamo.

Dio è quando io riconosco il mio non essere.

Allora proprio per questo è fondamentale fare questi movimenti grandi di discesa. Nell’atto penitenziale c’è un grande movimento di discesa, che è un momento per riconoscere la mia mancanza, per riconoscere che sono io che non è il peccato.

Molte volte noi diciamo, riconosciamo il peccato.

Se noi andiamo, ad esempio, ai discepoli di Emmaus, spesso mi chiedo “cosa è successo questi giorni?” Questa domanda è il vero atto penitenziale. Perché, perché dire “cosa sei venuto qua”, “cosa vuoi da me, vuoi vedermi?” Se noi maschi andiamo al supermercato, perché ci hanno mandato le mogli (a me mia mamma, ricordo che mi faceva la lista della spesa con quello che in teoria manca a casa perché se mi manda , anche se andavo con una lista tornavo con altre cose, i maschi sì, le donne non hanno bisogno della lista perché ricordano che manca la pasta, lo zucchero ecc., noi manco con la lista ci riusciamo)

Però perché fai la lista della spesa? Perché stai andando al supermercato, giusto?

Se tu vai al cinema, tu ti guardi prima i film, guardi le recensioni, compri i biglietti online, vai all’ora giusta. Non è che ci arrivi tre ore prima e manco vai al cinema con la lista della spesa. Ma se tu vai veramente all’evento nel quale noi cristiani sperimentiamo il passare di Cristo dalla morte alla vita, com’è possibile che noi non ci prepariamo pensando dove vogliamo che lui intervenga?

Dio si vuole manifestare, vuole che tu riconosca la tua morte, la tua incapacità oggi nel lavoro, con tua moglie, con quel vicino di casa, con tua suocera, con tua madre, con il figlio che non riesci a capire e a seguire.

Se tu veramente vuoi che Dio si manifesti, dove si dovrebbe manifestare se non proprio lì nel nostro dolore.

Se volete quando riconosciamo i nostri peccati, e la parola peccato non intesa come peccato “ho detto una parolaccia a mia moglie”, no, quelli sono i sintomi finali di un malessere, ma il peccato, la parola peccato, vuol dire mancare.

E’ quello che noi siamo chiamati a riconoscere non è il sintomo finale, noi siamo chiamati ad andare più in profondità e riconoscere la mancanza che c’è sotto.

Qual è la mancanza che io ho sotto?

Perché una litigata con lui al fine mi può servire anche ad appianare quella voce interiore che ti mostra veramente le delusioni più profonde.

Che è lì che c’è la mancanza, allora è lì che Dio deve intervenire altrimenti Dio a cosa serve? A calmare un po’ le nostre acque, no Dio deve trasformare, mostrare, la Sua capacità nelle nostre incapacità.

Allora l’Atto penitenziale è un evento, è un momento importante.

Molte volte arriviamo lì che già è iniziata la Messa e la gente mi chiede: ”Padre, ma se arrivo dopo il Vangelo è valido oppure no?”, ma se già mi fai la domanda “già vuol dire che non capisci niente”  perciò va bene la Messa lo stesso.

Ma che valida o non valida!

È l’incontro con l’Amore, è l’incontro con l’Amato che ha il potere di aiutarti.

I padri della Chiesa hanno detto che l’altare è il letto d’Amore dove ci ha sposato il Signore, è dove si unisce a noi, dove si prende i nostri dolori, e li trasforma in vita.

E’ possibile che il Tuo dolore sia veramente il mezzo attraverso il quale Dio vuole manifestarsi nella Tua storia, nella mia.

E’ vero questo che annunciamo o sono solo parole che la Croce è necessaria veramente per sperimentare l’essere di Dio e stare solo con Lui?

Allora è questo vuol dire: partecipare a Cristo.

Il sacerdote dice: “pregate fratelli perché il mio ed il Vostro sacrificio sia gradito a Dio, Il Signore riceva dalle Tue mani questo tuo sacrificio mio e Vostro”.

Quale sacrificio? Di cosa state parlando?

Allora proprio questo è fondamentale. Perché questi movimenti della Messa: questo avviene più volte, “Adamo vieni: chi ti ha fatto sapere”….atto penitenziale.

Più conosco, più riconosco la mia incapacità, più riconosco dove sto, più riconosco la mia morte, più posso incontrarmi con il Suo amore.

Io mi commuovo sempre, soprattutto all’inizio della Messa.

Ormai mi commuovo sempre, soprattutto all’inizio della Messa perché sento una tenerezza di Dio con me perché ha una pazienza infinita.

 

Allora quando inizia la Messa e diciamo? riconosci le nostre mancanze, “io Signore, manco, io ti uso in tutto, quanta pazienza, allora questa cosa che è bellissima, riconoscere, fare questo viaggio verso…se veramente voi vi denudate, per me.

Esperienza bellissima a Lourdes che stavo lì che non sapevo neanche cosa avrei fatto della mia vita, lì ho sentito Dio.

