Quinto incontro Froza dall’Alto

In questo quinto incontro di Forza dall’Alto, incontriamo Paolo ad Atene, intento ad annunciare la bella notizia. A quel tempo ad Atene si trovavano persone provenienti da tutto il bacino del mediterraneo per studiare: un luogo significativo dal punto di vista culturale e religioso. Infatti nella città non mancavano statue, templi, altari, riti…e Paolo, dicono gli Atti, che “…fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli”.

Leggiamo il discorso che Paolo fa ad Atene, precisamente all’areopago.

Lettura At 17, 22-34

Se avete ascoltato bene, il discorso di Paolo davanti agli ateniesi non ha tanto successo. Però, cogliamo subito la prima cosa importante: Gesù Cristo ha una parola da dire anche ad Atene. Perché? Te lo dice papa Francesco nell’Evangelii Gaugium: “se abbiamo incontrato Gesù Cristo non possiamo più rimanere tranquilli dentro le nostre chiese…perché la vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio”.

Perciò Paolo arriva all’areopago di Atene in questo stato e cosa vede? Uomini religiosi. Chi sono questi uomini? Sono tutti quelli che pensano di dover fare qualcosa per meritarsi l’amore di Dio. E nella Bibbia quando non ci si rivolge al vero Dio, ci si affida a qualche idolo. Cioè qualcosa a cui chiedi vita, ma non te la dà, anzi te la chiede lui. Allora il centro sta proprio lì: a chi stiamo chiedendo vita? A Dio o degli idoli?

Per questo Paolo deve piantare dei segnali stradali, grandi, luminosi, per riportare in carreggiata questa città, ma non annunciando una religione, bensì una fede, che non è uno sforzo, ma è accogliere un amore che viene per primo anche quando non lo meritiamo.

Primo segnale stradale: “Dio…Non abita nei templi costruiti da mani d’uomo”

Che significa? Vuol dire che finalmente Dio è stato liberato e può tornare per le strade. Ha finito la quarantena: può mettersi alla ricerca dell’uomo. Gesù Cristo ha preso cittadinanza tra i malati, tra i poveri, nelle case, in strada…per dirti che non c’è più nessun posto dove lui non può abitare, non c’è più niente di profano.

Secondo segnale stradale: “Dio…dalle mani dell’uomo non si lascia servire”

Lo schiavo si compra ed ha una mentalità chiara: sopravvivo se faccio il mio dovere. Cristo vorrebbe farti scoprire semplicemente che tu sei figlio: che puoi pensare da figlio, volere da figlio, respirare da figlio… San Paolo dirà in Galati: Tu non sei più schiavo ma figlio. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo figlio, il quale grida “Abbà Padre”. C’è una prospettiva da aggiornare: far morire lo schiavo che sopravvive obbedendo e liberare il figlio che chiama Dio Padre.

Terzo segnale stradale: “Non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento, alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano”

Nel libro dell’Esodo gli israeliti avevano già provato a farsi un bel vitello d’oro fuso da onorare come Dio… Quando i posti vengono confusi, la creatura fa il suo creatore, ognuno inizia a costruirsi il proprio Dio, sé stesso, il denaro, un progetto… Dio non ci lascia una statua da lucidare, Dio ci lascia il corpo di Gesù, l’Eucarestia.

Infine Paolo spiega dove portano i segnali, qual è la direzione. Lo dice in due frasi bellissime:

“…è Lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa”

Cosa demolisce un tempio, cosa distrugge la logica della schiavitù, cosa banalizza l’oro: incontrare un Dio che dà la vita per te. Il tempio è demolito quando scopri che “dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”; sei riscattato dalla logica della schiavitù quando ti viene detto che tu sei prezioso, che per te Dio darebbe l’Egitto; l’oro perde valore quando ti accorgi finalmente che Dio non si compra ma si accoglie.

Paolo continua: “…in Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”.

Bellissimo. Paolo qui ti dice una cosa molto seria: che Dio non solo è vicino, che noi non solo possiamo incontrarlo, ma ci siamo dentro. Da quando Gesù ci ha donato il suo Spirito, la vita cristiana è questione di restare dentro di Lui.  “Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4). Ma quando Paolo sta arrivando al nucleo dell’annuncio cristiano, alla verità più profonda, che Gesù Cristo è risorto…resta solo. Perché la fede /annuncio include anche il fallimento. Restare fedeli alla propria vocazione e missione a volte ti lascia solo, ti fa morire, a volte sei anche deriso, preso in giro…ma ti accorgi che più Lo doni più sei vivo. Allora Perché farlo? Perché annunciare Gesù Cristo? Perché tu hai incontrato uno che ha dato la vita per te e questa cosa la devi raccontare e quando non puoi raccontarla si deve vedere. Lo fai perché ti abita lo stesso desiderio del Padre: che nessuno vada perduto; Lo fai perché l’amore di Cristo ti spinge: ti sta dietro, ti dice dai, vai… Lo fai perché certe persone hanno solo te per sapere che sono amate; Lo fai perché certe persone hanno te per sapere che sono figli; Lo fai perché hanno solo te per sapere che sono già perdonate; È come l’agricoltore che semina: quello che accade sotto terra lui non lo sa, ma l’importante è prendersi cura di quel terreno, sapendo che è stato amato, vangato, curato.

