Per seguire Dio bisogna anteporre gli altri a noi stessi

Durante la sua Omelia in Piazza San Pietro il Santo padre ci parla del discorso di Gesù alla folla, nel quale indica cosa chiede a chi decide di seguirlo ovvero “non può essere suo discepolo chi non lo ama più dei propri cari, chi non porta la sua croce, chi non si distacca dai beni terreni ”.

La grande folla che segue Gesù dovrebbe invitarci a riflettere sul Suo comportamento; avere un grande ascendente su molte persone potrebbe portare qualcuno ad approfittarsi della debolezza altrui. Infatti anche oggi quando abbiamo bisogno ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il “salvatore” che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere”. Ma Gesù è differente, lo stile di Dio è differente, “non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere se stesso. […] invece di lasciarsi attrarre dal fascino della popolarità – perché la popolarità affascina –chiede a ciascuno di discernere con attenzione le motivazioni per cui lo segue e le conseguenze che ciò comporta.

Gesù raccomanda la folla di seguirlo solo se ha delle buone motivazioni, se è disposta a portare la croce, a “farsi carico dei pesi propri e dei pesi degli altri, fare della vita un dono, non un possesso, spenderla imitando l’amore generoso e misericordioso che Egli ha per noi. Si tratta di scelte che impegnano la totalità dell’esistenza; per questo Gesù desidera che il discepolo non anteponga nulla a questo amore, neanche gli affetti più cari e i beni più grandi.

Per esserne in grado la sola cosa da fare è non pensare a se stessi perché la misura dell’amore è amare senza misura, […] anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati.

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