La tenerezza del perdono di Dio ci fa sentire accolti e amati

San Giuseppe padre nella tenerezza, questo il fulcro della catechesi del mercoledì odierno, che rivede il lui la figura del Padre che guida il suo popolo.

In effetti “anche se i Vangeli non ci danno particolari su come egli abbia esercitato la sua paternità, però possiamo stare certi che il suo essere uomo ‘giusto’ si sia tradotto anche nell’educazione data a Gesù. […] Come il Signore fece con Israele, così egli ‘gli ha insegnato a camminare, tenendolo per mano: era per lui come il padre che solleva un bimbo alla sua guancia, si chinava su di lui per dargli da mangiare.’”

La figura del padre è riportata spesso nei Vangeli, in alcune parabole, e il sentimento predominante è sempre la tenerezza soprattutto nel perdono, che “è qualcosa di più grande della logica del mondo. È un modo inaspettato di fare giustizia.” Non dovremmo mai dimenticare che Dio non si spaventa dei nostri peccati, è più grande dei nostri peccati: è padre, è amore, è tenero. Non è spaventato dai nostri peccati, dai nostri errori, dalle nostre cadute, ma è spaventato dalla chiusura del nostro cuore – questo sì, lo fa soffrire – è spaventato dalla nostra mancanza di fede nel suo amore.”

Quante volte ci avrà riaccolti? Siamo sicuramente testimoni della sua tenerezza che “è l’esperienza di sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e nella nostra miseria, e quindi trasformati dall’amore di Dio.” Perché Dio ci accetta anche con le nostre debolezze “prende per mano le nostre debolezze e si pone vicino a noi. E questo è tenerezza.” Dobbiamo capire che la Verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona -sempre – siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Ma lui perdona sempre, anche le cose più brutte. Per questo chi sbaglia deve sì pagare, ma anche ottenere redenzione e perdono.

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