Il mondo va sorpreso con l’Amore che va oltre la morte perché dal giorno del battesimo sei stato innestato in questa vita. Quanti giovani, sono stati sorpresi da un amore così perché hanno visto persone morire in un modo diverso, perché hanno conosciuto Chiara Luce, perché hanno incontrato Chiara Corbella, Carlo Acutis…che hanno detto con la loro vita una verità semplicissima: Nell’amore non c’è timore (1Gv 4,18).

Papa Francesco dice proprio questo: Più della paura di sbagliare, dice il papa, spero ci muova la paura di rinchiuderci in strutture, norme, abitudini…mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ripete senza sosta: voi stessi date loro da mangiare…voi stessi, voi stessi (Evangelii Gaugium).

Domande

-Se la fede aumenta donandola, cosa voglio donare a chi mi sta accanto?

-Se sono responsabile della vita del fratello, come essere luce e sale per la sua vita?

 

Dalle Fonti Francescane

Nell’anno del Signore 1219 e decimo della sua conversione, frate Francesco, nel Capitolo tenuto presso Santa Maria della Porziuncola, mandò alcuni frati in Francia, in Germania, in Ungheria, in Spagna e in quelle altre province d’Italia in cui i frati non erano ancora giunti. I frati che giunsero in Francia, interrogati se fossero Albigesi, risposero di sì non capendo cosa significasse “Albigesi”; non sapendo, per altro, che erano eretici, e così furono reputati eretici […].

In Germania, poi, furono mandati… Giovanni da Penna con circa sessanta frati o forse più. Questi, penetrando nelle regioni della Germania e non conoscendo la lingua, richiesti se volessero alloggio, vitto o altre cose del genere, risposero “ia” e così furono da alcuni benignamente ricevuti. E, notando che con questa parola “ia” venivano trattati umanamente, decisero di rispondere “ia” a qualsiasi cosa che veniva loro richiesta. Per questo accadde che, interrogati se fossero eretici e se fossero venuti appunto per contaminare la Germania, così come avevano pervertito anche la Lombardia, di nuovo risposero “ia”. Alcuni allora vennero incarcerati, altri, spogliati, furono condotti in giro nudi e fatti spettacolo comico per la folla. Vedendo dunque i frati che non potevano produrre frutto in Germania, se ne ritornarono in Italia. Per questo fatto la Germania fu reputata dai frati tanto inumana, che non osavano ritornarvi se non animati dal desiderio di martirio.

I frati invece mandati in Ungheria vi furono condotti, via mare, per interessamento di un vescovo ungherese. E mentre, canzonati, si introducevano per quelle pianure, i pastori li assalirono con i cani e, senza pronunciare parola, senza tregua li percuotevano con le loro lance, dalla parte non appuntita. E poiché i frati si domandavano tra loro il perché di tali maltrattamenti, uno disse: “Forse perché vogliono avere le tonache che portiamo sopra”. Gliele diedero, ma quelli non desistevano dal bastonarli. Aggiunse allora: “Forse vogliono avere le nostre tonachette che portiamo sotto”. Ma, datele, neppure allora quelli smisero di percuoterli. Allora disse: “Forse vogliono avere anche i nostri mutandoni”. E lasciarono loro anche quelli. Allora smisero di bastonarli e li lasciarono andare nudi. E a me uno di questi frati riferì che così ben 15 volte ci aveva rimesso le mutande; e, poiché vinto dal pudore e dalla vergogna, si doleva più per i mutandoni che per le altre vesti, imbrattò i suoi mutandoni con lo sterco dei buoi e con altra sporcizia di modo che, gli stessi pastori, provandone disgusto, gli concessero di tenerli. E dopo aver subìto queste e altre offese, ritornarono in Italia. Dei frati, poi, che passarono per la Spagna, cinque furono coronati del martirio […].

