Sine Dominica non possumus

di Costanza Miriano

È cominciata la quaresima, tempo fecondo di incontro con il crocifisso. Per molti anni ho pensato che dovessi essere io a fare degli sforzi per meritarmi questo incontro speciale, fioretti, programmi ascetici e roba simile, che poi si infrangono puntualmente sulla mia pochezza. Come racconto a volte, da quando poi un sacerdote mi ha incautamente detto che liquida non frangunt, cioè che le cose liquide non rompono il digiuno, passo i miei tempi di fioretto a pensare come potrei frullare la salsiccia o il pane e salame, mentre quanto al Pocket Coffee basta non masticarlo, e lasciarlo sciogliere rimanendo con le mascelle immobili, magari Dio non vede, tipo quando a scuola mangiavi durante la lezione, e il segreto era guardare fisso il prof negli occhi rimanendo ferma con la torta al formaggio nel palato, e masticare freneticamente quando guardava da un’altra parte.

La maturità, oltre a disagi tipo rughe e frequenza dal parrucchiere aumentata, mi ha portato almeno questa certezza: non sono io che faccio qualcosa per meritarmi niente da Dio. E’ lui che mi cerca, come un amante appassionato. Che desidera un’intimità con ogni anima che lo voglia (raccomando ancora la lettura di Lui ed io, di Gabrielle Bossis).

Perciò in questa quaresima desidero farmi trovare, solo questo. Possibilmente non addormentarmi quando mi chiede di fargli compagnia nel Getsemani. Trovare qualche momento per la Via Crucis, il cuore del mistero cristiano, che in realtà mettiamo davvero al centro solo il Venerdì Santo.

Quindi, la quaresima è sostanzialmente mendicare lo Spirito Santo con più insistenza, e non essere più bravi.

È per questo che penso con il cuore stretto ai tantissimi amici che sono stati privati del momento supremo di incontro, della messa, in questi giorni. Sono certa che i pastori abbiano preso questa decisione spinti dalla preoccupazione davanti a una cosa che nessuno conosce bene, e le cui dimensioni non sono ancora chiare. Molta incertezza, molta confusione, nessuno che sa bene quale sia la cosa migliore da fare. Anche gli esperti spesso sono in disaccordo fra di loro.

Però, da figlia della Chiesa, e da sorella degli amici che stanno nelle regioni in cui questa decisione è stata presa, mi permetto di supplicare, visto che in alcune regioni fra pochi giorni si prenderanno decisioni per il periodo a venire: cari vescovi, vi prego, provate a pensare a soluzioni alternative alla chiusura totale ai fedeli. Nelle messe feriali a Roma la gente è pochissima, e anche quando mi è capitato di andare a Milano non ho mai visto la ressa, neppure una persona per panca, direi. Ieri a Roma dove sono andata io c’erano 104 panche e 18 persone, un numero più elevato del solito. Ci potevamo mettere uno ogni quasi sei panche.

Le chiese sono i luoghi meno affollati che frequento, durante la settimana. Ci vado anche a riposarmi. Che senso ha, come ha giustamente chiesto Mons. Nosiglia, chiudere le messe al pubblico e lasciare aperti negozi e trasporti?

Allora, cari padri, ricordate che siete protetti innanzitutto dalla sempre citata Costituzione, in particolare dall’articolo 7, e dall’articolo 2 comma 1 dell’Accordo di Villa madama del 1984 (<<1. La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica>>).

