Vivere da separati fedeli

N. rimane fedele a sua moglie che l’ha lasciato per un uomo più giovane. Dice che per i loro quattro figli sarebbe fonte di grande confusione vedere anche la nuova compagna del papà, oltre al nuovo compagno della mamma. Lui è rimasto. Al suo posto. A fare da padre. ad accompagnare i figli nelle necessità pratiche ed economiche, ma soprattutto a testimoniare che nella vita si può rimanere fedeli a una parola data, che si può abbracciare seriamente la propria vocazione, qualunque prezzo ci sia da pagare. testimonia con la vita che per Dio vale la pena tutto, nonostante non gli siano mancate le occasioni.
B. oltre a tirare su i figli che ha avuto con suo marito, gli dà una mano anche con i figli che lui ha avuto dall’altra, come da copione più giovane, e ovviamente assente: una donna che porta via alla moglie il padre dei (cinque) figli è difficile che sia una madre molto presente, evidentemente è di quelle che pensano che più di tutto conta che i genitori “siano felici”. 
E’ possibile vivere così. Ma è possibile solo se lasci al Signore il tuo cuore strappato, e lasci che sia lui a riempirlo. e hai bisogno di compagnia in questa impresa eroica: servono fratelli di trincea. Per questo accolgo volentieri la testimonianza di uno di loro, e l’invito a partecipare all’incontro ad agosto

 

Mi chiamo Ettore, ho 46 anni, sono sposato da 21 anni e padre di due principesse adolescenti.

La nostra storia d’amore comincia molto bene, entrambi avevamo il desiderio di creare una famiglia, di crescere nell’amore e nella fede: infatti provenivamo da famiglie cattoliche e noi stessi eravamo calati in diverse realtà della zona, in particolare io terziario francescano, frequentavo (e frequento) attivamente una comunità che si occupa anche di accoglienza di ragazzi disabili gestita da frati cappuccini.

Anche dopo sposati, nel 2002, io e mia moglie abbiamo cominciato a fare catechismo insieme in parrocchia e anche lei, dopo un cammino di preparazione, è entrata nell’ordine francescano secolare.

Insomma, eravamo una bella coppia, ci volevamo bene e, nel paesino dove eravamo andati ad abitare, tutti ci consideravano come “una coppia modello”.

Nonostante queste belle premesse e dopo periodi di alti e bassi, nel 2014 mia moglie mi chiede la separazione: io mi oppongo in tutti i modi, anche davanti al giudice; cerco di farla parlare con amici comuni, parenti e sacerdoti, ma non vuole farlo, è irremovibile e così devo abbandonare la casa coniugale, vedere le figlie in certi giorni e orari stabiliti e pagare un mantenimento mensile. Per correttezza devo dire che è stata sua l’iniziativa, ma anch’io ho commesso degli errori, anche solo il fatto di non essere sempre stato amabile e di non essere riuscito a intercettare tutti i suoi messaggi, i suoi disagi e le difficoltà che stava attraversando.

 

Mi è crollato il mondo addosso, non credevo sarebbe mai successo a noi, alla coppia modello, a noi cattolici praticanti (cioè della domenica) che dicevamo sempre: “Noi parliamo, noi ci vogliamo bene, i problemi li affronteremo insieme e non ci lasceremo mai”.

E’ stato un periodo davvero brutto: non dormivo la notte, mi facevo tante domande sul “perché tutto questo” e mi sembrava impossibile che la persona con la quale avevo condiviso tutto di me, avesse preso questa strada, senza motivi apparentemente validi; sono arrivato a pensare cose davvero brutte. Per me la separazione era inaccettabile, mi vergognavo, sia come persona, che come cristiano, tanto che l’ho tenuta nascosta per diverso tempo.

Mi sono trovato senza casa, con figlie piccole che soffrivano e che potevo vedere solo quando era stato deciso: mi chiedevo cosa avessi fatto di male o sbagliato, perché Dio mi toglieva tutto quello che ritenevo più importante, la mia famiglia. All’inizio le figlie mi hanno “salvato”, perché ho dovuto cercare di alleviare il loro disagio, come ad esempio il terrore di essere abbandonate, trascorrendo con loro meno tempo di prima, ma di qualità e mettendo in un secondo piano il terremoto che vivevo dentro.

Ho passato molto tempo a domandarmi cosa fare, perché tutti, amici, parenti e anche all’interno della Chiesa mi dicevano: “Sei giovane, trovati una bella ragazza e rifatti una vita!”.

Io pregavo e cercavo di capire quale fosse la mia strada, ma subito ho sentito che non avrei mai potuto tradire mia moglie, non l’ho mai fatto e non lo potrei fare: ho fatto delle promesse davanti agli uomini e soprattutto a Dio, di starle vicino nel bene e nel male; sapevo che la vita avrebbe potuto riservarci delle sorprese ed ero adulto e ben consapevole di quello che stavo facendo il giorno del matrimonio. Inoltre percepivo che anche per le nostre figlie, l’ingresso di una nuova donna avrebbe portato maggiori ferite: infatti in questi casi si pensa sempre agli adulti, tralasciando i figli che sono i più deboli e che avrebbero diritto ad una famiglia in cui papà e mamma si vogliono bene, perché è il giusto ambiente per una corretta crescita psico-fisica.