Noi lottiamo tanto, io lotto tanto per essere per arrivare, invece è proprio quando non siamo, che stiamo con il Signore, il Signore vuole che noi facciamo questo viaggio, attraverso l’eucarestia per poter essere con Lui.

Dio non vuole che tu ti disprezzi, no Dio vuole che non ti difenda, perché l’amore gratuito, il perdono quando non te lo meriti è la cosa più bella.

Se questo incontro avviene nel riconoscere i nostri peccati, tra la nostra incapacità e Dio, allora si esulta ed ecco il Gloria, riconosciamo i nostri peccati: quanto mi hai amato Signore, Gloria!

Una santa celebrazione e ogni celebrazione quando sale, arriva al punto più alto che è una preghiera, è tutto una preghiera, ma c’è un momento di preghiera alto, in questo momento sarà la preghiera colletta.

Preghiamo, si aprono i celi.

Allora la preghiera colletta. Un altro, così vi lascio ancora più in crisi.

Preghiera colletta, secondo i libri liturgici, alcuni libri liturgici.

Io lavoro tutto il giorno sul messale, quindi alcuni libri liturgici conosco a memoria.

Alcuni libri liturgici fanno anche ridere, perché dico “ Ma la gente sa veramente queste cose?”. Io vado dai colleghi e domando: “Questo per chi lo scriviamo?”, cioè fa ridere, però vabbè, questo è registrato.

La preghiera colletta ha quattro momenti.

Quali sono i quattro momenti?

1) – il Sacerdote, invita l’assemblea a pregare dicendo PREGHIAMO.

Io mi chiedo, ma veramente ma la gente sa che deve pregare in quel momento?

O pensa che quel preghiamo è un plurale maiestatis, preghiamo, ma mò prega il prete, non lo so. Il Sacerdote sta invitando l’assemblea a pregare.

Non parliamo della preghiera dopo la comunione, che a me fa ridere, perché io a volte mi alzo nella messa, anche oggi l’ho fatto.

Mi alzo, tutti rimangono seduti. Faccio con molto timore, vicino al microfono e dico PREGHIAMO…e tutti si alzano. E lì mi viene il dubbio…ma la parola preghiamo vuol dire alziamoci…ha un doppio significato…non lo so, perché PREGHIAMO tutti si alzano. Ho paura Alziamoci e la gente inizia a pregare.

Poi il Sacerdote invita tutti alla preghiera e dice PREGHIAMO, in teoria poi segue un silenzio.

2) – Silenzio che non è che dev’essere lunghissimo.

Se io dico adesso PREGHIAMO…SIGNORE PADRE SANTO, quanto tempo è passato? 10 secondi, niente però nel silenzio è tanto e aiuta a pregare. Allora, secondo momento il silenzio che il Sacerdote lascia perché tutti i fedeli preghino, come li ha invitati.

3) – la colletta, qui ci facciamo una risata.

La colletta che è una formula di preghiera che si chiama colletta, che vuol dire che raccoglie; raccoglie le vostre preghiere.

Ma se non avete pregato, sapete che cosa raccoglie? NIENTE.

4) – i fedeli in devozione ascoltando la preghiera colletta, la formula di preghiera e capendo la relazione profonda che c’è tra la preghiera individuale che hanno fatto e quella pronunciata dal sacerdote aderisco ad essa, dicendo AMEN.

Ma chi l’ascolta? Se io vi chiedo qual è la preghiera colletta di questa domenica, era la Trinità, che era uno spettacolo di preghiera, bellissima, antichissima. Queste sono le cose. Ma se noi non sappiamo, ma neanche lo guardiamo il significato.

E’ pazzesco…ma è così. Noi ci abituiamo alle cose da fare e le facciamo.

Invece è una ricchezza.

Dopo la preghiera di colletta cosa succede?

Dopo la preghiera colletta “PER CRISTO NOSTRO SIGNORE”

E tutti fanno: AMEN, e cosa succede, sembra che tutti vengono dalla maratona di New York, tutti si siedono. Ecco, perché si siedono?

Perché è una gestualità che aiuta l’anima ad accogliere, è un altro movimento di discesa, tu devi scendere per questo ti siedi, per poter accogliere la Parola.

Prima Lettura, Salmo, Seconda Lettura; che cosa sono?

Sono un faro potente che vuole illuminarci affinché riusciamo a vederci, a riconoscerci e poter veramente celebrare l’eucaristia.

Rallegrarci perché?

Perché Lui viene a tirarci fuori dalla nostra morte di oggi.

Se questo avviene attraverso le letture che ti illuminano, esulti di nuovo: ALLELUIA e si riparte.

Il Vangelo è Parola di Dio, Parola incarnata, Parola proclamata.

Credo

Preghiera dei fedeli

BOOM un altro momento alto!

Poi cosa succede? Finita l’omelia e tutte le cose, di nuovo ti siedi di nuovo, si scende di nuovo, liturgia dei doni.