Insomma nessuno in Italia può proibire la celebrazione della messa aperta ai fedeli, e fatta salva la prudenza non abbiate fretta di obbedire a un’ordinanza che non credo proprio essere vincolante per voi (e chi lo sostiene dovrebbe discuterne al Tar, se non sbaglio). Se la situazione lo richiedesse sì, certo, il buon senso deve prevalere. Ma la messa deve essere l’ultima cosa soppressa, dopo centri estetici, bar, parrucchieri, centri commerciali, supermercati, mezzi pubblici, che mi risultano tranquillamente aperti anche nelle regioni dove non si celebra più la messa…

Ma se deve davvero essere sospesa, prima proviamo soluzioni alternative: messe a numero contingentato, come ho visto in tv si sta facendo nei paesi lombardi ed emiliani ad altissimo rischio (ma solo in quelli!) per far entrare la gente a fare la spesa. Il nutrimento dell’anima non è meno importante, giusto? Che so, nella mia parrocchia entrano solo i primi 104, uno per panca. O i primi 52, uno ogni 2 panche, se vogliamo esagerare. Ma anche se entrassero i primi 26, uno ogni 4 panche, nessuno rimarrebbe fuori alle messe feriali, purtroppo. E se rimane la gente in fila, celebriamo più messe. Brevi, senza omelia. Oppure messe all’aperto. Oppure messe giorno e notte, magari si rendessero necessarie!

Ovviamente messe senza scambio della pace, comunione in bocca, acquasantiere. Va bene tutto.

So che in certi paesi si fanno messe fuori orario, in modo che chi capita va. Il Signore disporrà che chi ne ha necessità venga a saperlo. In altri paesi si fanno messe carbonare, e neppure questo dovrebbe essere reso necessario. La Chiesa difenda il suo diritto di guardare a quello che sta succedendo sub specie aeternitatis (cioè dal punto di vista dell’ eternità), non come guarda il mondo. Noi pensiamo che la vita del corpo sia preziosa, ma non il bene assoluto. Pensiamo ai martiri, pensiamo a quelli che in Nigeria o in Egitto, per dire i primi casi che mi vengono, muoiono per andare a messa!

Il tasso di mortalità della vita umana è del 100%, come mi ha detto un amico oggi, ed è esattamente per questo che ci interessa uno che è risorto. Non perché ci garantisca salute, né soldi né successo.

E’ vero che in tanti luoghi dove le messe sono state chiuse ai fedeli (ma, voglio sperare, almeno comunque celebrate), le famiglie, gli amici stanno riscoprendo la bellezza della preghiera in comune nelle case (che se dal punto di vista virologico immagino non sia il massimo, è comunque un dono). Niente come la mancanza di qualcosa ci fa scoprire quanto è preziosa. Tanti cuori ardenti di sete e fame di Cristo forse si saranno risvegliati grazie a questa circostanza. Ma penso alle mie amiche di messa, le vecchiette. Non hanno gruppi whatsapp, non hanno reti comunitarie e di amici, è così nelle grandi città: che farebbero loro senza messa? E io, che farei senza l’unica cosa che mi tiene vagamente sana di mente, non dico centrata su Dio, ma che almeno frena la forza centrifuga della mia mente distratta e vanitosa (nel senso che si dimentica che tutto è vanità)?

Sono certa che i vescovi abbiano voluto offrire collaborazione e fare comunione con tutte le altre parti della società civile, sono certa della fede e della buona fede, ovviamente, e delle rette intenzioni, ma noi siamo nel mondo, non del mondo. I fedeli hanno bisogno che anche di fronte a questa brutta situazione qualcuno ricordi loro che la vita non finisce qui, che la prudenza è sacrosanta, ma con intelligenza e raziocinio (metro aperte, chiese chiuse? Chiedere, pretendere che in caso di estrema necessità le chiese chiudano per ultime, se proprio si deve, è il minimo!).

Qualcuno mi ha detto di non mormorare e di non discutere le decisioni dei vescovi. Se mi sono espressa in modo poco rispettoso, chiedo scusa. Quello che voglio davvero fare è portare una supplica da figlia ai miei padri, come ho fatto quando almeno una parte di loro si è mostrata prona alle logiche del mondo, benedicendo la legge sulle unioni civili. Voi siete il sale del mondo, e dovete aiutare noi a esserlo. Il sale è diverso, e davanti alla paura delle malattie non reagisce come il resto della pasta!