 

«Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare […]». (Papa Paolo VI, Evangelii Nuntiandi n. 14)

I frati minori sono già arrivati all’estremo della pazzia, perché vanno vagando per le città e i paesi e i luoghi solitari (Buoncompagno da Signa, Retorica antica, in FF 2239)

Ai tempi di Francesco, si possono notare tre tipi di “distanze, lontananze, esclusioni” che generano tre tipi di lebbra: fisica, morale e spirituale.

a) Il bacio di Francesco al lebbroso fisico è ben conosciuto. In quel bacio Francesco compie il suo primo cammino di conversione: ora egli è pronto ad ascoltare Cristo che nella chiesetta di San Damiano gli affida la sua missione: “Francesco, va’ e ripara la mia Chiesa” … spingersi al largo dell’umanità!

b) I lebbrosi morali. Coloro che scelgono di allontanarsi dal bene, o dalla ricerca del bene, ma pur sempre fratelli e con umiltà e buon umore vanno incontrati e amati per ciò che sono: “figli dell’unico Padre”.

c) I lebbrosi spirituali, chi si affida agli idoli di ogni tempo, quelli che la Scrittura definisce i “pagani”, ma anche coloro non ancora raggiunti dalla grazia del Vangelo o chi vive la fede ancora in modo intimistico, poco audace.

Francesco, sa superare confini geografici con lo zelo per il Vangelo nel cuore… Un momento di passaggio avviene nel momento in cui l’orizzonte della predicazione oltrepassa i confini della penisola italiana: «Nell’anno del Signore 1219 e decimo della sua conversione, frate Francesco, mandò alcuni frati in Francia, in Germania, in Ungheria, in Spagna e in quelle altre province d’Italia in cui i frati non erano ancora giunti» e Francesco descrive cosa accadde in ogni territorio in cui giunsero. All’inizio tutte esperienze di apparente fallimento… L’unico posto forse che non fu un fallimento fu l’Oriente dove Francesco incontrò il sultano al-Malek al-Kamil.

Pian piano si assiste al passaggio dalla “fraternità evangelica” all’ordine dei frati Minori e anche l’invio dei frati divenne più cauto. Vi sarà così una selezione soprattutto riguardo alla conoscenza della lingua e la preparazione culturale e la missione avrà uno sviluppo importante per l’Ordine minoritico. L’entusiasmo delle prime spedizioni – compresa quella dei frati uccisi in Marocco – lascia lo spazio alla ponderatezza; ma se iniziò qualcosa fu proprio grazie a quelle prime avventure! Passaggio fondamentale è tra “Intuizione e forma”. Se la propulsività inziale non lascia spazio al prendere una forma diventa distruttiva. Come in un fidanzamento, si può dire che se l’innamoramento è importante non lo è da meno il passaggio all’amore maturo… Come diceva san Bernardo è bene essere mossi dall’amore ma guai alla stupidità, altrimenti è un caos, un fare male il bene che al posto di edificare distrugge. E Benedetto XVI in Deus Caritas Est n. 20 afferma che “l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato […] compito della Chiesa, quello dell’amore ben ordinato del prossimo”.

Quali le tappe del percorso spirituale di Francesco e quale traccia per noi?

1.Dallo spirito della cavalleria all’amore appassionato per il Signore Gesù.

2.Dalla mentalità della conquista alla mentalità dell’incontro.

3.Dallo spirito delle crociate allo spirito della fraternità.

Francesco ci insegna un nuovo modo per “andare incontro” agli uomini: è il punto di vista dell’ospite, cioè colui che si dispone a lasciarsi accogliere, a lasciarsi trasformare dall’accoglienza altrui. Per San Bonaventura l’intentio (intenzione/proposito) di Francesco è il desiderio di essere trasformato dal fuoco dell’amore. Egli non si reca in altre terre per cambiare l’altro, ma per cambiare sé stesso! Il cristiano, in terre “lontane”, impara ad essere “segno efficacie, vivo” del dialogo che Dio vuole intavolare con ciascun uomo e donna, in qualunque condizione viva. In questo spirito, troviamo dei fratelli maggiori che ci mostrano la via, perché con la loro vita hanno testimoniato che questo è possibile, una “misura alta” che ci sfida e ci stimola.

In cosa veniamo provocati e scomodati?

«La memoria diviene attualità. La storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo e trascinante verso Cristo e persuasi della necessità missionaria propria della fede: martiri; e la nostra mentalità moderna, che nasconde sotto un mantello di evoluto scetticismo, una comoda e transigente viltà, e che, priva di principi superiori ed interiori, trova logico il conformismo alle idee correnti…Sorge in noi un certo sentimento di disagio: noi ci sentiamo al tempo stesso distanti da quei campioni della fede, ma insieme avvertiamo, per tante ragioni, che essi ci sono vicini. Essi non sono figure anacronistiche e per noi irreali: essi anzi troppo ci dicono, e quasi ci rimproverano la nostra incertezza, la nostra facile volubilità, il nostro relativismo, che talora preferisce alla fede la moda. Lontani e vicini essi sono pur nostri, e ci ammoniscono e ci esortano con parole simili: bisogna avere il coraggio della verità!» (San Paolo VI).

Domande

-Noi oggi che cosa rischiamo per la nostra fede? Come ci mettiamo in gioco per incontrare il fratello che ancora si esclude da questa fraternità universale che Cristo ci ha guadagnato dalla croce?

-In questi giorni proverò a mettermi in gioco in una relazione difficile che vivo…

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