La liturgia dei doni come vi dicevo è uno di quei momenti che soffre di più in assoluto perché è proprio lì è l’ultima grande discesa, è l’ultima grande opportunità che abbiamo di portare all’altare le nostre morti: porti il tuo sacrificio, le incapacità, le tue debolezze, le tue fragilità, il tuo dolore di oggi…

Questo va portato all’altare, perché la grazia più grande è proprio portare tutte queste cose all’altare e portare i nostri cinque pani e due pesci, portarli all’altare e sperimentare che in Cristo è possibile veramente passare dalla morte alla vita.

Quanto Tu li porti all’altare poi il sacerdote prende quel pane azzimo che è segno dell’afflizione dell’Egitto, della nostra afflizione, dei nostri dolori, e lo spezza per liberarci da quella schiavitù, da tutto quello che oggi ci rende schiavi, sperimentare colui che è capace di spezzare quel pane, di spezzare le tue tristezze, di spezzare la tua poca fede, di spezzare i tuoi dolori e farti alzare il calice della benedizione.

Cioè noi siamo chiamati a fare questo viaggio meraviglioso, attraverso il quale noi portiamo all’altare proprio le nostri morti, quello che noi possiamo dare, cinque pani e due pesci cioè le nostre povertà e sperimentare con Lui che in Cristo, con Cristo è possibile, che Lui ci fa passare.

È questa l’Eucaristia, è potere sperimentare il passaggio di Cristo, la Pasqua. È questo il dono più grande che noi possiamo ricevere, poter sperimentare che con lui è possibile.

Allora vedete tutto questo viaggio (chiaramente io ho accelerato).

Però dopo portare i doni poi c’è questo grande: Alziamo il nostro cuore, e a quel punto siamo chiamati tutti ad alzarci e questo è un orientamento alla preghiera, innalzarsi all’alto, perché?

Perché noi siamo entrati ad un evento senza precedenti, un evento “unico”: sapete l’eucaristia non è che si celebra tante volte, l’eucaristia è un evento unico, unico, e noi possiamo entrare in quell’evento tante volte e uscire ma l’evento resta sempre lo stesso: la vittoria di Cristo sulla morte.

Già questa è la grandezza dell’evento.

Noi crediamo che nell’eucaristia noi viviamo un momento (io lo chiamo momento ma non è un momento) nel quale non c’è tempo né spazio né alcun limite. Infatti noi diciamo che già l’eucaristia è perdono perché è vittoria su tutto ciò che è limitante.

Come le chiese hanno cercato di rappresentare per esempio ciò che avviene nell’eucaristia come vittoria del limite.

Come, come? Attraverso le cupole, gli absidi, mostrano la rottura dello spazio.

perché non c’è limite. Tutto si rompe e si spaccano i limiti.

Tu mi dirai allora perché anche le moschee hanno le cupole?

Perché tutti copiano Hagia Sophia (S.Sofia), una chiesa.

Però è sempre quella vittoria sullo spazio, la vittoria sul tempo che noi celebriamo quando entri nella celebrazione.

Lo spiego meglio ai bambini quando gli dico “avete visto i cartoni animati dei super sonici quando si passa da una dimensione ad un’altra? Bene così è nell’eucarestia. Quando tu sei qui, quando entri nell’eucarestia, tu entri in un evento che è già vittoria. Infatti a volte noi entriamo ed usciamo e stiamo bene ma non sappiamo neanche il perché. È perché abbiamo partecipato alla sua vittoria sul limite.

Per questo il sacerdote può dire “In alto i nostri cuori” “Sono rivolti al Signore”, perché questo è il momento della grazia dell’Eucarestia, il momento in cui possiamo sperimentare l’eternità di Dio, noi partecipiamo al Suo essere eterno, noi partecipiamo come se lui avesse lasciato un canale di luce attraverso il quale noi possiamo sperimentare la Sua eternità, qui nel nostro camminare quotidiano.

Infatti è bellissimo che i discepoli di Emmaus chiedano questo, loro che sono fuggitivi, che stanno scappando da Gerusalemme, che non ce la fanno a stare nella croce, nella realtà di Gerusalemme.

La prima cosa bella è che Cristo si fa fuggitivo con loro.

Questa è una cosa bellissima che Cristo ci viene sempre incontro, non si stanca di noi, s’inventa di tutto, è un artista! e non parliamo della sua mamma, che è ancora meglio!

S’inventano di tutto per venire incontro a te e allora a quel punto loro, dopo aver dialogato con Lui, gli fanno una preghiera: “Resta con noi Signore, noi non riusciamo a restare e siamo fuggitivi. Ti preghiamo, resta con noi, aiutaci!”.

Lui resta spezzando il pane.

Questo è il regalo che permette a tutti noi di tornare a Gerusalemme, se sperimentiamo con Lui che ci spezza il pane e non ci lascia soli quando noi siamo fuggitivi, allora torniamo a Gerusalemme perché noi entriamo lì.

Questa è la grazia di Dio: lasciarlo entrare nella nostra vita perché così possiamo vivere e vivere bene.

Grazie”