Nei momenti bui della vita preghiamo Dio di cambiarci

Prosegue
durante le Udienze del mercoledì la catechesi
sulle preghiere

tenuta da Papa Francesco, e quella su cui si sofferma oggi è la
preghiera di Giacobbe
.

Come
narrato nella Bibbia, egli è uno dei patriarchi, uomo furbo che fin
da piccolo ha un rapporto di rivalità con il fratello maggiore Esaù,
tanto che “con l’inganno riesce
a carpire al padre Isacco la benedizione e il dono della
primogenitura”,
dopodiché
è costretto a fuggire.

Si
arricchisce grazie alla sua abilità negli affari e sposa “la
più bella delle figlie di Labano, di cui era veramente innamorato.”

Ma, fa notare il Papa, sente che gli manca qualcosa e ha nostalgia di casa. Torna con la sua numerosa carovana e la notte prima del paventato incontro con suo fratello uno sconosciuto lo assale mentre si trova solo, e la lotta va avanti per tutta la notte. Vinto, rimarrà zoppo per sempre, e lo sconosciuto gli dirà “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!”.

Quello
straniero è Dio che “lo
riporta alla sua verità di mortale che trema e ha paura, perché
Giacobbe nella lotta aveva paura. Per una volta Giacobbe non ha altro
da presentare a Dio che

la

sua fragilità e la sua
impotenza
,
anche i suoi peccati”
e
la lotta, spiega il Pontefice, è una metafora della preghiera.

Lui
pensava di non avere bisogno di niente, di bastare a se stesso ma
“Dio
ha salvato ciò che era perduto. Gli ha fatto capire che era
limitato, che era un peccatore che aveva bisogno di misericordia”.

Similmente
“Tutti quanti noi abbiamo un appuntamento nella notte con Dio […]
Egli ci sorprenderà nel momento in cui non ce lo aspettiamo, in cui
ci troveremo a rimanere veramente da soli. In quella stessa notte,
combattendo contro l’ignoto, prenderemo coscienza di essere solo
poveri uomini” e

pregheremo Dio di cambiarci.

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