Le promesse matrimoniali non sono un contratto con clausole rescissorie, ma un patto, indipendente da quello che fa o decide l’altro, come Cristo ci ama e rimane ad aspettarci anche quando ce ne andiamo o lo tradiamo (l’indissolubilità, comunque non è legata solo alla promessa fatta, ma è data dalla presenza di Gesù che si unisce indissolubilmente agli sposi).

 

Quando ho capito che era il momento di smettere di lamentarsi e di farsi domande senza risposta, ma di cercare di far uscire il bene anche da una cosa brutta come la separazione, c’è stata la svolta: su consiglio di un assistente spirituale, nonostante il mio scetticismo, ho iniziato ad andare a messa tutte le mattine alle 7:30, prima di andare al lavoro e a recitare il rosario quotidiano. Così, fidandomi completamente di Dio, pian piano le cose sono migliorate e anche gli aspetti che mi davano da pensare, come quello sessuale, hanno preso la giusta direzione: pensavo che la castità completa fosse impossibile per un uomo e invece devo testimoniare, a distanza di più di nove anni che è possibile senza sforzi eccessivi. Io questo lo considero un miracolo, perché se me lo avessero detto anni fa, avrei risposto che sarebbe stato impossibile.

Inoltre mi sono accorto che questo non è merito mio, perché io non ne sarei capace, è Dio che opera attraverso di me, mi sono solo fidato e affidato a Lui.

Contemporaneamente, tramite delle amiche, sono venuto in contatto con la Fraternità Sposi per Sempre, guidata da Don Renzo Bonetti, un gruppo di persone separate o divorziate che scelgono di rimanere fedeli al Sacramento: ho cominciato a frequentarli, scoprendo così quanto poco avevo capito del matrimonio cristiano!

Con Dio nessun matrimonio fallisce, perché Lui è il primo separato fedele, che rimane con noi anche quando lo tradiamo: si entra in chiesa per sposarci in due e si esce in tre; è importante avere la consapevolezza che dobbiamo sempre attingere dall’alto e che il matrimonio non è nato solo per la coppia, ma per il servizio agli altri, per realizzare la famiglia grande dei figli di Dio. La coppia è lo strumento che ci permette di allenarci alla palestra dell’Amore, di sperimentare l’alleanza di Dio per l’umanità e di Cristo per la Chiesa, di donarsi/perdonarsi continuamente, di assaporare l’unità e l’infinito attraverso il sesso (una caro).

La sofferenza (cioè il “morire” a quello che avevo pensato e sperato), è stata lo strumento attraverso il quale Dio ha plasmato e convertito il mio cuore, tanto che posso affermare che prima ero cristiano “praticante” solo perché andavo la domenica alla messa ed ero impegnato in parrocchia: la cosa che mi fa sorridere è che mi ritenevo superiore alla maggior parte dei parrocchiani e pensavo di essere ormai “arrivato”.  Il problema è che chi si sente arrivato, vuol dire che non è mai partito, ed è davvero così: più approfondisci, in particolare il Sacramento del matrimonio e più ti accorgi di quanta strada c’è da fare in questa salita infinita verso il regno di Dio; è come avere delle lenti di ingrandimento, più ingrandisci e più ci sono realtà sconosciute e affascinanti. Anche se sono solo, sono sposo al 100%, fratello, padre e quindi posso portare avanti la missione degli sposi, ovviamente con modalità diverse: così il “Per Sempre” non è un’invenzione dell’uomo, un’ostinazione di alcune persone tradite o abbandonate che fanno una scelta controcorrente in un mondo consumistico in cui oggetti e persone si usano per un tempo limitato (quello che ci torna comodo), ma è alla base della storia della salvezza dell’umanità, scritta fin dalle prime pagine della Bibbia!

Ho visto miracoli nella mia vita e ho provato la vicinanza di Gesù in tanti momenti, ho imparato ad amare mia moglie in maniera diversa, completamente svincolata dal possesso e da qualsiasi ritorno che possa avere, anche di soddisfazione sessuale. Indubbiamente non è facile, perché ogni giorno è diverso: ci sono alti e bassi, è un cammino che finirà nel mio ultimo respiro, ma è davvero gratificante cercare di amare di un amore totalmente gratuito che non si aspetta niente (agape), quello che Dio ha per noi, sempre, indifferentemente da come rispondiamo alla sua chiamata.

Non posso che ringraziare Dio per tutto quello che mi ha dato e che continua a donarmi, è davvero una grande grazia!

 

 

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